Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6119 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 05/03/2020), n.6119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1251-2018 proposto da:

C.M.A., S.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato EMANUELE MICELI;

– ricorrenti –

contro

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. B.

MARTINI 2, presso lo studio dell’avvocato ESTHER PERI, rappresentato

e difeso dagli avvocati FRANCESCO COCO, FRANCESCO COSTANTINO;

– controricorrente –

contro

V.S.S., VI. ANTONIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2077/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 09/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

I signori S.S. e C.M.A., comproprietari di un appartamento in (OMISSIS), hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Palermo, confermando la sentenza del tribunale di Termini Imerese, ha rigettato la domanda dai medesimi proposta nei confronti della signora P.A. per sentir accertare il loro acquisto, per titolo o per usucapione, della proprietà di una porzione di sottotetto sovrastante l’appartamento della convenuta.

La corte d’appello di Palermo ha preliminarmente evidenziato che il sottotetto in questione non ha una funzione di mero isolamento ma è collegato ad entrambi gli appartamenti già in proprietà del comune dante causa degli odierni litiganti ed oggi in proprietà, l’uno, dei coniugi S./ C. e, l’altro, di V.A., V.S. ed Vi.An. (eredi di P.A., deceduta in corso di causa). Sulla scorta di tale premessa di fatto, la corte distrettuale ha ritenuto che i coniugi S./ C. non avessero nè superato la presunzione di condominialità di tale sottotetto, nè provato i fatti costitutivi della dedotta usucapione.

Nell’impugnata sentenza, infatti, si argomenta:

– con riferimento all’atto del 1937 con cui S.C. aveva acquistato l’appartamento oggi in proprietà dei ricorrenti, che il trasferimento del sottotetto non poteva desumersi dalla pattuizione che obbligava il compratore a “murare i vani di comunicazione con la restante casa del venditore”;

– con riferimento all’usucapione dedotta dai coniugi S./ C., che in capo a costoro non risultava provata l’esistenza di un possesso continuo, esclusivo e ininterrotto ultraventennale, idoneo all’usucapione.

Con il primo motivo di ricorso, riferito al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti lamentano l’omesso esame nella sentenza impugnata di un punto decisivo per il giudizio, chiaramente esposto dagli attori ed evidenziato dalla consulenza tecnica, ossia la circostanza che i sottotetti dell’edificio in questione sarebbero due: l’uno, corrispondente al livello di copertura più alto, appartiene interamente e pacificamente alla signora P. e, oggi, ai suoi eredi; l’altro, oggetto del presente giudizio, è funzionalmente e strutturalmente collegato con l’abitazione S.; ed è questo secondo sottotetto quello che, secondo i ricorrenti, S.C. acquistò unitamente all’appartamento a lui ceduto dall’originario dante causa comune.

Con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti deducono l’omesso esame delle dichiarazioni dei testi, ritenendo che, se adeguatamente valutate, anche le testimonianze indotte dalla parte convenuta (specialmente del teste F.F.) avrebbero confermato la veridicità delle dichiarazioni dei testi di parte attrice, signori Se., S. (cugino dell’attore) e Vo..

Con il terzo motivo di ricorso, riferito anch’esso al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti contestano il giudizio con cui la corte d’appello ha ritenuto non provato il possesso continuato, pacifico, ininterrotto e ultraventennale idoneo al maturare dell’usucapione, invocando anche in tal caso le deposizioni dei testi Se. e S..

Il signor V.A. ha depositato controricorso, mentre nessuna attività difensiva è stata spiegata dagli altri eredi della signora P., signori V.S. e Vi.An..

La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 12 dicembre 2018, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria. Non essendo andata a buon fine la notifica del ricorso per cassazione nei confronti dell’intimato V.S., è stato concesso ai ricorrenti un termine di sessanta giorni per integrare il contraddittorio nei confronti di costui. A seguito dell’espletamento dell’incombente, la causa è stata nuovamente chiamata all’adunanza del 24 settembre 2019, per la quale entrambe le parti hanno depositato ulteriore memoria.

Il primo motivo di ricorso attinge l’interpretazione operata dalla corte d’appello in ordine alla clausola del contratto di acquisto di S.C., del 1937, che prevede: “dovrà il compratore murare i vani di comunicazione con la restante casa del venditore”. Con il motivo si denuncia l’omesso esame della fatto decisivo che il sottotetto dello stabile si articola in due vani fisicamente distinti, in quanto posti a quote differenti; la porzione di sottotetto costituente oggetto del presente giudizio fa parte del vano posto a quota inferiore, sovrasta l’intero appartamento dei ricorrenti e solo un vano dell’appartamento dei contro ricorrenti, il quale ultimo è, per la sua residua estensione, sovrastato dal vano sottotetto posto a quota superiore, estraneo all’oggetto di questa causa.

Il motivo va giudicato, in primo luogo, ammissibile. Questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, oppure – nel vigore della novellato testo di detta norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. 14355/16).

Il motivo è altresì fondato, giacchè la specifica conformazione del sottotetto costituiva una risultanza di fatto astrattamente decisiva ai fini della ricostruzione della comune intenzione delle parti (secondo buona fede, art. 1366 c.c.), demandata alla corte territoriale. L’affermazione dell’impugnata sentenza alla cui stregua “nè si comprende perchè l’originario venditore, pur restando per qualche anno ancora proprietario dell’altro appartamento venduto poi alla P.A., si sia voluto spogliare interamente di tale vano, presumendosi invece che, servendo tale unico ambiente entrambi gli appartamenti, semmai gli odierni appellanti avrebbero dovuto dividere per metà, lasciando la restante parte della piena disponibilità dell’altro proprietario, che vi accedeva tramite una scala mobile” (pag. 10) risulta infatti palesemente incongruente alla luce del fatto – in questo senso potenzialmente decisivo – che il sottotetto del fabbricato non costituiva un “unico ambiente”, che semmai si sarebbe “dovuto dividere per metà”, ma era originariamente formato da due ambienti distinti, di cui quello a quota superiore sovrastante l’appartamento in residua proprietà del venditore (oggi in proprietà V.) e quello a quota inferiore sovrastante, per la maggior parte, l’appartamento venduto a S.C. e, per una sua minor parte, un vano dell’appartamento di residua proprietà del venditore.

La motivazione dell’impugnata sentenza tradisce dunque un inquadramento della situazione di fatto malcerto e lacunoso. Tanto risulta ulteriormente avvalorato dalla considerazione che in tale motivazione manca qualunque riferimento alle modalità di utilizzazione, da parte dei contendenti, del vano sottotetto posto a quota inferiore; modalità, che, come evidenziato a pag. 5 della memoria del contro ricorrente del 27/8/19, avevano formato oggetto di un contenzioso possessorio sfociato nella sentenza numero 30/2003 del tribunale di Termini Imerese, versato in giudizio come doc. 6 del fascicolo di primo grado degli odierni ricorrenti.

In accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va quindi, in definitiva, cassata, con rinvio alla corte d’appello di Palermo in altra composizione di un nuovo esame di fatti di causa che terrà conto della articolazione del sottotetto in due vani distinti poste a quote differenti.

Le spese del presente giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Palermo, in altra composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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