Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 610 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 12/01/2017, (ud. 29/11/2011, dep.12/01/2017),  n. 610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23012-2010 proposto da:

G.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SISTINA 48, presso l’avvocato MARCO ORLANDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA PIGNATIELLO, giusta procura speciale per

Notaio n. 13576 dell’11.11.16;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore

avv. ILARIA MALAGRIDA, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR 17, presso l’avvocato FERDINANDO BARUCCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO RUBINO DE RITIS, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2054/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. TERRUSI FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per: 1. Inammissibilità del

ricorso anche ex artt. 366 e 366 bis c.p.c.; condanna aggravata di

parte ricorrente alle spese; in subordine, rimessione alle Sezioni

Unite affinchè statuiscano l’ambito di applicazione, anche ratione

temporis, dell’art. 385 c.p.c., comma 4 e art. 96 c.p.c., comma 3,

atteso che: 2.1. a fronte di talune sporadiche decisioni della

Suprema Corte (così Sez. 6-3, Ordinanza n. 3376 del 22/02/2016, Rv.

638887, che ha motivatamente applicato l’art. 385 c.p.c., comma 4),

le argomentate domande di condanna aggravata alle spese proposte da

parecchi anni dalla Procura Generale sono state (implicitamente)

disattese dalla Suprema Corte, omettendo per altro qualunque

motivazione al riguardo (v. ex multis Cass. n. 23865/2015 e

3349/2016); 2.2. da accertamenti eseguiti dall’Ufficio statistico

della Cassazione emerge che, nel periodo 2006 – 2015, si registrano

soltanto sei condanne aggravate alle spese ex art. 385, comma 4, a

fronte delle migliaia di ricorsi dichiarati inammissibili o

manifestamente infondati soprattutto dalla Sesta Sezione (deputata

per l’appunto al c.d. filtro); 2.3. in sede penale la condanna

all’ammenda è adottata normalmente nei casi previsti (art. 616

c.p.p. e Corte Costituzionale sent. n. 186/2000);

2.4. la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittima

la previsione del novellato art. 96 c.p.c. (sent. n. 152/2016),

sicchè a fortiori deve ritenersi immune da qualunque illegittimità

costituzionale anche il più rigoroso precetto dell’art. 385 c.p.c.,

comma 4; 2.5. la doverosa applicazione della condanna aggravata,

potrebbe indurre molti Avvocati a desistere da un ricorso

frettolosamente proposto (anche per evitare la duplicazione del

contributo unificato), così contribuendo efficacemente alla

riduzione del contenzioso pendente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, depositata in data 23-6-2009, con la quale la corte d’appello di Napoli ne ha confermato la condanna in qualità di amministratore della (OMISSIS) s.r.l., fallita l’8-11-2000, al risarcimento dei danni per l’avvenuto occultamento di un rimborso dell’Iva.

Il ricorrente si è affidato a un solo mezzo.

La curatela del fallimento ha replicato con controricorso.

Le parti hanno depositato una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso, col quale si censura la statuizione perchè assunta in violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., è inammissibile in relazione ai prospettati quesiti di diritto (art. 366 – bis c.p.c.).

I quesiti sono formulati nel seguente modo:

“1) se era legittima la richiesta di ordine di esibizione formulata, ex art. 210 c.p.c., dall’ing. G. al fallimento ovvero alla (OMISSIS);

2) se era, in ogni caso, legittima la produzione, anche ex art. 184 bis c.p.c., dei documenti formatisi successivamente allo scadere del termine di cui all’art. 184 c.p.c., nel grado di appello;

3) se quindi e se del caso – l’ing. G. ha dato prova che le somme reclamate dalla curatela furono riversate sul conto corrente della (OMISSIS) e, quindi, che furono nella esclusiva disponibilità della società poi fallita”.

Una simile modalità di redazione si risolve in un’astratta triade di interpelli alla corte, senza alcun riferimento alla fattispecie e ai suoi elementi di fatto. Ciò non consente ai quesiti di assumere una qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del corrispondente motivo, giacchè essi mancano di indicare quale sia l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie oggetto di causa (v. per tutte Sez. un. 12339-10).

Spese alla soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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