Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6108 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. III, 04/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 04/03/2021), n.6108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 08433/2017 R.G. proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che per legge lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

R.N., M.L.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUCIO PAPIRIO 83, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

AVITABILE, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5740/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/09/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 20/10/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorre, con atto articolato su due motivi e notificato dal 29/03/2017, per la cassazione della sentenza del 30/09/2016 con cui la Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio disposto con Cass. 23729/11, ha accolto la domanda dei dottori R.N. e M.L.T. per il risarcimento dei danni patiti da mancata attuazione da parte dello Stato italiano delle Direttive comunitarie in tema di scuole di specializzazione medica, ma liquidandoli in ragione di Euro 11.103,82 annui, sulla base del D.Lgs. n. 257 del 1991: e quindi con finale condanna della sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, unica tra gli originari convenuti ritenuta legittimata passiva, al pagamento di Euro 44.415,28 per la prima e di Euro 77.726,74 per il secondo, in entrambi i casi oltre agli interessi legali dal 19/04/2002;

gli intimati resistono con unitario controricorso, in sostanza contestando la prospettata doverosità della liquidazione in base ai parametri della Legge del 1999.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente Presidenza lamenta: col primo motivo, “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, sostanzialmente prospettando una infrapetizione nel riconoscimento di un importo annuo pari alla borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991 anzichè, a tutto concedere, riferito ai parametri della L. n. 370 del 1999; col secondo motivo, “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, dell’art. 11 preleggi, dell’art. 2043 c.c., dell’art. 1226 c.c. e della L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, argomentando per la correttezza della liquidazione del danno solamente in riferimento alle indicazioni della L. n. 370 del 1999;

il primo motivo è infondato, poichè la quantificazione è avvenuta in doverosa estrinsecazione dello sviluppo logico dell’accoglimento della domanda originaria in punto di an debeatur: circostanza questa che esclude in radice la lamentata infrapetizione, benchè debba precisarsi che neppure può configurarsi la novità della questione, ipotizzata dai controricorrenti, introdotta e resa attuale nel giudizio di rinvio esclusivamente dal tenore della pronuncia di cassazione;

il secondo motivo, invece, è manifestamente fondato;

è invero consolidata nella giurisprudenza di questa Corte la conclusione che, “in tema di risarcimento dei danni, per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE (in materia di adeguata remunerazione della formazione dei medici specializzandi), in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, la relativa liquidazione non può che avvenire sul piano equitativo, secondo canoni di parità di trattamento per situazioni analoghe, dovendo utilizzarsi come parametro di riferimento le indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370, con cui lo Stato italiano ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee all’acquisizione dei diritti previsti dalle citate direttive comunitarie e che non risultano considerate nel D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257” (Cass. 09/11/2011, n. 23275; Cass. 27/01/2012, n. 1182; Cass. 09/02/2012, n. 1917);

nè i controricorrenti si fanno carico delle ampie argomentazioni a fondamento di tale principio, per discostarsi dal quale non si vede del resto alcuna ragione, restando persuasive invece le ragioni che lo sostengono e sussistendo pure minimali esigenze di parità di trattamento in un contenzioso seriale come quello in esame;

in accoglimento del proposto ricorso, la gravata sentenza va cassata in relazione alla censura accolta; e, non essendo necessari altri accertamenti di fatto dinanzi al carattere pacifico della spettanza di un risarcimento per i quattro anni di frequenza della controricorrente R. e per i complessivi sette del controricorrente M., può qui rideterminarsi la sorta capitale oggetto della condanna, da quella recata, in rispettivi Euro 6.713,94 per 4 = Euro 26.855,76 e per 7 = Euro 46.997,58, fermi gli accessori già ivi riconosciuti con le decorrenze ivi indicate;

non vi è qui luogo a provvedere, restando così quelle impregiudicate, quanto alle conseguenze della cassazione oggi disposta sull’eventuale esecuzione, coattiva o spontanea, della sentenza oggi cassata e recante condanna al pagamento di somme maggiori, al riguardo non avendo alcuna delle parti neppure allegato alcunchè;

vanno confermate le ragioni di integrale compensazione già poste a base dalla qui gravata sentenza del regime delle spese dell’annoso giudizio, estendendola al presente giudizio di legittimità;

sia l’accoglimento del ricorso che l’originaria esenzione della ricorrente dai relativi obblighi escludono la ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

accoglie il ricorso. Cassa la gravata sentenza in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, ridetermina la sorta capitale oggetto della condanna, ivi pronunciata e ferma nel resto, in Euro 26.855,76 in favore di R.N. e di Euro 46.997,58 in favore di M.L.T.. Dichiara compensate anche le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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