Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6123 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. III, 12/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 12/03/2010), n.6123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1010/2009 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

DELL’AQUILA Giuseppe e DELL’ORFANO LUMENO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A., quale impresa designata per

la Regione Campania dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato

MARIA FRANCESCA CALDORO, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGALDI

Renato, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3749/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, del

22/10/07, depositata il 03/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

La Corte, letti gli atti depositati.

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 23 dicembre 2008 G.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 3 dicembre 2007 dalla Corte d’Appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta nei confronti delle Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata del F.G.V.S., non essendo stata identificata l’autovettura che l’aveva cagionato.

La società intimata ha resistito con controricorso.

2 – Ai ricorsi proposti contro le sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

3. – L’unico motivo di ricorso risulta inammissibile, poichè la formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, lett. a, ma non formula alcun quesito idoneo a postulare l’enunciazione di un principio, decisivo per la controversia e di applicabilità generalizzata, che abbia attinenza con la norma richiamata.

D’altra parte le argomentazioni poste a sostegno della censura, pur formalmente prospettate sotto il profilo della violazione di norma di diritto, nella sostanza attaccano la motivazione con cui la Corte territoriale non ha ritenuto assolto l’onere probatorio – ancorchè basato su presunzioni – relativo al coinvolgimento di un’auto rimasta non identificata.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 2.300,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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