Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6131 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. III, 12/03/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 12/03/2010), n.6131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18875/2005 proposto da:

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA S. GIOVANNI IN LATERANO 210, presso lo studio dell’avvocato

PAGANELLI CARMELINA, rappresentato e difeso dall’avvocato DI FANO

Vincenzo giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

NUOVA TIRRENA ASSICURAZIONI SPA, UFFICIO CENTRALE ITALIANO SOCIETA’

CONSORTILE SRL, K.I.N., M.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 9/2004 del TRIBUNALE CIVILE DI CHIETI SEZIONE

DISTACCATA di ORTONA, emessa il 27/5/2004, depositata il 01/06/2004,

R.G.N. 195/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/12/2009 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato RAFFAELE CAVALIERE per delega dell’Avvocato VINCENZO

DI FANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO

Adito da B.M. perchè fosse accertata la fondatezza dell’istanza risarcitoria proposta nei confronti della Nuova Tirrena Ass., di M.D., di K.I.N. e dell’UCI in conseguenza di un incidente stradale che lo aveva visto danneggiato in qualità di passeggero dell’autovettura condotta dal M. a seguito di un tamponamento con l’auto guidata dal K., il giudice di pace accolse la domanda, ripartendo la responsabilità del sinistro tra i due conducenti nella misura del 50% ciascuno.

L’impugnazione proposta dal B. – volta al riconoscimento del danno patrimoniale, escluso in prime cure – fu rigettata dal giudice unico del tribunale di Chieti.

La sentenza è stata impugnata dinanzi a questa corte dall’appellante con ricorso sorretto da 5 motivi.

Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 365 c.p.c., n. 4.

Il motivo è inammissibile, non emergendo in alcun modo, dall’esame del suo (ben scarno) contenuto quale sia la rilevanza del (presunto) error in procedendo in cui sarebbe incorso il giudice d’appello, così come lamentato dal ricorrente, ai fini del suo interesse ad agire onde ottenere pronuncia rescindente in parte qua della sentenza impugnata da parte di questa corte di legittimità.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2043, 2055 e 2056 c.c.); motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia.

Il motivo è infondato.

La liquidazione del danno biologico secondo il criterio del c.d.

“punto di invalidità” è attività discrezionale del giudice di merito, come tale incensurabile se non viziata da errori di diritto dei quali il ricorrente neppure evidenzia l’esistenza, limitandosi a sovrapporre le proprie, personali considerazioni in ordine al criterio di liquidazione adottato nella specie senza puntualmente indicare in concreto la ingiusta lesione che ne sarebbe derivata alle proprie istanze risarcitorie.

Con il terzo motivo, si denuncia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia con riferimento alla liquidazione del danno morale nella misura del 25% del danno biologico.

Il motivo non ha giuridico fondamento.

Anche la liquidazione del danno morale, difatti, ha carattere eminentemente discrezionale ed equitativo, e l’apprezzamento di fatto compiuto in parte qua dal giudice di merito nell’individuarne l’importo esula dai poteri rescindenti di questa corte, non senza considerare che, a seguito dei recenti arresti delle sezioni unite (Cass. 26972/08), il danno morale potrebbe addirittura ritenersi ricompreso nella posta di danno biologico già liquidato, senza costituire una voce autonoma di danno non patrimoniale.

Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2043, 2055, 2056 e 2697 c.c.; art. 116 c.p.c.); motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa il mancato riconoscimento del danno patrimoniale.

La doglianza non può essere accolta.

Anche a tal riguardo, la valutazione del giudice di merito, che ha liquidato i danni sulla base della documentazione prodotta senza tener conto (del tutto correttamente) di dichiarazioni prive di sottoscrizione e senza ricevuta dell’invio al dipartimento delle imposte dirette si sottrae alle censure del ricorrente ed appare immune da vizi logico-giuridici che ne inficino la correttezza. Il motivo, pur lamentando formalmente una (peraltro del tutto generica) violazione di legge e un decisivo difetto di motivazione, si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, da un canto, per la mancata trascrizione, in parte qua, degli atti di causa la cui interpretazione egli assume errata (con conseguente violazione del noto principio di autosufficienza del ricorso per cassazione), dall’altro, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove c.d. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) si come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2043, 2055 e 2056 c.c.); motivazione omessa e/o insufficiente.

La censura è destituita di giuridico fondamento, avendo il giudice territoriale, contrariamente all’assunto del ricorrente, provveduto forfetariamente alla liquidazione delle spese mediche alla luce degli accertamenti del ctu.

Il ricorso è pertanto rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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