Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6093 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 12/03/2010), n.6093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1799/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/11/2005 R.G.N. 1148/05;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. DI NUBILA Vincenzo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 21.11.2003, P.C. conveniva dinanzi al Tribunale di Torino l’INPS ed esponeva di essere titolare di pensione di inabilità a sensi della L. n. 222 del 1984, art. 2; aveva inoltre ottenuto l’assegno di accompagnamento ex art. 5 della stessa legge. Nel marzo 2000 l’erogazione dell’assegno di accompagnamento era stata sospesa e dal marzo 2001 l’INPS aveva iniziato ad effettuare una trattenuta sulla pensione di inabilità;

ciò era dovuto al fatto, comunicato peraltro verbalmente, che nel 1999 era stata riconosciuta all’attore l’invalidità civile totale con diritto all’indennità di accompagnamento a sensi della L. n. 118 del 1971. Poichè l’importo dell’indennità di accompagnamento era superiore a quello dell’assegno di accompagnamento L. n. 222 del 1984, ex art. 5 quest’ultimo gli era stato revocato con la decorrenza originaria. Previa costituzione dell’INPS, il quale sosteneva la correttezza del proprio operato, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attrice, dichiarando irripetibile la prestazione già fruita e condannando l’INPS alla restituzione delle somme trattenute.

2. Proponeva appello l’INPS. Resisteva il P.. La Corte di Appello di Torino confermava la sentenza di primo grado. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– la revoca dell’assegno di accompagnamento di cui al citato L. n. 222 del 1984, art. 5 è legittima, perchè (art. 5, comma 1, lett. c) il ricorrente fruisce di analoga prestazione erogata da altre forme di previdenza obbligatorie e di assistenza sociale;

– l’indebito deve peraltro essere qualificato di tipo “previdenziale”, perchè l’assegno di accompagnamento è strettamente correlato alla pensione di inabilità, che è prestazione pensionistica;

la ripetibilità di tale indebito deve essere esclusa a sensi della L. n. 448 del 2001, art. 38 in quanto l’attore non ha superato nel 2000 il limite di reddito di Euro 8263,31;

la tesi dell’INPS, secondo la quale l’assegno di accompagnamento ha natura assistenziale, non è da condividere, perchè l’assegno di accompagnamento costituisce un’integrazione del trattamento pensionistico;

– che la prestazione non sia reversibile non costituisce ostacolo alla suddetta qualificazione.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione l’INPS deducendo un motivo.

P.C. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 222 del 1984, art. 5, della L. n. 18 del 1980, art. 1, e della L. n. 448 del 2001, art. 38 nonchè vizio di motivazione: la Corte di Appello ha erroneamente qualificato come “pensionistico” l’assegno di accompagnamento di cui all’art. 5 sopra citato, sulla base di un unico elemento, vale a dire la correlazione con la pensione di inabilità ripetuta L. n. 222 del 1984, ex art. 2. Ma tale assegno ha una sua disciplina autonoma, viene concesso dopo e distintamente dalla pensione di inabilità, la sua misura è fissa e presuppone un preciso requisito sanitario, è alternativo all’assistenza personale prestata da istituti di cura o di assistenza. La domanda per conseguire l’assegno in questione è autonoma; l’assegno non è reversibile. In definitiva, trattasi di prestazione assistenziale e comunque non pensionistica, con conseguente inapplicabilità del regime dell’irripetibilità applicato dalla Corte di Appello.

5. Il ricorso è infondato. Si premette che sulla specifica questione dibattuta nel presente processo non risultano precedenti identici di questa Corte di Cassazione e la giurisprudenza citata nel ricorso fa riferimento ad altre problematiche più o meno affini.

Esaminando le sentenze di questa Corte, non massimate, le quali presentano qualche punto di contatto con la presente fattispecie, si rileva che la sentenza n. 7358.2005 si occupa della ripetibilità del trattamento pensionistico di inabilità e dell’assegno di accompagnamento corrisposti dal Ministero dell’Interno, ripetibilità che conferma alla luce della L. n. 88 del 1989, art. 52 affermando la non vigenza di un principio generale di irripetibilità delle prestazioni assistenziali. Anche la sentenza n. 20992.2004 conferma l’esistenza di limiti alla ripetibilità dell’indebito previdenziale, che non sussistono per l’indebito assistenziale. La sentenza n. 12406.2003, inerente ad indennità di accompagnamento erogata dalla Prefettura, prende atto che manca una disciplina di carattere generale derogatoria dell’art. 2033 c.c. in relazione ad una fattispecie in cui gli enti erogatori sono diversi: INPS e Ministero dell’Interno. La sentenza n. 4094.2009, occupandosi di un caso in cui erano stati erogati sia l’assegno per assistenza personale continuativa a carico dell’INAIL e indennità di accompagnamento riconosciuta dalla Prefettura, ha dichiarato l’irripetibilità delle somme percepite.

6. Nella presente fattispecie, devesi ritenere che, una volta riconosciuta la non cumulabilità fra assegno di accompagnamento L. n. 222 del 1984, art. 5 e indennità di accompagnamento a sensi della L. n. 118 del 1971 (questione sulla quale non vi è stata impugnazione) occorre accertare se il primo beneficio (assegno) costituisca una prestazione pensionistica, soggetta a ripetizione di indebito a determinate condizioni (puntualmente escluse dalla sentenza di appello) ovvero prestazione assistenziale.

7. La risposta è nel senso che trattasi di prestazione pensionistica a carattere previdenziale. La L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 7 dispone che nei confronti dei soggetti i quali hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia non si fa luogo a recupero dell’indebito a determinate condizioni. L’assegno di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 5 denominato assegno di accompagnamento, costituisce una integrazione della pensione di inabilità ovvero quota pensionistica che va ad integrare tale pensione; presuppone la qualità di lavoratore del percipiente ed un pregresso rapporto assicurativo contro l’invalidità. E’ erogata dall’INPS. La circostanza che l’assegno non sia reversibile non appare dirimente, in quanto il requisito della reversibilità non è essenziale ai fini della qualificazione.

8. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Non avendo la controparte svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso; nulla per le spese del processo di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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