Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6122 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 05/03/2021), n.6122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12838/2013 R.G. proposto da:

IMMOBILIARE DELLO SPRONE S.R.L., in persona del legale rappresentante

p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Cordeiro Guerra, con

domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Laura Rosa in Roma via

F. Denza n. 20;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana, n. 77/30/2012 depositata il 26 novembre 2012, non

notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 29 settembre

2020 dal consigliere Pierpaolo Gori.

Osservato che il sostituto Procuratore generale Paola Mastroberardino

ha concluso per il rigetto tanto del ricorso principale quanto del

ricorso incidentale.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate limitatamente ad Euro 189.030,76 recuperati ad imposta nei confronti della Immobiliare Dello Sprone S.r.l., in riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 37/02/2010 che, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente, avente ad oggetto un avviso di accertamento IVA, IRES, IRAP e sanzioni per l’anno di imposta 2004, con cui erano stati determinati maggiori redditi rispetto ad alcuni contratti di compravendita immobiliare.

– La sentenza della CTR accoglieva così nel merito la prospettazione dell’Agenzia limitatamente alla ripresa per omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi mentre disattendeva l’atto impositivo quanto alle ulteriori due riprese, la prima per indeducibilità di costi erroneamente riferiti al 2004 in luogo del 2003 per complessivi Euro 42.330,00 relativi a notule di professionisti in relazione all’assistenza prestata per la stipula di contratti; la seconda per tassazione delle spese, pari ad Euro 13.065,00, per consumi di energia elettrica e pulizia di un immobile di proprietà erroneamente imputate all’anno di imposta in quanto non oggetto di recupero nei confronti degli inquilini.

– Avverso la decisione propone ricorso la contribuente per tre motivi, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale affidato a sette motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la contribuente censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, e dell’art. 2697 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto l’accertamento fondato su presunzioni dotate dei requisiti di validità, precisione e concordanza e non esclusivamente sullo scostamento fra prezzi di vendita dichiarati dalla parte in sede di cessioni a terzi delle unità immobiliari e il valore normale di tali immobili.

– Il motivo è infondato. Va reiterato che “In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 9474 del 12/04/2017, Rv. 643928 – 01).

– Nel caso di specie il ricorso all’accertamento analitico-induttivo e il fondamento della ripresa per omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi è radicato alle pagg.2 e 3 della sentenza in una pluralità di elementi (“invero la valutazione dei cespiti in questione non deriva dal mero allineamento al cosiddetto valore normale (…) bensì, come si evince anche dal processo verbale di constatazione, dal valore indicato dalla stessa contribuente in sede di determinazione delle rimanenze finali”) e, in genere, nella comparazione con i prezzi dichiarati in altri cespiti venduti dalla società nel medesimo periodo di imposta con caratteristiche analoghe, tenuto conto anche delle metrature.

– Tale iter argomentativo è pienamente conforme alla giurisprudenza della Corte citata, in quanto la ratio decidendi non è incentrata solo sull’applicazione dei valori OMI ai fini del “valore normale”, ma motivatamente poggia sulla sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.

– Con il secondo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la contribuente deduce il vizio di apparente motivazione della sentenza impugnata in relazione ai presupposti per applicare il “valore normale” in luogo dei prezzi dichiarati nelle compravendite immobiliari contestate.

– Con il terzo motivo di ricorso principale – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la contribuente lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione in merito alla “non comparabilità” degli immobili oggetto di verifica con altri ceduti dalla società ai fini della determinazione del “valore normale” dei primi.

– L’Agenzia in controricorso ha eccepito l’inammissibilità dei due mezzi di impugnazione, il secondo innanzitutto perchè erroneamente sussunto nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non n. 4 e perchè la motivazione espressa dal giudice di appello non si compone di affermazioni apodittiche o “per relationem” e, in ogni caso, perchè i due motivi surrettiziamente mirano ad ottenere una rivalutazione del merito circa l’asserita non comparabilità dei prezzi di compravendita di due degli immobili contestati con altri immobili, pure venduti dalla società nel periodo di imposta.

– I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e sono inammissibili. Va premesso che la novella del n. 5 recata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 si applica a tutti i ricorsi avverso le sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) quale è il caso di specie con conseguente inammissibilità della parte della prima censura che si riferisce alla mera “insufficienza della motivazione”. Inoltre, in generale, “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. sent. ult. cit., Rv. 629830 – 01). Nel caso di specie la motivazione della CTR circa la ripresa per omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi è esaminata nel cuore della motivazione a cavallo delle pagg.2 e 3 della sentenza, ed include anche dei precisi riferimenti al quadro istruttorio e agli elementi di fatto della decisione (“Orbene, considerando pertanto la rettifica dell’ufficio limitata a due fatture (fattura numero uno di L.G. e fattura numero sette T.A.)”). Inoltre, essa esprime una compiuta e chiara ratio decidendi, incentrata non solo sull’applicazione dei valori OMI, ma anche sulla comparazione – ai fini della rideterminazione del prezzo degli immobili compravenduti contestati in termini di “valore normale”, con i prezzi dichiarati in altre unità immobiliari vendute dalla contribuente nel medesimo periodo di imposta. Ciò esclude sicuramente il profilo di motivazione apparente denunciato.

– La comparazione inoltre è imperniata su precisi presupposti di fatto, in parte incontestati, come ad es. il fatto che le unità immobiliari usate per il confronto appartengono allo stesso complesso immobiliare e categoria catastale e, in parte, oggetto di specifico accertamento del giudice del merito sulla base della documentazione versata in atti, come il fatto che l’Agenzia ha già tenuto conto delle differenti metrature dei cespiti, elementi non censurati dalla società attraverso la deduzione di prove e fatti decisivi e contrati, ritualmente introdotti nel processo.

– Alla luce di quanto precede le censure motivazionali risultano essere una indebita richiesta di rivalutazione del merito, attività sottratta al giudizio di legittimità in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014 n. 25332) e, anche per tali ragioni, le censure sono inammissibili.

– Con il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale, 1 a) e 1 b) nella numerazione originale, l’Agenzia deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omessa o insufficiente motivazione e, in via subordinata, l’omesso esame ai fini del n. 5 del paradigma come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la CTR dismesso il recupero di costi indeducibili per consulenze professionali erroneamente imputate all’anno 2004 anzichè al 2003, sulla considerazione che “in tale periodo di imposta le prestazioni hanno avuto prevalente esecuzione e ultimazione”.

– Con il terzo motivo di ricorso incidentale, 1 c) nella numerazione originale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, l’Agenzia censura in relazione alla medesima ripresa anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, per aver la CTR dato rilievo ad un criterio di prevalenza dell’esecuzione della prestazione, non operando lo scomputo dei costi riferiti al precedente anno di imposta da quelli riferiti al presente.

– I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto relativi alla medesima ripresa secondo una logica comune e sono parzialmente fondati, nei termini che seguono. Va innanzitutto ribadito che la novella del n. 5 recata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 applicabile al presente ricorso ratione temporis rende inammissibile la censura per mera “insufficienza della motivazione”.

– Per il resto, si rammenta che “In tema d’imposte sui redditi, il corrispettivo della prestazione del professionista legale e la relativa spesa si considerano rispettivamente conseguiti e sostenuti quando la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento o della cessazione dell’incarico professionale.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16969 del 11/08/2016, Rv. 640953 – 01; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11311 del 31/05/2016, Rv. 639979 – 01), senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27296 del 23/12/2014), a fronte di prestazioni unitarie eseguite nell’arco di due anni di imposta. Non sussiste l’omesso esame del fatto secondario denunciato, in quanto il giudice d’appello ha chiaramente esaminato le notule/fatture dei professionisti per l’assistenza legale in questione: “Come esattamente annota la società appellata la dettagliata descrizione delle prestazioni fatturate dai professionisti” (cfr. p.3 sentenza) e, in astratto, in caso di prestazioni protratte per più anni di imposta ma unitarie la CTR non avrebbe dovuto scomputare i costi per ciascuna annualità, nè è decisivo il criterio di prevalenza, essendo piuttosto rilevante il momento in cui le prestazioni hanno avuto esaurimento.

– Tuttavia, con riferimento alla denunciata violazione di legge dell’art. 109 TUIR quanto al periodo di imposta di competenza, nella sua formulazione complessiva la CTR sulla base di tali notule/fatture ha compiuto un accertamento in parte contraddittorio, ritenendo che la compilazione delle voci delle notule/fatture: “dimostra il compimento di notevoli attività professionali svolte nell’anno 2004 proprio in esecuzione della stipula di cui alla ricordata scrittura privata”. L’esecuzione unitaria di prestazioni su due anni di imposta e l’esaurimento nel 2004 risulta infatti confermato dalla lettura delle fatture riprodotte dall’Agenzia nel corpo del ricorso incidentale per compiuta autosufficienza solo quanto alla notula/fattura (OMISSIS), la quale comprende prestazioni estese anche alla “predisposizione contratto preliminare” evidentemente conseguente alla scrittura privata del novembre 2003 e sue “modifiche”, “proroga e dichiarazione integrativa”, ossia spetti esecutivi delle complessive compravendite immobiliari che ragionevolmente hanno trovato esecuzione nel 2004.

– Al contrario, la motivazione della CTR, nel senso della unitarietà della prestazione conclusasi nel 2004, non pare potersi logicamente attagliare anche alla notula Quagliotti la quale, come causale, reca solo “consulenza ed assistenza nella trattazione e stipulazione della scrittura privata con la So.Fin Italiana S.p.a. (valore della pratica Euro 5.164.569,00)”, considerato che non è controverso il fatto che la stipula sia intervenuta nel mese di novembre 2003. Sotto questo profilo dunque il terzo motivo di ricorso incidentale (1c nella numerazione originale) è parzialmente fondato.

– Con il quarto motivo di ricorso incidentale, 2 a) nella numerazione originale, – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – quanto alla terza ripresa per tassazione delle spese per consumi di energia elettrica e pulizia di immobili di proprietà erroneamente imputate all’anno di imposta perchè non oggetto di recupero nei confronti degli inquilini, l’Agenzia deduce la motivazione apparente, nonchè la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c..

– Con il quinto e sesto motivo di ricorso incidentale, rispettivamente 2 b) e 2 c) nella numerazione originale, l’Agenzia censura – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omessa o insufficiente motivazione e, in via subordinata, l’omesso esame ai fini del n. 5 del paradigma come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la CTR omesso di considerare che la contribuente nulla aveva documentato in relazione alle spese di energia e di pulizia ripetibili dagli inquilini oggetto di ripresa a tassazione.

– Con il settimo motivo di ricorso incidentale, 2 d) nella numerazione originale, – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 l’Agenzia censura anche la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e la stessa nullità della sentenza della CTR per aver erroneamente ritenuto inammissibile per contraddittorietà il motivo di appello in cui l’Agenzia impugnava la statuizione della CTP in merito alla ripresa per costi di acqua, spese di energia e di pulizia.

– I motivi possono essere affrontati congiuntamente in quanto connessi, e sono solo parzialmente fondati, nei limiti che seguono. Osserva il Collegio in primo luogo che, a differenza di quanto argomenta l’Agenzia nel suo quarto motivo, la CTR si è pronunciata sulla ripresa oggetto del gruppo di motivi, riconoscendo a pag.3 della sentenza che la quiescenza in primo grado era stata solo parziale, benchè quantitativamente estesa a gran parte dell’importo a tale titolo oggetto di recupero (su Euro 11.277, le spese per energia elettrica sono pari ad Euro 632 e quelle per pulizie ad Euro 1.155), e dichiarando per il resto inammissibile il motivo di appello relativo alla ripresa.

– In secondo luogo, come esattamente osservato dal sostituto Procuratore Generale, a fronte dell’espresso accertamento da parte del giudice di primo grado del fatto che tutti i costi per tale titolo di ripresa – non solo quelli oggetto di quiescenza – erano ampiamente giustificati e correttamente contabilizzati in bilancio, riportato in sentenza dalla CTR e da questa condiviso, l’Agenzia non ha evidenziato in ricorso specifici documenti e fatti decisivi e contrari a siffatto accertamento, ritualmente introdotti nel processo non vagliati dai giudici del merito. Ciò rende ad un tempo viziata per difetto di autosufficienza la formulazione dei motivi quinto e sesto – fermo restando quanto già statuito supra a proposito dell’applicabilità al ricorso del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 -, e sterile la critica meramente formale di cui al settimo motivo sulla contraddittorietà o meno della formulazione della doglianza di appello, non avendo l’Agenzia introdotto argomentazioni sostanziali a sostegno di un diverso esito decisionale nel merito da parte della CTR a riguardo.

– E invece fondato il rilievo, contenuto nel motivo quarto – 2 b) nella numerazione originaria – secondo cui l’adesione della CTR alla motivazione di primo grado è sostanzialmente intervenuto attraverso una motivazione apparente, nel seguente passaggio: “non appare azzardato il giudizio a questo riguardo espresso dal giudice allorchè parla, a proposito dei costi in parola, “…di ampia giustificazione…nonchè della loro corretta contabilizzazione in bilancio”. Il rinvio alla decisione di primo grado è ammissibile in linea di principio, a condizione che il giudice di appello operi una adesione ragionata e motivata alla determinazione del primo grado, in modo da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7347 del 11/05/2012, Rv. 622892 – 01).

In conclusione, il ricorso principale dev’essere rigettato, sono accolti il terzo e quarto motivo di ricorso incidentale (1c e 2a nella numerazione originale), nei limiti di cui in motivazione, rigettati i restanti, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigettato il ricorso principale e accolto il terzo e quarto motivo di ricorso incidentale (1c e 2a nella numerazione originale), nei limiti di cui in motivazione, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR Toscana, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis testo unico spese di giustizia, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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