Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6131 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 05/03/2021), n.6131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12979/2014 R.G. proposto da:

MARE S.R.L., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Bodrito e

dall’Avv. Prof. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Parioli 43;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e sul ricorso iscritto al n. 12983/2014 R.G. proposto da:

MARE S.R.L., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Bodrito e

dall’Avv. Prof. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Parioli 43;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 121/2013 della Commissione tributaria

regionale della Liguria depositata il 13 novembre 2013 e la sentenza

n. 120/2013 della Commissione tributaria regionale della Liguria

depositata il 13 novembre 2013.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2020

dal consigliere Dott.ssa Laura Mancini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La società Mare s.r.l. impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Savona l’avviso di accertamento per l’anno 2004, con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato ricavi non dichiarati e rettificato il reddito di impresa, deducendo la carenza di motivazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42 e dei presupposti di cui all’art. 39 D.P.R. cit. e lamentando che l’Ufficio non aveva esaminato la documentazione contabile, nè aveva tenuto conto della congruità dello studio di settore.

La Commissione tributaria provinciale con sentenza n. 113/2010, depositata il 26 agosto 2010, accolse parzialmente il ricorso riducendo i maggiori dicavi del 35 per cento.

I giudici di primo grado ritennero comunque legittimo l’accertamento analitico-induttivo in ragione del fatto che la contabilità aziendale non dava “garanzia di affidabilità e congruità sostanziale”.

1.1. Con sentenza n. 121/2013, depositata il 13 novembre 2013 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettò l’appello principale spiegato dalla società contribuente ed accolse il gravame incidentale proposto dall’Amministrazione finanziaria, così dichiarando “la validità dell’accertamento dell’Ufficio e dovute conseguentemente le imposte e accessori pretese”.

1.2. Contro tale pronuncia la società Mare s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, al quale resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

2. Con ricorso del 22 gennaio 2010 la società Mare s.r.l. impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Savona l’avviso di accertamento per l’anno 2005 con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato ricavi e rettificato il reddito di impresa, deducendo la carenza di motivazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42 e dei presupposti di cui all’art. 39 D.P.R. cit. e lamentando che l’Ufficio non aveva esaminato la documentazione contabile, nè tenuto conto della congruità dello studio di settore.

La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 112/2010, depositata il 26 agosto 2010, pur ritenendo giustificato l’accertamento analitico-induttivo, in parziale accoglimento del ricorso, ridusse in ragione del 35 per cento i maggiori ricavi determinati dall’Amministrazione finanziaria.

2.1. Con sentenza n. 120/2013, depositata il 13 novembre 2013 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettò l’appello principale spiegato dalla società contribuente e accolse il gravame incidentale proposto dall’Amministrazione, così dichiarando “la validità dell’accertamento dell’Ufficio e dovute conseguentemente le imposte e accessori pretese”.

2.2. Contro tale pronuncia la società Mare s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, al quale resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I ricorsi, seppur relativi a sentenze diverse, investono, con motivi identici, statuizioni pressochè coincidenti rese tra le stesse parti.

L’identità delle questioni dalla cui soluzione dipende la decisione delle controversie – vertenti su accertamenti D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39 sul reddito della società ricorrente ai fini IRES, IRAP e IVA per gli anni di imposta 2004 e 2005 -, pur configurando un’ipotesi di connessione impropria, ne rende opportuna, per ragioni di economia processuale, la trattazione congiunta (Cass. Sez. U, 13/9/2005, n. 18125).

Deve, pertanto, disporsi la riunione ex art. 274 c.p.c. dei ricorsi n. 12979/2014 R.G. e n. 12983/2014 R.G. sotto il numero più antico di ruolo.

2. Con il primo motivo del ricorso iscritto al n. 12979/2014 (formulato in modo identico al primo motivo del ricorso iscritto al n. 12983/2014) si denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 24Cost., dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36.

La ricorrente lamenta che “la sentenza impugnata non contiene affatto l’indicazione delle ragioni logiche e giuridiche che hanno indotto l’organo giudicante a disattendere il gravame proposto dalla Mare s.r.l.”, non esplicitando le ragioni che hanno condotto i giudici di secondo grado a ritenere l’operato dell’Ufficio non censurabile e le argomentazioni della parte “insufficienti a confutare l’operato dell’Ufficio”.

1.1. Con il secondo motivo, anch’esso formulato in modo identico in entrambi i ricorsi, si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54 in relazione all’art. 42 del medesimo decreto.

Si assume, in particolare, che la sentenza gravata non ha preso posizione sulla contestazione, svolta dalla ricorrente sin dal giudizio di primo grado, del fatto che l’Amministrazione finanziaria ha proceduto alla ricostruzione induttiva del reddito della società contribuente in totale carenza dei presupposti giustificativi dell’accertamento induttivo fissati dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 pur non avendo rilevato alcuna irregolarità nella contabilità della società e senza tener conto della congruità dei ricavi dichiarati rispetto agli studi di settore.

1.2. Con il terzo motivo in entrambi i ricorsi si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Commissione tributaria regionale considerato che la ricostruzione induttiva dell’Ufficio non si è basata su un controllo dei dati dichiarati nello studio di settore, ma su un utilizzo arbitrario di alcuni di essi.

In particolare, ad avviso della ricorrente l’Amministrazione finanziaria ha rettificato i ricavi moltiplicando n. 2617 “eccedenza presenze non dichiarate” per un valore medio dichiarato dalla

tabella prezzi prevista per la clientela individuale, attraverso un calcolo privo di ogni riscontro rispetto alla realtà; non ha tenuto conto dei prezzi concordati per i gruppi, le agenzie di viaggio e i dipendenti della Banca Regionale Europea, ai quali la Mare s.r.l. era

legata da una convenzione, che hanno fruito di prezzi notevolmente inferiori ai minimi tabellari per un numero di presenze rilevanti; non ha tenuto conto dei prezzi effettivamente applicati alla clientela individuale, che sono in linea di massima compresi tra il minimo e il massimo, ma non coincidono sempre o con il minimo o con il massimo e che sono mediamente più vicini al minimo; non ha considerato le gratuità riconosciute ai gruppi, nè le riduzioni del 50% per i bambini e i letti aggiunti; non ha valutato che la media dei prezzi considerati dall’Ufficio non rappresenta nè il prezzo effettivamente applicato a qualcuno, nè il prezzo mediamente praticato.

1.3. Con il quarto mezzo, anch’esso articolato con identica formulazione in entrambi i ricorsi riuniti, si denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2.

Si assume, in particolare, che le sentenze gravate hanno errato nel ritenere che l’Amministrazione finanziaria abbia dimostrato la plausibilità dei prezzi medi applicati nell’accertamento, avendo, per contro, la ricorrente allegato elementi idonei a provare l’insufficienza probatoria della media matematica dei prezzi di listino per disattendere i ricavi esposti in contabilità, la cui attendibilità deve ritenersi, invece, presunta o, quantomeno, rafforzata dalla congruità dei ricavi medesimi rispetto agli studi di settore.

2. Il primo motivo di ciascuno dei ricorsi riuniti, ancorchè sia stato formulato con riferimento all’ipotesi della violazione di legge, denuncia, in realtà, il difetto assoluto di motivazione della pronuncia gravata, idonea a tradursi in violazione dell’art. 132 c.p.c., per avere la Commissione tributaria regionale convalidato la sentenza di primo grado del tutto apoditticamente, senza esplicitare l’iter logico posto a fondamento della decisione.

Nondimeno, la censura, riqualificata alla stregua del paradigma normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, merita condivisione.

2.1. Ricorre, invero, la nullità denunciata, mancando nella motivazione della sentenza impugnata l’esplicitazione, comprensibile e congruente con i motivi di gravame, delle ragioni logiche e giuridiche poste a fondamento della parziale conferma della decisione di primo grado e dell’accoglimento del gravame incidentale interposto dall’Amministrazione.

A fronte delle specifiche censure svolte dalla società contribuente, – con le quali era stato denunciato il vizio di ultrapetizione, la mancata esplicitazione della norma di legge nell’avviso di accertamento, l’insussistenza dei presupposti di applicabilità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.L. n. 331 del 1991, art. 62-sexies la contraddittorietà della sentenza nonchè la mancata considerazione delle ragioni dedotte dalla contribuente – il percorso motivazionale seguito dalla Commissione tributaria regionale ligure si mostra a tal punto conciso ed ermetico, da sorreggere un decisum apoditticamente confermativo della decisione di prime cure e delle deduzioni svolte dalla difesa erariale a sostegno dell’appello incidentale.

La motivazione del rigetto del gravame si riduce, invero, alla duplice assiomatica affermazione secondo la quale, per un verso, la Commissione tributaria regionale ha condiviso la censura svolta dall’Amministrazione finanziaria “circa la riduzione del 35% delle pretese portate dall’accertamento, riduzione che non viene analiticamente esposta in modo da consentire di apprezzare l’iter logico seguito per pervenire a tale determinazione” e, per altro verso, “dall’esame di quanto sostenuto dalle parti nei rispettivi appelli e da quanto emerso nel corso dell’udienza, ritiene di condividere l’operato dell’Ufficio evidentemente non censurabile, nè le argomentazioni della parte sufficienti per confutare l’operato dell’Ufficio (…)” (v. pagina 1 delle sentenze impugnate).

I giudici d’appello hanno, pertanto, omesso di esplicitare le ragioni per le quali, a fronte delle articolate censure dedotte e ribadite dalla contribuente in costanza di giudizio, abbiano ritenuto di confermare parzialmente l’apprezzamento del giudice di prime cure e di convalidare le deduzioni erariali con riferimento alla riduzione della pretesa impositiva in ragione del 35 per cento.

2.2. Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, inaugurato dalla pronunce nomofilattiche del 7 aprile 2014, n. 8053 e n. 8054, l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”. Si è, inoltre, precisato che la motivazione è apparente o perplessa e incomprensibile quando non rende “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. Sez. U, 3/11/2016, n. 22232). In applicazione di tali principi, questa Corte ha affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando, come nel caso di specie, il giudice di merito ometta di esplicitare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. Sez. 6-5, ord. 7/4/2017, n. 9105; Cass. Sez. L., 5/8/2019, n. 20921) ovvero nel caso in cui il giudice di merito ometta di indicare nel contenuto della sentenza gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando tali elementi, non proceda ad una loro disamina logico-giuridica tale da lasciare trasparire il percorso argomentativo seguito e, più in particolare, apoditticamente affermi o neghi che sia stata data la prova di un fatto, omettendo qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (Cass. Sez. 5, 15/1/2009, n. 871). Infatti, la decisione d’appello che, condividendo genericamente la ricostruzione in fatto e le argomentazioni svolte dal primo giudice senza alcun esame critico delle stesse e senza illustrare, neanche sinteticamente, le ragioni per le quali ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame, non costituendo espressione di un autonomo processo deliberativo, viola il “minimo costituzionale” richiesto per la motivazione (Cass. Sez. L., 17/10/2018, n. 26018) e, pertanto, è nulla ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (Cass. Sez. L., 25/10/2018, n. 27112; Cass. Sez. 1, ord. 18/6/2018, n. 16057).

3. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, del terzo e del quarto mezzo, peraltro formulati in via subordinata, in relazione ad entrambi i ricorsi riuniti.

Le sentenze gravate vanno, pertanto, cassate con rinvio alla stessa Commissione tributaria regionale della Liguria, ma in diversa composizione, la quale tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di appello proposto dalla Mare s.r.l. e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.

PQM

La Corte, dispone la riunione del ricorso n. R.G. 12979/2014 a quello recante n. R.G. 12983/2014; accoglie il primo motivo del ricorso n. R.G. 12979/2014 e dichiara assorbiti il secondo, il terzo e il quarto; accoglie il primo motivo del ricorso n. R.G. 12983/2014 e dichiara assorbiti il secondo, il terzo e il quarto; cassa le sentenze n. 121/2013 e n. 120/2013 in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

 

 

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