Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6122 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 05/03/2020), n.6122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16285-2018 proposto da:

S.L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCIANA DELLI FRAINE;

– ricorrente –

contro

PIGI 2 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE VALTER

CAVAGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 453/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. S.L.V. ha proposto ricorso, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Brescia, confermando la pronuncia del tribunale della stessa città, ha disatteso la domanda, da lui proposta, di accertamento del suo diritto di proprietà sull’immobile sito in Comune di (OMISSIS), Via (OMISSIS), intestato alla società Pi.Gi. 2 s.r.l..

Il S. aveva dedotto, per un verso, che l’intestazione dell’immobile alla società Pi.Gi. 2 era fittizia; per altro verso, che, in ogni caso, egli aveva usucapito l’immobile.

La corte d’appello – dopo aver sottolineato che l’atto con cui Italian Sound s.r.l. (società successivamente fusa per incorporazione in Pi.Gi. 2 s.r.l.) aveva acquistato l’immobile dalla Immobiliare Ruggeri s.a.s. era stato regolarmente trascritto, cosicchè nessun rilievo, se non su un piano meramente risarcitorio, poteva attribuirsi al contratto preliminare con cui l’Immobiliare Ruggeri aveva precedentemente promesso in vendita il medesimo immobile al sig. S. – ha rigettato la domanda di usucapione sul rilievo che la consegna dell’immobile effettuata dalla Immobiliare Ruggeri al S. in forza di tale ultimo contratto preliminare aveva attribuito al promissario acquirente la detenzione, e non il possesso, dell’immobile stesso e che, d’altra parte, il S. non aveva provato alcun atto di interversione di detta detenzione in possesso.

Con l’unico motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente attinge la statuizione di rigetto della domanda di usucapione, denunciando, per un verso, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa nel non prendere considerazione le prove offerte dal ricorrente, neppure al fine di darne una valutazione negativa; per altro verso la nullità dell’impugnata sentenza in ragione del carattere meramente apparente della relativa motivazione. Secondo il ricorrente, infatti, la corte territoriale avrebbe erroneamente omesso di considerare i comportamenti del ricorrente del suo rapporto con l’immobile, limitandosi all’apodittica affermazione che non vi sarebbe stato alcun atto di interversione della detenzione in possesso.

La società Pi.Gi. 2 s.r.l. ha presentato controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di specialità della procura ad litem, in quanto stesa sul retro della prima pagina del ricorso, priva (al pari di tutte le altre pagine del ricorso) di numerazione.

La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 24 settembre 2019, per la quale il sig. S.L. ha depositato una memoria.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevato dalla società contro ricorrente. In proposto va ricordato che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 108/2000), l’incertezza sulla effettiva portata della volontà della parte, non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione dell’atto (art. 1367 c.c.), di cui è espressione, a proposito degli atti del processo, l’art. 159 c.p.c.; con la conseguenza, ancora di recente ribadita (Cass. 24670/19), che, quando la procura al difensore è apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione situazione cui è assimilabile quella, che si verifica nella specie, della procura apposta sul retro della prima pagina del ricorso, seguita dalle pagine successive – il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega e il ricorso.

Il ricorso, peraltro, va rigettato.

Nell’unico motivo – con il quale vengono promiscuamente prospettati il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 (con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c.) ed il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – il ricorrente si limita a dolersi dell’apprezzamento delle risultanze processuali operato dalla corte territoriale, lamentando la mancata considerazione delle prove da lui dedotte in sede di merito, senza, peraltro, indicare (nemmeno nella memoria illustrativa depositata in prossimità della camera di consiglio) il contenuto di tali prove e, conseguentemente, senza consentire a questa Corte di apprezzare la decisività dei fatti storici che le stesse avrebbero dovuto dimostrare.

In particolare, è sufficiente considerare, quanto al dedotto vizio di violazione di legge, che “In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. n. 1229/19, Cass. n. 27000/16).

Quanto al dedotto vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si rileva che la doglianza risulta formulata in difformità dal paradigma fissato dal testo vigente di quest’ultima disposizione; nel motivo di ricorso, infatti, non viene individuato alcuno specifico fatto storico che abbia formato oggetto di discussione tra le parti che sia stato trascurato dal giudice di merito e risulti dotato delle caratteristiche della decisività.

Va poi escluso che la motivazione della sentenza – che si fonda sul principio di diritto che la disponibilità del bene conseguita dal promissario acquirente, in quanto esercitata nel proprio, interesse, ma alieno nomine, in assenza dell’animus possidendi, ha natura di detenzione qualificata e non di possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di una sopraggiunta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c., comma 2 (in termini, Cass. 4863/10) e sul rilievo della mancata dimostrazione di atti di interversione del possesso – possa considerarsi meramente apparente.

II ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla società controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.500, oltre Euro 200 per esborsi e altri accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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