Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6103 del 12/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 12/03/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 12/03/2010), n.6103
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 4073-2009 proposto da:
COOPERATIVA SOCIETA’ a R.L. FERRANTE APORTI in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CELIMONTANA 38, presso lo Studio PANARITI, rappresentata e difesa
dagli avvocati FRANCESCO MUSCI e PAOLO PANARITI, giusta mandato
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
L.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA
MANTEGAZZA 24, presso il cav. LUIGI GARDIN, rappresentata e difesa
dall’avvocato LO MARTIRE CARMELA, giusta procura speciale a margine
del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2195/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE
dell’.12.08, depositata il 12/12/2008; udito per la ricorrente
l’Avvocato Francesco Musei che si riporta agli scritti.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla
osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Con ricorso al giudice del lavoro di Brindisi, L.A.M., premesso di essere stata dipendente di una scuola materna gestita dalla Coop. Ferrante Aporti s.r.l. dal 2.11.95 al settembre 2003, chiedeva il pagamento di differenze retributive.
Rimasta contumace la Cooperativa convenuta, il giudice rigettava la domanda ritenendola non provata, ma la L. proponeva appello lamentando l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie e l’erroneo inquadramento contrattuale.
Costituitasi l’appellata ed espletata consulenza tecnica di ufficio, con sentenza 1-12.12.08 la Corte d’appello di Lecce accoglieva l’impugnazione e condannava la Cooperativa al pagamento di Euro 61.736,02. Accertava la Corte che l’attrice – pur in possesso del diploma di insegnante nelle scuole del grado preparatorio – aveva svolto molteplici mansioni ed era stata inquadrata come ausiliaria, collaboratrice ed insegnante. Ritenute prevalenti le prime mansioni ed applicando il contratto di categoria, sulla base della relazione del consulente, con riferimento a questo inquadramento riconosceva le suddette differenze.
Proponeva ricorso per cassazione la Cooperativa deducendo: 1) violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2, rilevando che il giudice di merito avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato in quanto l’attrice in primo grado aveva richiesto le differenze retributive in relazione alle mansioni di insegnante, solo in appello vantando in subordine pretese per la mansione inferiore; 2) omessa motivazione e violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver concesso alla ricorrente anche il trattamento di fine rapporto, per cui non era stata avanzata richiesta.
Rispondeva con controricorso la L..
Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata ai difensori costituiti. La Cooperativa ha depositato memoria.
Il ricorso non è fondato.
Quanto al primo motivo, non può ritenersi che il giudice di merito sia andato extra petita riconoscendo le differenze retributive per un inquadramento inferiore a quello ab initio richiesto. Dalla verifica degli atti del giudizio di merito – cui la Corte è legittimata essendo dedotto il vizio di ultrapetizione – risulta che la domanda dell’attrice era diretta al pagamento di differenze retributive riferibili sia alla qualifica di insegnante che a quella di ausiliare, sostenendo la stessa di aver ricevuto una retribuzione inferiore a quella contrattualmente prevista in entrambi i casi.
L’accertamento compiuto dal giudice circa le mansioni effettivamente ricoperte e il loro inquadramento contrattuale era, pertanto, strumentale all’esame della domanda ed ha portato alla conclusione che la richiesta retributiva corrispondente all’inquadramento reale, essendo inferiore a quella massima prospettata, era comunque ricompressa nell’originaria domanda.
La circostanza che l’inquadramento al livello inferiore sia stato richiesto in subordine solo in appello nulla aggiunge, atteso che esso avrebbe potuto comunque essere riconosciuto di ufficio dal giudice.
Infondato è anche il secondo motivo con cui si sostiene che l’attrice mai avrebbe fatto richiesta del trattamento di fine rapporto. Dalla lettura dell’atto introduttivo risulta, infatti, che la L. aveva richiesto, oltre le differenze retributive, anche “… ferie non godute, festività soppresse e t.f.r., oltre interessi e rivalutazione monetaria…”.
Il ricorso è dunque infondato e deve essere rigettato.
Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza con distrazione a favore del difensore antistatario.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna alle spese la ricorrente nella misura di Euro 30,00 per esborsi e di Euro 2.500 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, con distrazione in favore dell’antistataria avv.ssa Carmela Lo Martire.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010