Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6118 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 24/02/2022), n.6118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29216-2020 proposto da:

M.F., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli

avvocati GLORIA COSTANZA D’AVINO, ANTONELLO ROMANO;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO EDINSUD – EDILIZIA INDUSTMALIZZATA PER IL SUD, in persona

del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, domiciliato

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR,

ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA TRUNTIO;

– controricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1246/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALERIA

PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 23 aprile 2020, la Corte d’Appello di Napoli, ha confermato la decisione emessa dal locale Tribunale che aveva respinto la domanda proposta da M.F., avente ad oggetto le differenze retributive ed i compensi per lavoro straordinario relative al rapporto di lavoro subordinato intercorso con il Consorzio Ed. In. Sud., dal 5 aprile 1988 sino al 31 dicembre 2007, come impiegato di VI livello;

in particolare, il giudice di secondo grado ha condiviso l’iter argomentativo del primo giudice secondo il quale per il periodo 5/4/1988 -7/6/2004 era intervenuta conciliazione sindacale, mentre per il successivo e, cioè fino al 31/12/2007, data in cui il rapporto era cessato per l’intervenuto licenziamento del ricorrente, ha ritenuto non dimostrato il diritto alle differenze retributive, né lo svolgimento di lavoro straordinario;

– avverso tale pronunzia propone ricorso M.F., affidandolo ad un unico motivo articolato in diverse censure;

– resiste, con controricorso, Consorzio EDINSUD – Edilizia Industrializzata per il Sud, in liquidazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico, articolato motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362,2094,2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 409 c.p.c.;

tutte le censure sono infondate;

relativamente alla denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., va osservato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (ex plurimis” Cass. n. 18092 del 2020) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, in particolar modo in quanto, pur veicolando parte ricorrente la censura per il tramite della violazione di legge, essa, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità;

quanto alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre evidenziare che, secondo quanto statuito recentemente dalle Sezioni Unite, per la violazione delle disposizioni che presiedono all’ammissione delle prove, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione delle relative norme, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr., SU n. 20867 del 20/09/2020), ed inoltre anche che una violazione della norma in esame nonché dell’art. 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960);

con riferimento all’art. 1362 c.c., giova sottolineare che l’interpretazione del regolamento contrattuale è attività riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimità salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale, tuttavia, non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 10/05/2018);

– nel caso di specie nessuna violazione delle regole legali di ermeneutica appare commessa dal giudice di secondo grado il quale, muovendo dal dato letterale della transazione ha ritenuto in parte

coperta dal giudicato, per mancata impugnazione della parte della sentenza che ha ritenuto preclusa ogni questione oggetto dell’accordo; la relativa sezione della sentenza mentre;

quanto alla dedotta violazione dell’art. 409 c.p.c., va rilevato che, in realtà, la Corte ha correttamente inquadrato la fattispecie ed approfonditamente esaminato le risultanze probatorie acquisite pervenendo, quindi, a reputare infondate le richieste avanzate e tale valutazione deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità;

deve, quindi, concludersi che parte ricorrente non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 (cfr., SU n. 14476 del 2021);

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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