Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6096 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 04/03/2020), n.6096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22862/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO e ANTONELLA

PATTERI;

– ricorrente principale –

contro

G.L., GR.LI., G.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA NOMENTANA 671, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE PENDIBENE, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– ricorrente principale – controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 6216/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/09/2013, R.G.N. 10669/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per il rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI;

udito l’Avvocato RAFFAELE PENDIBENE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città di accoglimento della domanda proposta da L.R., procuratore speciale degli eredi di T.L., volta alla riliquidazione del trattamento pensionistico goduto da quest’ultima computando la contribuzione figurativa prevista per le vittime di persecuzioni politiche e razziali dalla L. n. 96 del 1955, art. 5, con riferimento al periodo scoperto da contribuzione dal 20/6/1940 al 25/4/1945.

Per quel che qui rileva la Corte ha ritenuto infondato il motivo d’appello proposto dall’Istituto relativo ai criteri di calcolo del trattamento pensionistico reclamati dalla T. determinati secondo il sistema retributivo. Ha affermato infatti che all’epoca del pensionamento, avvenuto il 30/6/1981, era vigente il sistema retributivo, che pertanto andava applicato anche alla richiesta di riliquidazione e che tale sistema di calcolo era stato seguito nella consulenza tecnica espletata in Tribunale avverso la quale l’istituto non aveva mosso specifiche censure.

La Corte ha poi ritenuto infondata la pretesa dei ricorrenti di avere riconosciuti gli accessori dalla data di decorrenza della pensione e non dalla domanda di ricostituzione. Ha rilevato, infatti, che la riliquidazione era subordinata alla presentazione della domanda e pertanto doveva trovare applicazione la L. n. 533 del 1973, art. 7, secondo cui la mora dell’istituto opera una volta decorso infruttuosamente lo spatium deliberandi previsto per consentire di provvedere sulla domanda.

2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione l’Inps con un motivo. Gli eredi di T. si costituiscono con controricorso e ricorso incidentale, a quest’ultimo ha replicato l’Inps con controricorso.Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inps denuncia violazione della L. n. 96 del 1955, art. 5, L.n. 1424 del 1965, art. unico; L. n. 36 del 1974, art. 1; L. n. 153 del 1969, art. 14. Censura la sentenza per aver determinato in modo non conforme a diritto la retribuzione pensionabile sulla base della quale liquidare la pensione alla T..

Deduce che secondo i ricorrenti la pensione – liquidabile pacificamente secondo il sistema retributivo – doveva essere riliquidata prendendo quale retribuzione media pensionabile la retribuzione vigente all’epoca del pensionamento come determinata dal Ministero del lavoro.

Osserva che, invece, dall’esame della normativa “la retribuzione attuale” o comunque “la retribuzione più favorevole” fungevano da parametri di commisurazione dei contributi figurativi e non già di base di calcolo della retribuzione pensionabile; che ciò non escludeva che in concreto la retribuzione virtuale per il calcolo dei contributi figurativi potesse accidentalmente rilevare anche nella determinazione della retribuzione pensionabile ove i periodi di persecuzione, coperti con la contribuzione figurativa, rientrassero nell’arco di tempo nel quale si effettua la media degli stipendi da prendere a base per il calcolo del trattamento, ma nella fattispecie i periodi interessati dalla contribuzione figurativa erano fuori dal calcolo della retribuzione media.

Lamenta che la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle osservazioni dell’Inps ed aveva affermato che l’Istituto non aveva formulato specifiche censure alla CTU. Osserva che invece l’Inps aveva sottoposto al giudice una questione giuridica relativa alla determinazione della retribuzione pensionabile attinente all’an debeatur dunque era implicitamente censurata anche la conseguente quantificazione.

4. Il ricorso è fondato.

Il Collegio ritiene di confermare quanto già affermato da questa Corte, in fattispecie del tutto analoga, con ordinanza n. 11708/2019.

5. La L. 10 marzo 1955, n. 96, art. 5, recante “Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti”, (nel testo sostituito prima dalla L. 3 aprile 1961, n. 284, art. 3, modificato dalla L. 24 aprile 1967, n. 261, art. 3 e poi dalla L. 22 dicembre 1980, n. 932, art. 2), prevede che “Ai fini del conseguimento delle prestazioni inerenti all’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono considerati utili i periodi scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio subito nelle circostanze di cui all’art. 1, della presente legge e fino al 25 aprile 1945, dai cittadini italiani che possano far valere una posizione assicurativa nell’assicurazione predetta, o periodi di lavoro assoggettabili a contribuzione dell’assicurazione stessa, ai sensi delle vigenti norme di legge. E’ a carico dello Stato l’importo dei contributi figurativi da accreditare a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali, per i periodi riconosciuti utili a pensione nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e nelle forme di previdenza sostitutive, esonerative ed esclusive della medesima dalla commissione di cui all’art. 8. Per la ricostruzione delle pensioni si seguono le procedure previste dalla L. 15 febbraio 1974, n. 36″.

6. Della L. 24 aprile 1967, n. 261, art. 3,L. 15 dicembre 1965, n. 1424, ha dato la seguente interpretazione: L’importo dei contributi figurativi da accreditare a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali, per i periodi riconosciuti utili a pensione nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dalla Commissione di cui alla L. 10 marzo 1955, n. 96, art. 8, è commisurato alla retribuzione attuale della categoria e qualifica professionale posseduta dagli interessati nei periodi di persecuzione. Si applica la tabella delle marche assicurative in vigore alla data di presentazione della domanda di pensione”.

7. La L. 15 febbraio 1974, n. 36, art. 1, richiamata per la ricostruzione delle pensioni, all’art. 1 prevede poi quanto segue: “Per i lavoratori dipendenti da enti o imprese, il cui rapporto privato di lavoro è stato risolto, individualmente o collettivamente, tra il 10 gennaio 1948 e il 7 agosto 1966 per motivi che, indipendentemente dalle forme e motivazioni addotte, siano da ricondursi a ragioni di credo politico o fede religiosa, all’appartenenza ad un sindacato o alla partecipazione ad attività sindacali, è ammessa a tutti gli effetti di legge la ricostruzione del rapporto assicurativo obbligatorio per l’invalidità e la vecchiaia di cui erano titolari alla data della risoluzione del rapporto di lavoro, per il periodo intercorrente tra tale data e quella in cui conseguano o abbiano conseguito i requisiti di età e di contribuzione per il diritto alla pensione di vecchiaia. La ricostruzione del rapporto assicurativo avviene mediante l’accreditamento, a carico delle gestioni interessate, dei contributi assicurativi. Tali contributi sono calcolati secondo le aliquote vigenti nei diversi periodi cui si riferisce la posizione assicurativa da ricostruire, sulla base di retribuzioni che tengano conto dei seguenti elementi: qualifica rivestita o mansioni svolte dal lavoratore che risultino a lui più favorevoli sotto il profilo retributivo presso il datore di lavoro dal quale è stato licenziato; variazioni intervenute per effetto di accordi o contratti collettivi di categoria; progressione giuridica ed economica di carriera ove prevista dai contratti collettivi di categoria. Qualora il periodo per il quale è ammessa la ricostruzione del rapporto assicurativo risulti parzialmente o totalmente coperto da contribuzione effettiva, obbligatoria o figurativa, tale contribuzione viene detratta dall’ammontare dei contributi da accreditare ai sensi del presente articolo”.

8. Nella citata ordinanza di questa Corte si è evidenziato ” che la normativa richiamata non introduce una deroga all’operatività del principio secondo il quale anche nel caso in cui l’anzianità contributiva si giovi di un periodo di contribuzione figurativa, il calcolo della pensione deve essere effettuato in applicazione delle regole per esso dettate (nel caso, il sistema retributivo della L. 30 aprile 1969, n. 153, ex art. 14)”.

La normativa richiamata in favore dei perseguitati razziali non dispone infatti che la retribuzione attuale della categoria e qualifica professionale posseduta dagli interessati/rappresenti di necessità anche la retribuzione sulla base della quale deve essere calcolato l’importo del trattamento, ed assurga quindi al ruolo di retribuzione-parametro per il relativo calcolo, prevedendo solo che su di essa debba essere calcolata la contribuzione relativa al periodo di copertura figurativa. Un’ interferenza fra retribuzioni virtuali sulle quali calcolare i contributi figurativi e retribuzione pensionabile potrebbe infatti determinarsi (solo) allorchè l’periodi coperti da contribuzione figurativa rientrassero nel lasso di tempo entro il quale deve essere rilevata la retribuzione pensionabile (nel caso di specie, i 10 precedenti alla decorrenza della pensione).

In sostanza, come si è già affermato, “la fictio iuris introdotta dalla L. n. 96 del 1955, colma il vuoto contributivo che si è prodotto per effetto delle persecuzioni razziali, avendo ad oggetto 4 periodi scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio e sino al 25 aprile 1945″. Considerare sempre e comunque quale retribuzione parametro per il calcolo della pensione quella relativa al periodo da accreditarsi – rivalutata all’attualità determinerebbe un risultato superiore e diverso rispetto alla restitutio in integrum voluta dal legislatore, che, tramite il riconoscimento della contribuzione figurativa e la consequenziale riliquidazione della pensione a far data dalla sua decorrenza originaria, ha voluto imporre all’ente previdenziale un comportamento analogo a quello che avrebbe dovuto osservare qualora, nel periodo di tempo considerato dalla L. n. 96 del 1955, i contributi fossero stati effettivamente versati (così Cass. n. 1569 del 17/03/1981)”.

9. Si è anche osservato che “In tal senso deve essere intesa l’operatività della previsione, che determina comunque un risultato favorevole per il pensionato, consentendo il computo ai fini di pensione del periodo che risultava scoperto da contribuzione, mentre la diversa soluzione nel concreto potrebbe rivelarsi sfavorevole per il soggetto che abbia effettivamente percepito nell’ultimo decennio anteriore al collocamento in quiescenza retribuzioni più elevate”.

10. Va, in ultimo, osservato che è infondata l’eccezione sollevata dalla controricorrente, secondo cui l’Inps non avrebbe contestato la CTU svolta davanti al Tribunale, così come affermato dalla stessa Corte d’appello.

Risulta evidente, da quanto prima esposto, che, a fronte della domanda di riliquidazione della pensione applicando la retribuzione attuale in vigore all’epoca del pensionamento, l’Inps aveva formulato una contestazione in diritto relativa alla necessità di applicare le consuete regole dell’assicurazione obbligatoria di cui alla L. n. 153 del 1969, in base alla quali il periodo coperto dalla contribuzione figurativa rimaneva fuori. La regolarità matematica del conteggio effettuato dal CTU non è in contestazione, ciò di cui si duole l’Istituto attiene alla determinazione della retribuzione pensionabile quale individuata dai giudici di merito, atteso che,secondo l’Inps, la normativa in esame non delinea una speciale nozione di retribuzione pensionabile da applicare nella liquidazione dei trattamenti delle vittime degli atti persecutori. Non risulta, infine,esservi contraddittorietà tra la tesi sostenuta dall’Inps e l’avvenuta liquidazione di Euro 6.136,21 quale conseguenza dell’avvenuto riconoscimento di una maggiore anzianità contributiva in applicazione dei benefici di cui alla L. n. 96 del 1955.

11. Con ricorso incidentale viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 96 del 1955, artt. 5 e 8, L. n. 36 del 1974, artt. 5 e 8, L. n. 533 del 1973, art. 7, L. n. 412 del 1991, art. 16, L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36, art. 429 c.p.c.. I ricorrenti lamentano che il credito per accessori sia stato limitato agli interessi e sia stato fatto decorrere soltanto dal 120 giorno dopo la domanda amministrativa avvenuta nel luglio 2001 e non già dalla data di decorrenza della pensione (1 luglio 1981). Hanno rilevato che la decorrenza della pensione era anteriore all’entrata in vigore della L. n. 412 del 1991, art. 16, che ha escluso con effetto ex nunc la cumulabilità di rivalutazione ed interessi.

12. Il motivo non è fondato. Va richiamata la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. la citata 11708/2018, nonchè 24745/2018 e n. 1569/1981 e le ampie argomentazioni ivi esposte) secondo cui “In tema di benefici previdenziali a favore dei perseguitati per motivi razziali, gli accessori del credito derivante dalla riliquidazione della pensione, per effetto del riconoscimento della contribuzione figurativa della L. n. 96 del 1955, ex art. 5, decorrono dallo spirare del centoventunesimo giorno dalla data di presentazione al Ministero competente della domanda amministrativa volta al predetto riconoscimento, e non dal momento in cui quest’ultimo è stato comunicato all’I.N.P.S.”

13. La soluzione, cui va qui data continuità, poggia sul rilievo che secondo quanto previsto dalla L. n. 96 del 1955, le domande di riconoscimento della contribuzione figurativa vengono “sottoposte” (art. 8 L. cit.) all’esame di una commissione di nomina intergovernativa ed è indubbio, secondo quanto si desume da una complessiva lettura dell’art. 7 della medesima Legge, che esse vadano presentate presso il Ministero competente (già Ministero del Tesoro e, ora, Ministero dell’economia e delle finanze). Solo successivamente alla Delibera della Commissione l’I.N.P.S. può quindi procedere alla ricostruzione e riliquidazione della pensione.

14. La restitutio in integrum in relazione alla posizione contributiva non può logicamente spingersi fino al punto di addebitare all’ente previdenziale quel ritardo nella concessione del beneficio che sia in realtà imputabile esclusivamente alla tardiva iniziativa dell’avente diritto nel richiedere il riconoscimento dello status che della contribuzione figurativa è indefettibile presupposto (Cass. 12 settembre 2017, n. 21119).

15. Poichè la Corte territoriale ha riconosciuto gli interessi legali dal 121 giorno successivo alla domanda di ricostituzione al Ministero null’altro può essere riconosciuto.

16. Per le considerazioni che precedono il ricorso principale va accolto e rigettato quello incidentale.

La sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del ricorso dell’Inps e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per la condanna dei ricorrenti incidentali al pagamento del raddoppio del contributo.

PQM

Accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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