Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6137 del 09/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 11/10/2016, dep.09/03/2017), n. 6137
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26981 2014 proposto da:
PONTE DI MOLASSANA SAS DI E.F. E C., in persona del
legale rappresentante F.E. che agisce anche in proprio,
elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio
dell’avvocato PIERFRANCESCO MACONE che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PAOLO VENTURI giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO
149, presso lo studio dell’avvocato CAROLA CICCONETTI, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI TACCOGNA, ANNA
MARIA ALLEGRETTI TACCOGNA, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 382/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del
19/03/2014 depositata il 28/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio
dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SCARANO LUIGI
ALESSANDRO;
udito l’Avvocato Barbara Corbi (delega avvocato flacone) difensore
dei ricorrenti che si riporta agli scritti ed insiste per
l’accoglimento.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“La società Ponte di Molassana di E.F. s.a.s. e il sig. E.F. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del 28/3/2014 della Corte d’Appello di Genova, di rigetto del gravame dai predetti interposto in relazione alla pronunzia Trib. Genova n. 1840/2013 di accoglimento della domanda in origine nei loro confronti monitoriamente azionata dal sig. R.M. di pagamento di somma vantata all’esito del rilascio di immobile ad uso magazzino già condotto in locazione.
Resiste con controricorso il R..
Il ricorso si appalesa inammissibile.
Esso risulta formulato in violazione del requisito richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
Deve ulteriormente sottolinearsi che il vizio di motivazione risulta inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), non conferendo esso al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.
Senza sottacersi che giusta principio consolidato in giurisprudenza di legittimità l’art. 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità), e non anche sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come nel caso dagli odierni ricorrenti viceversa prospettato”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle doglianze proposte dai ricorrenti nella memoria, dovendo ribadirsi che non può in questa sede invero riproporsi la valutazione di elementi di fatto già considerati dai giudici del merito nè una rivalutazione delle emergenze probatorie, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi;
ritenuto che il ricorso va pertanto rigettato;
considerato le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 2.300,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017