Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 614 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 12/01/2011), n.614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11182-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 82/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di NAPOLI del 5/03/08, depositata il 07/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

La sentenza impugnata – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di accertamento ai fini IVA IRPEF IRAP basato su parametri S.L. n. 549 del 1995, ex art. 3183 – ha riformato quella di primo grado totalmente favorevole alla parte erariale, affermando che i motivi dell’Ufficio erano fondati quanto al presupposto dell’accertamento, non avendo il contribuente provveduto a pagare nei termini quanto dovuto in base all’accertamento per adesione (cui aveva consentito); mentre, in ordine alla quantificazione, lo annullava “rinviando alla competenza dell’A.F. l’applicazione degli studi di settore e/o parametri calcolati con l’esatto codice di attività” ed annullava le sanzioni irrogate.

Ricorre la parte erariale con due motivi; la parte contribuente non ha svolto attività difensiva.

I primi due motivi che possono trattarsi congiuntamente data l’intima connessione – si rivelano manifestamente fondati in quanto la decisione impugnata non è conforme all’orientamento recentemente fatto proprio dalle SS. UU. secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte (Cass. S. U. n. 26635/09). Da tale pronuncia emerge che la procedura di accertamento mediante l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ma la affianca; che non si tratta di presunzioni legali, ma di presunzioni semplici da valutare insieme ad altri elementi, desunti dalla realtà economica dell’impresa (Cass. n. 4148/09), alle quali il contribuente può opporre anche altre presunzioni semplici (Cass. n. 27648/08), come nella specie quella relativa all’ubicazione dell’attività.

Emerge, altresì, corroborandosi cosi la motivazione della fondatezza del vizio motivazionale dedotto nel primo motivo, che il giudice tributario deve egli stesso procedere, una volta ritenuti sussistenti i presupposti di fatto e di diritto della rettifica (nella specie, per l’omesso versamento di quanto dovuto in seguito ad accertamento per adesione), alla quantificazione della pretesa erariale, entro i limiti posti dalle richieste delle parti (il che non esclude, nella specie, la necessità, a seguito della deduzione del contribuente, di riclassificare l’attività al fine del parametro applicabile), tenuto conto del carattere d’impugnazione – merito ormai pacificamente attribuito al giudizio tributario (Cass. 25376/08; 17127/07;

11212/07; 7791/01; 4280/01). Altra Sezione della medesima CTR procederà a nuovo esame sulla base di tali principi”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della medesima Commissione tributaria regionale.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale Campania.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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