Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6139 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. II, 12/03/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 12/03/2010), n.6139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto il 26 gennaio 2005 da:

P.D. e Condominio dell’edificio in

(OMISSIS) – in persona dell’amministratore sig. F.F.

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al

ricorso dall’avv. NATICCHIONI Franco, presso il quale sono

elettivamente domiciliati in via L. Mancinelli, n. 106;

– ricorrenti –

contro

Salaria carburanti s.a.s. di Romito Mario & C. – in persona

del

legale rappresentante sig. R.M. – rappresentata e difesa in

virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avv.

ANTONUCCIO Pietro, presso il quale è elettivamente domiciliata in

Roma, alla Via Paolo Emilio, n. 7;

– controricorrente –

e

Zilocchi Germano s.n.c. – in persona del suo legale rappresentante

sig. Z.C. – rappresentata e difesa in virtù di procura

speciale a margine del controricorso dall’avv. Nicola Nanni, presso

il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via della

Giuliana, n. 73;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 4512 del 20

ottobre 2004 – notificata il 3 dicembre 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 2

febbraio 2010 dal Consigliere Dott. Massimo Oddo;

uditi per i ricorrenti l’avv. Franco Naticchioni e per i

controricorrenti l’avv. Nicola Nanni e l’avv. Graziano Pungi per

delega dell’avv. Pietro Antonucci;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.D., proprietario di un appartamento al piano terra dell’edificio condominiale alla (OMISSIS), con atto notificato il 25 settembre 1997 convenne la s.n.c. Zilocchi Germano e la s.a.s. Salaria carburanti di Romito Mario davanti al Tribunale di Roma, e, premesso che la Zilocchi Germano era proprietaria di un’area confinante con l’edificio condominiale, sulla quale insisteva una stazione di servizio gestita dalla Salaria Carburanti, e che su detta area era stato installato un impianto di autolavaggio, che violava le distanze stabilite dal regolamento comunale e da una convenzione del 4 luglio 1949, domandò che fosse ordinato alle convenute di cessare immediatamente l’attività con esso esercitata e di rimuovere l’impianto e che le medesime fossero condannate al risarcimento dei danni a lui cagionati a decorrere dalla sua installazione nell’ottobre 1993.

Le società si costituirono resistendo alle domande e, intervenuto nel giudizio il condominio in adesione alle azioni del P., il Tribunale con sentenza del 10 gennaio 2001, in parziale accoglimento delle richieste dell’attore, condannò la Zilocchi Germano e la Salaria Carburanti ad arretrare l’impianto di autolavaggio sino ad osservare le distanze stabilite nella convenzione, nonchè in solido al risarcimento del danno in favore del P., liquidato in L. 15.000.000, con obbligo della Salaria Carburanti di tenere indenne la Zilocchi Germano.

La decisione, appellata dal P. e, in via incidentale dalla società Salaria Carburanti, venne confermata il 20 ottobre 2004 dalla Corte di appello di Roma, che rigettò entrambe le impugnazioni.

Premesso che la domanda dell’attore di eliminazione dell’impianto di autolavaggio, perchè non previsto nel progetto della stazione di servizio contemplato nella convenzione, era inammissibile in quanto proposta per la prima volta in appello e che il lavaggio delle auto atteneva ai servizi della stazione che con la convenzione era stata assentita, osservarono i giudici di secondo grado, per quello che ancora rileva, che la condanna dei convenuti all’arretramento dell’impianto, anzichè alla sua demolizione, non costituiva una pronuncia extrapetita, avendo il giudice il potere di individuare il tipo e le modalità di intervento necessari e sufficienti al rispetto delle distanze violate.

Il P. ed il condominio sono congiuntamente ricorsi per la cassazione della sentenza con quattro motivi, illustrati da successiva memoria, e le società Zilocchi Germano e Salaria Carburanti hanno resistito con distinti controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va rigettata preliminarmente l’eccezione d’inammissibilità del ricorso del condominio non appellante, giacchè la sua qualità di parte nel giudizio di secondo grado ne consente la partecipazione al giudizio di legittimità e l’eventuale passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei suoi confronti non ne esclude l’interesse ad impugnare la sentenza d’appello quanto meno ad adiuvandum il ricorso ritualmente proposto dal condomino a tutela del bene comune.

Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per violazione dell’art. 112, c.p.c., falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e contraddittoria ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, avendo qualificato domanda nuova l’eccezione del vizio di extrapetizione per non avere la decisione di primo grado ordinato la demolizione dell’impianto di autolavaggio, ma unicamente il suo arretramento sino alla distanza prevista dalla convenzione, benchè la deroga con quest’ultima assentita alle distanze legali concernesse le sole opere previste nell’originario progetto e nella licenza di costruzione della stazione di servizio.

Il motivo è infondato.

I giudici di appello, specificato che l’attore aveva domandato in primo grado la rimozione dell’impianto di autolavaggio, perchè realizzato in violazione delle distanze stabilite dal regolamento comunale e dalla convenzione, ha affermato, da un lato, che l’ordine di arretramento dell’opera non integrava un extrapetita, ma un minus rispetto alla domanda, e, dall’altro, che la deduzione con il gravame che l’impianto era suscettibile soltanto di rimozione, perchè non previsto nel progetto contemplato dalla convenzione, introduce va inammissibilmente nel giudizio di impugnazione un tema di indagine del tutto diverso da quello originario.

L’ultima affermazione trova puntuale riscontro nell’esame degli atti, consentito dalla natura processuale del vizio denunciato, avendo l’attore fondato la domanda di rimozione dell’impianto di autolavaggio, sia nella premessa che nelle conclusioni della citazione, sulla sua realizzazione “in violazione delle distanze stabilite dal Regolamento Comunale e dalla convenzione per atto notarile …”, senza alcun riferimento, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti (“per economia processuale non è stata dedotta anche la sua non conformità al progetto approvato, atteso che avrebbe inutilmente ampliato il thema decidendum”), all’inapplicabilità della convenzione, la cui deduzione, del resto, si sarebbe posta in contrasto con la richiesta del rispetto delle distanze in essa stabilite.

Correttamente la sentenza, dunque, costituendo mutatio libelli anche l’introduzione nel processo di una causa petendi basata su situazioni giuridiche in precedenza non prospettate e, in particolare, su un fatto costitutivo radicalmente differente, ha rilevato la preclusione posta dall’art. 345 c.p.c., alla proposizione ed all’esame in appello una domanda che soltanto nel petitum si identificava con quella sulla quale si era svolto il contraddittorio in primo grado e che la diversità della causa petendi essere esclusa, in assenza di una tempestiva allegazione di essa, dall’assunto che anche il suo fondamento era rinvenibi le nella convenzione.

Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per violazione dell’art. 112 c.p.c., e degli artt. 1065 e 1067, c.c., ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, avendo risolto, implicitamente e senza contraddittorio, in senso favorevole ai convenuti la questione sollevata dal condominio nella comparsa di costituzione in appello concernente l’aggravamento per effetto della installazione dell’autolavaggio della servitù costituita con la convenzione.

Il motivo è infondato.

La deduzione del condominio che l’impianto di autolavaggio, “per le conseguenze di inquinamento acustico ed ambientale che determina, provate dalla C.T.U., costituisce un aggravamento della servitù”, aveva introdotto nel giudizio di secondo grado una domanda che, in quanto inammissibile, sia per la sua novità e sia perchè proposta da una parte non appellante, i giudici del gravame non avevano il dovere di esaminare e sulla quale, in ogni caso, non si sono pronunciati, essendosi limitati ad osservare, al solo fine di motivare la scelta tra la demolizione e l’arretramento dell’impianto, che l’esercizio di esso era sorretto dalle prescritte autorizzazioni e concessioni amministrative e che la sua rumorosità indotta era inferiore al limite consentito in ore diurne.

Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per violazione dell’art. 112 c.p.c., e contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, non avendo ordinato la cessazione immediata dell’attività di autolavaggio, di cui aveva accertato l’esercizio in violazione del diritto dei ricorrenti, sino all’avvenuto arretramento dell’impianto.

Il motivo è inammissibile.

La sentenza ha ritenuto che la tutela reale riconosciuta dall’attore per il rispetto delle distanze non giustificasse nè la demolizione dell’impianto e nè la cessazione del suo esercizio e nessuno specifico argomento i ricorrenti hanno esposto a fondamento delle censure di inadeguatezza della motivazione e di non corrispondenza sul punto della pronuncia tra il chiesto ed il pronunciato.

Con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione dell’art. 1226 c.c. e art. 91 c.p.c., ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, avendo ignorato nella liquidazione del danno il disturbo continuo causato dalla rumorosità dell’attività e dall’inquinamento atmosferico ed il notevole vantaggio economico derivato ai convenuti dall’attività di autolavaggio, e condannato l’attore ed il condominio al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.

Il motivo è inammissibile.

Nella sua prima parte perchè prospetta una questione nuova, non risultando nè dalla sentenza e nè dal ricorso, che in secondo grado sia stata dedotta l’inadeguatezza della liquidazione del danno effettuata equitativamente dal Tribunale con riferimento a specifiche “voci”, evidenziando la pronuncia una doglianza soltanto relativa alla sua eseguità “a fronte di una inadempienza protrattasi dal 1993 al 2001”.

Nella seconda, essendo il motivo espressamente condizionato sul punto ad un accoglimento del ricorso, che è escluso dalla inammissibilità od infondatezza di tutti i suoi motivi.

Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 3.200.00, di cui Euro 200.00 per spese vive, oltre spese generali, Iva, CPA ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

 

 

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