Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 609 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 12/01/2011), n.609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17731-2007 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrenti –

contro

GALAKTOS SRL in liquidazione, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

267, presso lo studio dell’avvocato CARNEVALI RICCARDO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 110/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 27/03/06, depositata l’08/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato Riccardo Carnevali, difensore della controricorrente

che si riporta agli scritti con condanna alle spese;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, nella quale il contribuente resiste con controricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“In controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di rettifica ai fini IVA, la CTR di Napoli rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate, considerando erroneo il valore dell’accertamento condotto dall’Ufficio su base induttiva fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, confermando la sentenza di primo grado della CTP di Napoli favorevole al contribuente.

Ricorre il Ministero dell’Economia e delle Finanze con un unico motivo, il contribuente resiste con controricorso.

L’Agenzia delle Entrate con l’unico motivo di ricorso lamenta la violazione di legge ex. art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e art. 2729 c.c..

Tale censura è chiaramente inammissibile nella parte in cui si riferisce alle imposte sul reddito e a rilievi che non hanno formato oggetto della presente controversia (omessa dichiarazione, mancata risposta al questionario), nella restante parte la censura si rivela manifestamente infondata in quanto la CTR ha fatto buon governo dei consolidati principi espressi da questa s.c. secondo cui:

– in materia di accertamento IVA l’infedeltà dei dati indicati nella dichiarazione, che può essere indirettamente desunta, sulla base di presunzioni semplici purchè gravi, precise e concordanti (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2) non può essere inferita dalla sola circostanza costituita dal fatto che la percentuale di ricarico applicata sul costo della merce venduta sia notevolmente inferiore a quella media,riscontrabile nel settore specifico di attività di aziende similari in quanto “le medie del settore” non integrano un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello “ignoto”, costituente l’oggetto del “thema probandum”, ma il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati che fissa una regola di esperienza, in base alla quale poter ritenere statisticamente meno frequenti i casi che si allontanano dai valori medi, rispetto a quelli che si avvicinano; il richiamo a tale regola di esperienza non comporta neppure un’inversione dell’onere della prova, addossando al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni specifiche della divergenza dei propri dati da quelli medi, perchè nelle fattispecie normative previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 l’infedeltà della dichiarazione costituisce la premessa stessa del sorgere del potere di accertamento induttivo (Cass. n. 641/06);

– nell’accertamento tributario (nella specie in tema di rettifica della dichiarazione IVA) fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, la scelta tra il criterio della media aritmetica semplice e della media ponderale dipende, rispettivamente, dalla natura omogenea o disomogenea degli articoli e dei ricarichi;

– circostanze la cui valutazione costituisce apprezzamento di merito, incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge – assumendo il criterio della media aritmetica semplice valenza indiziaria, al fine di ricostruire i margini di guadagno realizzato sulle vendite effettuate a “nero”, quando il contribuente non provi, ovvero non risulti in punto di fatto, che l’attività sottoposta ad accertamento ha ad oggetto prodotti con notevole differenza di valore e che quelli maggiormente venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio. In mancanza di tali presupposti, è legittima la presunzione che la percentuale di ricarico applicata sulla merce venduta in evasione di imposta è uguale a quella applicata sulla merce commercializzata ufficialmente, a meno che il contribuente non provi di aver venduto prezzi inferiori le merci non documentate. (Cass. n. 26312/09; n. 10148/2010)”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, tenuto conto altresì che non è stato adeguatamente contestato l’accertamento in fatto, contenuto nella sentenza impugnata, circa l’improprio riferimento ai valori dei prodotti ricavati dalla media dei prezzi presi in considerazione.

Pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 3.000 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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