Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6140 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27934-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.G., nella qualità di erede di M.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZO TARANTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2047/13/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. l’Agenzia delle Entrate impugna per cassazione il rigetto dell’appello erariale contro l’annullamento di primo grado del diniego di rimborso opposto a M.G., in qualità di erede di M.A., con riguardo alla somme versate a titolo IRPEF (in parte come lavoratore subordinato, ed in parte quale titolare di reddito di partecipazione in società di persone) sugli anni d’imposta 1990-1992, depositando da ultimo memoria difensiva;

2. il contribuente resiste con controricorso;

3.1. con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione di norme di diritto (L. n. 289 del 27 dicembre 2002, art. 9, comma 17, della L. 23 dicembre 2004, n. 190, art. 1, comma 665, della VI Dir. n. 77/388/CEE, come interpretata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con sentenza del 17 luglio 2008 in causa C-132/06, dell’ordinanza della Sesta Sezione della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 15 luglio 2015 in causa C-82/14 nonchè della Decisione (2015) 5549 del 14 agosto 2015 della Commissione Europea);

3.2. si lamenta che la CTR abbia violato la normativa dianzi richiamata essendo esclusa la rimborsabilità di quanto versato in eccedenza, anche a titolo di imposte dirette, dai soggetti, come il contribuente in oggetto, titolare di reddito di partecipazione;

3.3. secondo quanto affermato da questa Corte, “in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, a seguito dell’intervento della Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di “impresa comunitaria”, rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionale, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto (persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico), rilevando esclusivamente lo svolgimento di una attività economica volta a fornire beni o servizi” (Cass. n. 29905 del 2017; conf. Cass. n. 10450 del 2018);

3.4. lo svolgimento di tali attività economiche costituisce, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, limite all’applicabilità del beneficio in esame; infatti la Commissione UE, con la decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377/2017 e n. 29905/2017, cit.), ha stabilito all’art. 1, che “le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni, L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni, L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, comma 4-bis e comma 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni, e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, par. 3, del trattato sul finanziamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”;

3.5. è fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal Reg. (CE) n. 1407 del 2013, o dal Reg. (CE) n. 717 del 2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (dec. cit., art. 2), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione del Reg. (CE) n. 994 del 1998, art. 1,” (sull’applicazione del Trattato, artt. 92 e 93, – artt. ora 87 e 88, – a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontati), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (decisione cit., art. 3);

3.6. secondo la Commissione UE “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (5 134 dec. cit.);

3.7. precisato, quindi, che la citata decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), è stata confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, Centro Clinico e Diagnostico G. B. Morgagni, deve pervenirsi alla conclusione che, una volta che sia accertato lo svolgimento da parte del contribuente di un’attività economica (ovvero, di un’attività d’impresa intesa in senso Eurounitaria), come nella specie – avendo il contribuente un reddito da partecipazione in società di persone -l’esclusione dall’agevolazione richiesta è subordinata all’accertamento del Giudice di merito dell’applicabilità in concreto del regime c.d. de minimis;

3.8. al riguardo va infatti ricordato il principio secondo cui “in tema di aiuto di Stato erogato a un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento “de minimis” applicabile o, in difetto, se ricorrono le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno ai sensi del TFUE, art. 107, p. 2, lett. b), (e cioè che si tratti di aiuto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali). Da ciò deriva che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del “de minimis” che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni (decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto e comprendente qualsiasi aiuto pubblico, accordato sotto qualsiasi forma) non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dal TFUE, art. 107, p. 2. lett. b), di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o derivanti da altre forme di aiuto)” (Cass. n. 10450 del 2018; v. anche Cass. n. 29905/2017, n. 1325/2018 e n. 3070 del 2018);

3.9. va peraltro precisato che, per il rispetto del principio de minimis non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

3.10. ovviamente l’onere di provare le suddette circostanze incombe al soggetto che invoca il beneficio, tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per (applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.);

3.11. si è precisato (Cass. n. 3070 del 2018), che “benchè la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (dec. cit., 5150), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva. Non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica di aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato” (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Morgagni, cit., 596-97 e 598-104);

3.12. resta in disparte ogni eventuale futura evoluzione nella disciplina Eurounitaria, che dovrà essere verificata sempre in sede di giudizio di rinvio (Cass., n. 1325/2018, cit.);

3.13. infine, “resta fermo che la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. sez. trib., 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278)”;

3.14. il motivo di ricorso va quindi respinto nei termini sopra enunciati, avendo la CTR accolto la domanda del contribuente (che “nel periodo in esame risultava titolare anche di reddito di partecipazione”) in quanto “ricorr(evano)… i presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (Reg. CE n. 1407 del 2013, e Reg. CE n. 717 del 2014),” atteso che l’importo complessivo del rimborso richiesto e riconosciuto (Euro 8.757,04) era notevolmente inferiore a quello limite (Euro 200.000 nel triennio) fissato dal legislatore comunitario ai fini della deroga de minimis, il che rende la sentenza impugnata conforme ai principi di diritto dianzi illustrati, nè l’Agenzia ricorrente ha specificamente contestato tali affermazioni;

4.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, deducendo l’Agenzia che la predetta norma sopravvenuta dovesse avere applicazione anche sui giudizi pendenti in tema di rimborso dell’eccedenza d’imposta versata negli anni 1990/1991/1992 in favore di chi ha già corrisposto integralmente i contributi;

4.2. al riguardo va rilevato che, invariata la previsione del limite di spesa fissato nella misura “pari a 30 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2015-2017”, la novella introdotta dalla L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati “nei limiti della spesa autorizzata dal presente comma” (comma 665, primo periodo, modificato dal citato art. 16-octies, comma 1, lett. a)), ovvero nei limiti dei suddetti 90 milioni di Euro complessivi per il triennio 2015-2017, stabilendo che “in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute” e che “a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi” (comma 665, quinto periodo, come introdotto dal citato art. 16-octies, comma 1, lett. b)), demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un provvedimento che stabilisca “le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma”, in precedenza riservando il citato comma 665, al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’emanazione di un “decreto” con cui stabilire i “criteri di assegnazione dei predetti fondi”;

4.3. ritiene il Collegio che tale ius superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, non incide sulla questione della quale è investita la Corte con il ricorso in esame, ovvero del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è l’intimata, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (cfr. Cass. n. 9784/2018, 4299/2018) ed inoltre costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (cfr. ex multis Cass. n. 8373/2015, in tema di IVA);

5. per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;

4. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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