Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6099 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 12/03/2010), n.6099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ZANARDELLI 36, presso lo studio dell’avvocato ROMEO GIUSEPPE GIULIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FIRRIOLO FRANCESCO, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello

generale, Responsabile della Direzione Centrale Prestazioni,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE n. 144, presso lo

studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIANA ROMEO, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati RICCIO

ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in calce

al ricorso notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 749/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA

dell’11/07/08, depositata il 07/08/2008;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. DESTRO Carlo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al Tribunale di Genova del marzo 2006, R. A. esponeva che nel 1996 aveva agito in giudizio dinanzi al Pretore della stessa citta’ nei confronti del Ministero dell’interno, il quale aveva revocato l’assegno d’invalidita’ ritenendolo non cumulabile con la rendita corrispostagli dall’INAIL per il medesimo fatto invalidante;

che la sentenza resa a conclusione di quel giudizio, a lui favorevole, era passata in giudicato non essendo stata impugnata dall’Amministrazione soccombente;

che successivamente, nel 2005 l’INPS, subentrato al predetto Ministero nell’erogazione della prestazione assistenziale, l’aveva sospesa dandone comunicazione all’INAIL, il quale aveva comunicato al ricorrente che, attesa l’incumulabilita’ dei due trattamenti, doveva effettuare l’opzione per uno dei due.

Cio’ premesso, il R. era tornato a richiedere la corresponsione di entrambe le prestazioni e il Tribunale, dichiarata la cessazione della materia del contendere nei confronti dell’INPS, non essendo stato mai revocato l’assegno d’invalidita’, aveva rigettato la domanda nei confronti dell’INAIL, in base al rilevato mancato esercizio da parte dell’interessato dell’opzione fra i due trattamenti.

L’impugnazione del soccombente avverso tale decisione e’ stata dichiarata inammissibile dalla Corte di appello di Genova, con sentenza depositata il 7 agosto 2008, in quanto l’appellante in sede di gravame a sostegno della propria pretesa aveva sostenuto che non spettava all’INAIL di rilevare l’incumulabilita’ dei due trattamenti, cosi’ mutando la causa petendi addotta in primo grado, ove l’illegittimita’ della revoca del trattamento previdenziale era stata basata sull’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato.

R. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello, deducendo due motivi, cui l’INAIL ha resistito con controricorso, mentre l’altro ente intimato ha depositato procura al difensore.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. che e’ stata comunicata al Procuratore generale ed e’ stata notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso e’ infondato.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1, e critica la sentenza impugnata per avere ritenuto modifica della causa petendi o nuova eccezione in appello la formulazione di una diversa argomentazione giuridica attinente sempre alle possibili interpretazioni della normativa che regola la fattispecie in esame.

“Gli elementi esposti in novita’ dall’appellante – si sottolinea in ricorso – costituiscono ragionamenti giuridici sui contenuti interpretativi della norma L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3 su cui verteva e verte la controversia”.

Il secondo motivo, nel denunciare violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2697 c.c., assume che incombeva all’INAIL fornire la prova della estinzione del diritto di cui il R. era titolare sin dal 1993; conseguentemente costui non aveva l’onere di dimostrare la esistenza dei requisiti del diritto di cui era gia’ titolare e, cosi’ testualmente prosegue il ricorso, “in corrispondenza non poteva assurgere la possibilita’ di inammissibilita’ dell’atto di appello per novita’ delle domande – eccezioni rispetto al primo grado dovendo ritenersi queste ultime in tal senso non configurabili in quanto qualificabili come libera attivita’ difensiva non rientrante nella ipotesi di cui all’art. 345 c.p.c., comma 1, ma eventualmente concretizzante la possibilita’ del comma 2 quali nuove eccezioni rilevabili di ufficio”.

I due motivi, in ciascuno dei quali e’ enunciato il quesito di diritto, sono manifestamente infondati.

E’ sufficiente osservare che il mutamento, in grado di appello, della ragione addotta a sostegno dell’illegittimita’ della sospensione della prestazione integra una modificazione della causa petendi – come appunto ha ritenuto la Corte territoriale – e, quindi, della originaria domanda, soggetta alla preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 1. Ne’ si tratta di una mera difesa, con lo svolgimento soltanto di argomentazioni giuridiche ad affermare la cumulabilita’ tra le due prestazioni, comportando l’interpretazione della norma dettata dalla richiamata L. n. 407 del 1990 nel senso voluto dal ricorrente, circa l’inesistenza dell’obbligo dell’INAIL di interrompere l’erogazione della prestazione in mancanza dell’esercizio dell’opzione da parte del titolare della rendita la prospettazione di una nuova situazione giuridica, e quindi l’introduzione nel processo di un nuovo tema di indagine e di decisione, rispetto a quello inizialmente fatto valere.

Il ricorso e’, dunque, infondato.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nel rapporto R. – INAIL. Nulla deve, invece, statuirsi in favore dell’INPS che ha depositato solo procura e non ha svolto difesa orale.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese in favore dell’INAIL che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa. Nulla spese nei confronti dell’INPS. Cosi’ deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

 

 

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