Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6136 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.09/03/2017),  n. 6136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27911/2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale Entrate, in proprio e quale procuratore speciale

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE INPS (SCCI), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ANTONINO SGROI;

– ricorrente –

e contro

F.L., M.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCIANO

GIORGIO PETRONIO, MAURO MAZZONI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

– ricorrenti incidentali –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale Entrate, in proprio e quale mandatario della

SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE

ROSE, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 582/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di Parma, che aveva accolto i ricorsi in opposizione proposti da M.S. e F.L., soci e membri del C.d.A. della Sprint s.r.l., avverso gli avvisi di addebito loro notificati aventi ad oggetto i contribuiti e le relative sanzioni da corrispondere relativi alla gestione commercianti asseritamente dovuti dai predetti, i quali erano già iscritti alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, sostenendo l’Istituto l’obbligo della doppia contribuzione presso entrambe le gestioni;

che la Corte territoriale rigettava l’appello sul rilievo che gli appellati, che non esercitavano l’attività commerciale nell’impresa gestita dalla Sprint s.r.l. in misura preponderante rispetto ad altri fattori produttivi, dovevano essere iscritti solo presso la gestione separata e che nell’ambito della società, operante nel campo della gestione di impianti sportivi, esercizio di attività sportiva in genere, promozione ed organizzazione di manifestazioni sportive e commercio di abbigliamento e attrezzature sportive, non era emerso un ruolo degli appellati diverso e distinto da quello propriamente gestorio dell’amministratore, e quindi dal coordinamento di dipendenti o di collaboratori, essendo risultato che l’attività sociale fosse attuata stabilmente attraverso la collaborazione di numerose persone, dipendenti, collaboratori autonomi o a progetto;

che neanche i dati forniti dall’INPS avevano dimostrato la prevalenza dell’apporto lavorativo dei predetti rispetto agli altri fattori produttivi, ovvero lo svolgimento di attività sconfinante rispetto al ruolo connesso alla carica sociale, essendo state le dichiarazioni rese in sede ispettiva ritenute del tutto generiche e prive di valenza confessoria, stanti l’indisponibilità dei relativi diritti e l’esito della prova per testi espletata;

che avverso tale sentenza l’INPS, in proprio e nella qualità epigrafata, ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale hanno opposto difese, con controricorso, il F. ed il M. che hanno proposto anche ricorso incidentale condizionato, in calce alla cui copia notificata è stata rilasciata dall’INPS procura speciale;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale gli assicurati hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata; che viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., censurandosi la sentenza nella parte relativa alla asserita incompatibilità tra l’iscrizione alla gestione separata e l’iscrizione alla gestione commercianti ed in quella in cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’I.N.P.S. non avesse fornito la prova dello svolgimento, da parte dei controricorrenti, di un’attività lavorativa nel suo momento esecutivo ed in misura preponderante rispetto agli altri fattori produttivi;

che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso principale dell’INPS, qualificabile come manifestamente infondato alla luce (lei precedenti di questa Corte del 5 marzo 2013 n. 5444 e del 26.3.2015 n. 6192 resi in casi del tutto analoghi (cfr. anche, tra le più recenti, Cass. 17183/2016, Cass. 16516/2016, Cass. 15446/2016, Cass. 389/2016);

che, pure essendo stato ritenuto (Cass. Sez. Un. 8 agosto 2011, n. 17076) che: “In caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, quale prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208” alla stregua della norma interpretativa di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, (ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 15 del 2012 della Corte costituzionale), tuttavia il presupposto per la iscrizione alla gestione commercianti è che si eserciti effettivamente l’attività commerciale e che quindi vi siano le condizioni cui la legge subordina il relativo obbligo;

che, invero, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che così ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1, secondo i cui dettami la iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali;

che, pertanto, distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa, dovendo ognuna delle due distinte attività essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo gli ordinari criteri, essendo il requisito della prevalenza valido nel solo ambito delle attività autonome inquadrabili nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura al fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa, attività plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste per le attività in parola;

che nella specie gli evidenziati presupposti non ricorrono perchè, come ritenuto dalla sentenza impugnata sulla base di un accertamento di fatto non oggetto di rilievo da parte dell’I.N.P.S, i controricorrenti non esercitavano l’attività commerciale nell’impresa gestita dalla s.r.l. suindicata in modo diretto ed esecutivo, nè in misura preponderante rispetto ad altri fattori produttivi, svolgendo essi prevalentemente compiti di coordinamento e controllo dell’attività svolta nei vari settori aziendali da dipendenti e collaboratori, essendo gli stessi dediti, come accertato dalla Corte, esclusivamente a compiti riconducibili al ruolo gestorio degli amministratori;

che la verifica della sussistenza di requisiti di legge per la detta “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti c/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (cfr. Cass. 11 luglio 2012, n. 11685);

che, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte dei controricorrenti della sola attività di amministratori, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda, non è risultato validamente in firmato dalla parte ricorrente da elementi probatori di contrario segno, come correttamente evidenziato dalla Corte del merito;

che, come già detto, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) non può di per sè sola può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda, svolta nell’ambito dell’intero ciclo produttivo da altri dipendenti, collaboratori autonomi o a progetto;

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore ed essendo l’unica memoria depositata di contenuto adesivo alla scissa, il ricorso va rigettato con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, nella quale va dato atto dell’assorbimento del ricorso incidentale dei controricorrenti in quanto proposto condizionatamente all’accoglimento di quello principale dell’istituto;

che, quanto alle spese del giudizio di legittimità, le stesse sono regolate, in base alla regola della soccombenza, come da dispositivo; che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidiate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1700,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a duello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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