Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6090 del 12/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 12/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 12/03/2010), n.6090
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.V.U., elettivamente domiciliato in Roma, Via
Rossini n. 18, presso lo studio dell’Avv. Olanda Luigi, rappresentato
e difeso dall’Avv. Li Gotti Ignazio per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
F.C., elettivamente domiciliata presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. Borruto
Fortunato del foro di Reggio Calabria per procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 373/05 della Corte di Appello di
Reggio Calabria del 17.06.2005 – 25.06.2 005 nella causa iscritta al
n. 1346 del R.G. anno 2002;
Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del
20.01.2010 dal Cons. Dott. DE RENZIS Alessandro;
udito l’Avv. MORRICO Enzo per il ricorrente;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FINOCCHI
GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità o, in
subordine, per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 1346 del 2002, escusssi i testi ammessi, così statuiva:
a) il rapporto di lavoro “a tempo pieno”, intercorso tra F. C., assunta come commessa, e l’esercizio commerciale “(OMISSIS)”- gestito da S.V.U. – era iniziato il 10.08 1988 e si era protratto fino al febbraio 1990;
b) la durata giornaliera di tale specifico rapporto si era protratto dal mattino al pomeriggio (otto ore);
c) nello stesso periodo la retribuzione indicata nelle buste – paga, pur sottoscritte dalla F., non corrispondeva alle somme dalla stessa effettivamente percepite;
d) il risarcimento del danno derivante dall’omissione contributiva poteva essere liquidato solo in forma generica, non essendosi verificato alcun danno da perdita del trattamento pensionistico;
e) era nullo il ricorso introduttivo nella parte relativa alla mancata specificazione dei danni derivanti dalle dimissioni della F..
Il Tribunale quindi condannava il S. al pagamento in favore della F. della somma di L. 22.070.638, oltre accessori, nonchè al risarcimento del danno da omesso versamento di contributi, da liquidarsi in separata sede.
Tale decisione, appellata in via principale dal S. ed in via incidentale dalla F., è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza n. 373 del 2005. La Corte territoriale ha ritenuto infondato l’appello principale, richiamandosi alle dichiarazioni rese dai testi escussi in primo grado, ed in particolare rilevando l’attendibilità dei testi Su. e L..
Con riguardo all’appello incidentale la Corte ha osservato che difettavano i presupposti della domanda della F. volta ad ottenere il risarcimento del danno per effetto delle dimissioni dalla stessa a suo tempo presentate.
Il S. ricorre per Cassazione con unico articolato motivo.
La F. resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso il S. deduce violazione degli artt. 116 e 249 c.p.c., nonchè vizio di motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
Il ricorrente si è limitato a censurare il giudizio espresso dal giudice di appello eccependo:
a) l’inattendibilità delle testimonianze rese dinanzi al giudice di primo grado con riguardo allo svolgimento, alla durata del rapporto di lavoro tra la F. e il S. e al profilo retributivo, anche alla luce delle dichiarazioni, trascritte solo parzialmente e non nella loro interezza, della teste C. ed afferenti le modalità del pagamento (in contanti e non a mezzo di assegni) della retribuzione corrisposta alla stessa F.;
b) la carenza di valore probatorio della testimonianza de relato resa dalla teste Su. sulla circostanza della retribuzione percepita dalla F. ed inferiore a quella indicata in busta paga;
c) l’inutilizzabilità della testimonianza resa dalla teste L., che, nella qualità di commercialista del S., non era obbligato a rendere testimonianza, per essere legato al segreto professionale.
Le esposte doglianze sono prive di pregio e vanno disattese. Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).
La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle dichiarazioni dei testi, ritenendo pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese dal L., e ricostruendo – sulla base di tali risultanze- il rapporto intercorso tra la F. e il S. nel modo in precedenza evidenziato.
Il ricorrente da parte sua si è limitato a sottoporre all’esame di questa Corte una diversa valutazione delle risultanze delle prove testimoniali rispetto a quella del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimità.
3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 10,00 oltre Euro 2000,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010