Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6095 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 09/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.09/03/2017),  n. 6095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18964-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI, MAURO RICCI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

L.A., MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

Nonchè da:

L.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

PANZINI 47, presso il sig. MATTEO ANNIBALLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIERLUCIO NAPOLI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI, MAURO RICCI, giusta procura

speciale in calce al controricorso notificato;

– resistente con mandato –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 246/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/10/2010 R.G.N. 16/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito l’Avvocato NAPOLI PIERLUCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia con la sentenza n. 246 del 2010 accolse l’appello proposto da L.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede e dichiarò il diritto dell’appellante ad ottenere la pensione di inabilità civile a far data dal 20/11/1976; condannò l’Inps all’erogazione dei ratei dovuti, oltre interessi legali dal 1200 giorno dalla domanda amministrativa e interessi anatocistici dalla domanda giudiziale; condannò l’Inps alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’Inps, formulando due motivi, cui ha resistito con controricorso L.A., che ha proposto altresì ricorso incidentale formulando un unico motivo. L’Inps ha depositato mandato in calce al ricorso incidentale notificato. Il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso dell’Inps ha ad oggetto la sentenza della Corte territoriale laddove ha ritenuto che non si fosse verificata la decadenza dell’azione giudiziaria.

1.1. In proposito, l’istituto deduce come primo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto inammissibile l’eccezione di decadenza il D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 in quanto sollevata solo nel giudizio di secondo grado. Riferisce che tale eccezione era stata sollevata sin dal primo grado dal Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente dall’Inps costituitosi in corso di giudizio, e che comunque si tratta di eccezione sottratta alla disponibilità delle parti e quindi non soggetta a preclusioni e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio di giudizio.

2. Il motivo non è fondato, sebbene la motivazione della Corte territoriale debba essere corretta nei termini che seguono.

2.1. Questa Corte ha chiarito (ex multis v. da ultimo Cass. del 29/02/2016 n. 3990) che la decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1, conv. con modif. in L. n. 438 del 1992, che sanziona la mancata proposizione, entro termini computati in riferimento a diverse fasi del procedimento amministrativo, dell’azione giudiziaria diretta al riconoscimento di determinate prestazioni previdenziali, è dettata a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza dei provvedimenti concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci pubblici, sicchè è sottratta alla disponibilità delle parti, è rilevabile d’ufficio – salvo il limite del giudicato – in ogni stato e grado del giudizio ed è opponibile, anche tardivamente, dall’istituto previdenziale.

2.2. Nel caso, detta disposizione non può però trovare applicazione, in quanto il suddetto termine decadenziale si riferisce alle sole “controversie in materia di trattamenti pensionistici”, e non all’azione giudiziale per il riconoscimento di prestazioni assistenziali, qual è quella in esame (così Cass. 06/05/2014 n. 9638).

3. Come secondo motivo, l’Inps deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3 convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326 e del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23, comma 2 convertito in L. 27 febbraio 2004, n. 47, art. 252 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Riferisce che la data del verbale di visita medica collegiale era il 17/3/1981 e la data del deposito del ricorso giudiziario il 18/11/2006, sicchè avrebbe dovuto applicarsi la decadenza introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 trattandosi di rapporto non ancora definito alla data della sua entrata in vigore.

4. Il motivo non è fondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 03/06/2015 n. 11484), cui occorre dare continuità, che ha chiarito, sulla base di condivisibile motivazione cui ci si riporta, che in tema di azione giudiziale per le prestazioni d’invalidità civile, la decadenza introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3, convertito con la L. 24 novembre 2003, n. 326, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dal D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23, comma 2, convertito con la L. 27 febbraio 2004, n. 47, si applica solo ai provvedimenti amministrativi comunicati a decorrere dal 1° gennaio 2005 e, pertanto, non nell’ipotesi in cui il ricorso amministrativo (avverso un provvedimento amministrativo di rigetto) sia stato proposto prima del 31 dicembre 2004, dovendosi in tal caso applicare la previgente disciplina di cui al D.P.R. 24 settembre 1994, n. 698.

5. A fondamento del ricorso incidentale, L.A. deduce la nullità della sentenza gravata e del procedimento per aver omesso la Corte d’appello di pronunciare sulla domanda tesa ad ottenere la rivalutazione monetaria sui ratei maturati sino all’entrata in vigore della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6.

6. Il ricorso incidentale è fondato.

La L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 6, ha introdotto il divieto di cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria per le prestazioni corrisposte dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, prevedendo che “l’importo dovuto a titolo di interesse è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito”.

Per il periodo precedente, tale divieto non opera, in virtù dell’applicabilità anche ai crediti previdenziali e assistenziali della regola del cumulo della rivalutazione monetaria con gli interessi legali stabilita dall’art. 429 c.p.c., comma 3, sancita dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 156 del 1991 e n. 196 del 1993.

Per i ratei maturati anteriormente all’entrata in vigore della suddetta legge, quindi, e con decorrenza dalla data di verificazione delle condizioni di legale responsabilità dell’ente debitore, spettano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale rivalutato, con scadenza periodica dal momento dell’inadempimento fino a quello del soddisfacimento del credito (Cass. 16/10/2013 n. 23532, Cass. S.U. 29/1/2001 n. 38). Nè rileva se vi sia stata o meno un’esplicita domanda dell’avente diritto, poichè gli accessori vanno liquidati d’ufficio dal giudice (v. per i crediti di lavoro Cass. Sez. U, 07/07/2010 n. 16036 e, per quelli previdenziali, Cass. 15/07/2009 n. 16484).

4. In definitiva, il ricorso incidentale dev’essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa del merito, dovendosi riconoscere per i ratei della prestazione riconosciuta maturati sino al 30.12.1991 (data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 412 del 1991 quale individuata dal relativo art. 32), sia la rivalutazione monetaria che gli interessi legali sull’importo capitale dei ratei rivalutato, con la decorrenza indicata dalla Corte di merito.

5. Le spese processuali in favore del controricorrente e ricorrente incidentale seguono la soccombenza dell’Inps e vengono liquidate come da dispositivo. Resta confermata la liquidazione delle spese operata dalla Corte d’appello con riferimento ai giudizi di merito. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese nei confronti del Ministero dell’economia e delle Finanze, rimasto intimato.

PQM

Accoglie il ricorso incidentale, rigetta il principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, in relazione ai ratei maturati sino al 30.12.1991, condanna l’Inps a corrispondere la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale rivalutato. Conferma nel resto la sentenza gravata. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente e ricorrente incidentale, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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