Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6115 del 24/02/2022
Cassazione civile sez. II, 24/02/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 24/02/2022), n.6115
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D.G.E., De.Gi.El., e D.G.A.,
rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al ricorso
dall’Avvocato Barbara Buffoni, elettivamente domiciliati presso il
suo studio in Bologna, viale Gozzadini n. 5/2.
– ricorrenti –
contro
P.M., titolare della ditta Il MAX, rappresentato e
difeso per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato
Angela Codecà, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo
digitale pec del difensore.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1575 della Corte di appello di Bologna,
depositata il 15.9.2016.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
7.12.2021 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi.
Fatto
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1575 del 15.9.2016 la Corte di appello di Bologna rigettò l’appello proposto da M.A. avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Bologna, n. 2280 del 2010, che l’aveva condannata a pagare a P.M., titolare della ditta Il Max, la somma di Euro 25.822,84 quale prezzo delle opere fuori contratto eseguite da quest’ultimo nel corso di un rapporto di appalto per la sistemazione del tetto sovrastante l’unità immobiliare della M., e nei confronti della sentenza definitiva, n. 20686 del 2012, che aveva rigettato la sua domanda di risarcimento dei danni subiti dal suo immobile ed i suoi arredi a causa di infiltrazioni d’acqua verificatesi in occasione di un violento acquazzone a causa della inadeguata protezione della superficie del tetto durante l’esecuzione dei lavori appaltati. La Corte di appello motivò la conclusione accolta affermando, quanto alla sentenza del 2012, che andava nel caso di specie esclusa la responsabilità dell’appaltatore per inadeguatezza della protezione del tetto nel corso dei lavori, risultando dalla prova testimoniale che il P., proprio al fine di evitare danni a seguito di piogge, aveva proposto alla M. la stesura di una guaina ardesiana sulla soletta del sottotetto prima dello smantellamento del coperto, ma che la committente aveva invece preferito che fossero semplicemente apposti teli di nylon, poi rivelatisi insufficienti alla funzione di protezione; quanto alla sentenza del 2010, che sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio le opere di rifacimento del tetto, inizialmente non previste, erano state regolarmente eseguite.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 15.3.2017 propongono ricorso D.G.E., De.Gi.El. e D.G.A., quali eredi di M.A., sulla base di tre motivi.
P.M. resiste con controricorso.
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 1655 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere escluso la responsabilità per i danni a carico dell’appaltatore sulla base delle semplice circostanza, riferita dal un teste, secondo cui la M. avrebbe manifestato preferenza affinché la protezione del tetto durante i lavori fosse realizzata mediante semplici teli in nylon, senza altresì accertare se tale manifestazione aveva assunto nei confronti dell’esecutore dei lavori carattere cogente, escludente vale a dire una scelta diversa, e se a fronte di tale preferenza l’appaltatore avesse altresì il dovere di verificarne l’adeguatezza e correttezza tecnica, manifestando a sua volta il proprio dissenso.
Il motivo è inammissibile ed in parte infondato.
La censura è in parte inammissibile in quanto investe la valutazione da parte del giudice di merito della dichiarazione testimoniale richiamata nella decisione, che la Corte di appello ha interpretato nel senso che l’apposizione in funzione di protezione dei teli in nylon, in luogo della soluzione proposta dall’appaltatore, consistente nella ” stesura di una guaina ardesiana sulla soletta del sottotetto prima dello smantellamento del coperto”, era ascrivibile ad una scelta della committente (pag. 5 della sentenza), cioè ad una manifestazione di volontà di quest’ultima.
Sotto altro profilo il motivo è destituito di fondamento, atteso che, come dedotto nel controricorso, la soluzione proposta dall’appaltatore integrava un lavoro aggiuntivo, con l’effetto che correttamente l’appaltatore si è astenuto dal realizzarlo in difetto di autorizzazione della committente, anzi, merita aggiungere, in presenza di una sua volontà contraria, a mente dell’art. 1659 c.c., secondo cui l’appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute se il committente non le ha autorizzate.
Il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione dell’art. 111 Cost. e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamenta che la Corte di appello abbia accolto la domanda della controparte di pagamento dei lavori extra contratto sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, avente natura meramente esplorativa, ed in assenza della prova che il lavori aggiuntivi fossero stati ordinati per iscritto dalla committente, ai sensi dell’art. 1659 c.c..
Il terzo motivo di ricorso, denunziando violazione degli artt. 1657 e 1659 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, censura la statuizione che ha condannato la M. al pagamento dei lavori extra contratto, per i quali invece, atteso che il prezzo dei lavori era stato determinato a forfait, non doveva essere riconosciuto all’appaltatore compenso alcuno, ai sensi dell’art. 1659 citato, che esclude, se il prezzo dell’opera è determinato globalmente, il diritto dell’appaltatore.
Anche questi motivi, da trattarsi congiuntamente, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
Infondata è in particolare la censura di violazione del principio dell’onere della prova, tenuto conto che rientra nella potestà discrezionale del giudice di merito la decisione di disporre consulenza tecnica d’ufficio (Cass. n. 326 del 2020; Cass. n. 25253 del 2019; Cass. n. 9461 del 2010). La doglianza è inoltre in parte inammissibile, atteso che la sentenza impugnata ha motivato la propria conclusione in ordine alla esecuzione dei lavori extra contratto non solo sulla base degli accertamenti svolti dal consulente tecnico, ma anche richiamando, a sostegno, la testimonianza resa da altro teste, nella specie il figlio della parte attrice, che aveva gestito il rapporto con l’impresa.
Inammissibili si presentano le censure, dedotte in entrambi i motivi, di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, tenuto conto che la lettura del ricorso non consente di individuare in modo chiaro e preciso i fatti che sarebbero stati trascurati, né, per l’effetto, la loro rilevanza ai fini della risoluzione dei temi controversi, tenuto conto che le censure sollevate investono in realtà questioni giuridiche legate alla valutazione da parte del giudice di merito dei fatti dedotti.
Prive di pregio appaiono infine le censure di violazione degli artt. 1657 e 1659 c.c., atteso che, avendo la Corte di appello affermato che le opere fuori contratto “sono state commissionate dalla M.” (pag. 6), risulta applicabile nella fattispecie non l’art. 1659, comma 3, ma il successivo art. 1661 c.c., comma 1, che, in caso di variazioni ordinate dal committente, riconosce in favore dell’appaltatore il diritto al compenso aggiuntivo anche se il prezzo dell’opera sia stato determinato globalmente.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022