Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6089 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2022, (ud. 02/02/2022, dep. 24/02/2022), n.6089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2865-2014 proposto da:

M.S. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

S.M.;

G.G.G.;

G.F.;

G.S.;

elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

TULLIO ELEFANTE, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale estesa a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

riunito al ricorso 18419-2015 proposto da:

M.S. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

S.M.;

G.G.G.;

G.F.;

G.S.;

elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

TULLIO ELEFANTE, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale estesa a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso le sentenze nn. 200/39/2013 e 411/17/2015 della COMMISSIONE

TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositate il 12.6.2013 e

16.1.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA

DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

i contribuenti indicati in epigrafe propongono ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 200/39/2013, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 275/7/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli in accoglimento del ricorso proposto avverso avvisi di accertamento IRPEF, IVA, IRAP, oltre accessori e sanzioni, per l’anno di imposta 2006, emessi nei confronti della società, in rettifica del reddito dichiarato per l’annualità in questione, e nei confronti dei singoli soci, in rettifica dei relativi redditi di partecipazione;

l’Agenzia delle entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione;

a seguito dell’istaurazione del suddetto giudizio innanzi a questa Corte i medesimi contribuenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 411/17/2015, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva dichiarato inammissibile la richiesta di revocazione della sentenza n. 200/39/2013 della medesima Commissione Tributaria Regionale;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. va preliminarmente disposta la riunione dei due giudizi;

1.2. i ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno, infatti, riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione, che deve, pertanto, essere esaminato con precedenza (cfr. Cass. nn. 16435/2016, 6878/2009);

2.1. con riguardo al suddetto ricorso, va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di sospensione/estinzione depositata dai ricorrenti S.M. e G.G.G., F. e S. poiché il giudizio di revocazione è estraneo all’applicazione della normativa sulla definizione agevolata delle liti fiscali (cfr. Cass. n. 13306/2016; id. 272/2014; id. 13080/2012);

2.2. il ricorso tra S.M., G.G.G., G.S. e l’Agenzia delle entrate va tuttavia dichiarato inammissibile per difetto di interesse avendo l’Ufficio finanziario, con memoria da ultimo depositata, chiesto pronunciarsi la cessazione della materia del contendere per intervenuta definizione agevolata della controversia inerente gli atti impositivi, oggetto della sentenza per la quale era stata avanzata istanza di revocazione;

2.3. con riguardo al giudizio tra la società contribuente, G.F. e l’Agenzia delle entrate si osserva che con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente affermato che fosse stato espletato, tra le parti, il contraddittorio endoprocedimentale, in realtà mai attivato dall’Ufficio prima dell’accertamento impugnato;

2.4. la censura va disattesa;

2.5. l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste, invero, in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, ovvero l’errore di fatto idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4 deve essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa (cfr. Cass. nn. 23173/2016, 6038/2016, 3935/2009);

2.6. nel caso di specie, gli avvisi di accertamento impugnati, come emerge dalla sentenza impugnata, avevano origine dal rilievo, da parte dell’Ufficio finanziario, di “gravi incongruenze tra il giro d’affari contabilizzato e quello desumibile dalle condizioni di esercizio dell’attività, attesa in particolare l’irrisorietà della percentuale di ricarico”;

2.7. tale circostanza di fatto non è stata contestata dalla società contribuente;

2.8. va al riguardo rilevato che la L. n. 146 del 1998, art. 10 nel testo applicabile, prevede che “gli accertamenti basati sugli studi di settore… sono effettuati… qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi (comma 1)… Nelle ipotesi di cui al comma 1 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire… (comma 3 bis)”;

2.9. pertanto, solo nel caso in cui l’accertamento sia basato sullo studio di settore l’instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente è un obbligo dell’Amministrazione finanziaria;

2.10. poiché non è previsto in via generale nel sistema fiscale l’instaurazione del contraddittorio preventivo prima dell’invio dell’accertamento, deve ritenersi che trattasi di eccezione, che non può trovare applicazione fuori dai casi previsti (cfr. Cass., S.U., n. 24823/2015);

2.11. questa Corte (cfr. ord. n. 31814/2019) ha quindi rimarcato che solo nel caso in cui l’accertamento sia basato sullo studio di settore l’instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente è un obbligo dell’Amministrazione finanziaria;

2.12. la scelta terminologica operata dal legislatore assume una rilevanza non trascurabile, anche perché la norma introduce un’eccezione, non essendo previsto, in generale, che l’invio dell’avviso di accertamento tributario debba essere preceduto dall’instaurazione del contraddittorio con il contribuente;

2.13. il dato che l’accertamento sia “basato” sullo studio di settore non esclude che esso possa trovare anche altre giustificazioni come, ad esempio, riscontrate irregolarità contabili o la ritenuta antieconomicità della gestione aziendale;

2.14. un accertamento tributario può dirsi basato su uno studio di settore, però, sol quando trovi in esso il suo fondamento prevalente, e tanto non si verifica quando, ad esempio, mediante l’utilizzo degli studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità di impresa che abbiano indotto l’Ente accertatore ad approfondire l’analisi, riscoprendo altri, e prevalenti, indici rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata, raccogliendo l’Amministrazione finanziaria elementi gravi, precisi e concordanti, alfine posti a fondamento dell’accertamento tributario (cfr. Cass. n. 15344/2019);

2.15. nella specie, l’accertamento non risulta, dunque, in ogni caso, fondato in via prevalente sugli studi di settore essendo stato condotto ampiamente sulla scorta di verifiche relative all’antieconomicità della gestione operata dalla contribuente società, e tanto emerge, come dianzi illustrato, dalla stessa ricostruzione contenuta nella sentenza impugnata, riportata e non contestata nel ricorso per cassazione, ove emerge con evidenza che l’Amministrazione finanziaria non abbia proceduto ad un accertamento fondato solo sugli studi di settore, ma ad un accertamento tributario di natura analitico induttiva, fondato sulle riscontrate incongruenze contabili e sull’antieconomicità della gestione aziendale, avvalendosi degli studi di settore al solo fine di quantificare i maggiori ricavi di cui la società aveva omesso la dichiarazione, e che, pertanto, la tesi secondo cui l’accertamento è stato condotto anche sulla base di comportamenti antieconomici della contribuente è coerente con lo svolgimento dei fatti (“l’Amministrazione finanziaria…(ha)… proceduto correttamente a rideterminare il reddito d’impresa con gli impugnati avvisi di accertamento, in quanto ha fondato la sua pretesa non sul mero scostamento dei dati dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore ma la ha suffragata con elementi ulteriori ed indizi idonei a dimostrare l’inattendibilità della documentazione contabile della S.M. dopo aver preso in esame, nella motivazione dell’accertamento, le giustificazioni del contribuente, al fine di pervenire ad accertamento personalizzato”);

2.16. l’accertamento, quindi, faceva leva su dati economici incongrui ed in contrasto con le leggi economiche, e quindi non era necessario il contraddittorio preventivo;

2.17. al riguardo, va poi precisato, quanto alla ripresa relativa all’IVA, che, in applicazione del diritto unionale, la violazione dell’obbligo del contraddittorio procedimentale comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere (c.d. prova di resistenza) (Cass., S.U., n. 24823/15, cit.), ma nella specie ciò non risulta essere mai avvenuto;

2.18. sul punto, infatti, si rileva la mancanza di qualsiasi riferimento alla c.d. prova di resistenza non essendo state neppure prospettate le ragioni che la società contribuente ed il socio avrebbero potuto far valere e che sarebbero state precluse a causa della mancata attivazione del contraddittorio;

2.19. ne consegue che, non sussistendo nel caso in esame l’obbligatorio espletamento del contraddittorio preventivo, il lamentato errore di fatto da parte della Commissione Tributaria Regionale riguardo l’intervenuta instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale non è decisivo in ordine all’applicazione del menzionato principio di diritto;

3. la rilevata insussistenza del dedotto vizio revocatorio lascia fermo il provvedimento, determina (cfr. Cass. nn. 5076/2008, 20917/2007, 7469/2007, SU n. 21639/2004) l’inammissibilità della proposta revocazione e, di conseguenza, impedisce l’esame delle rimanenti censure (inerenti alla lamentata violazione delle norme di diritto in materia di obbligatorietà del contraddittorio preventivo) poste dalla ricorrente atteso che le stesse deducono, inammissibilmente, pretesi vizi del procedimento conclusosi con il provvedimento revocando e tendono, comunque, ad infirmare il merito dello stesso;

4.1. a seguire, relativamente al ricorso avente ad oggetto la sentenza d’appello, S.M., G.G.G., G.S., soci persone fisiche indicate in epigrafe, hanno proposto istanza, con allegata documentazione, di sospensione del giudizio per adesione alla definizione agevolata D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6;

4.2. nel giudizio non è stata presentata alcuna nuova istanza di trattazione;

4.3. l’Avvocatura dello Stato ha inoltre dato atto, con la memoria depositata nel giudizio dianzi esaminato, del pagamento dell’importo previsto ai fini del perfezionamento della definizione agevolata, con conseguente estinzione del giudizio tra le suddette parti e compensazione delle spese di lite tra le suddette partì;

4.4. occorre inoltre evidenziare che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14858 del 2016; Cass. n. 28007 del 2017; Cass. n. 7134 del 2014), in tema di accertamento delle imposte sui redditi, riferito a società di persone, la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili opera qualora sussista un valido accertamento a carico della società in ordine a ricavi non contabilizzati, e tale ultimo accertamento, come nel caso in esame, costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci di utili eventualmente da essi percepiti;

4.5. in tale contesto, qualora, come nella specie in esame, i singoli soci di una società di persone abbiano chiesto di avvalersi della definizione agevolata prevista dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6 l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e quello conseguenziale emesso nei confronti dei soci mantengono la propria autonomia, e, con riferimento all’autonomo avviso di accertamento emesso nei confronti della società, non è consentito invocare la sussistenza del presupposto, costituito dalla richiesta di definizione agevolazione della lite fatta dal singolo socio, atteso che, nonostante il modello unitario di rettifica, la pretesa tributaria si esplica nella specie con una duplicità di avvisi, diretti a soggetti diversi (società e soci) e per imposte differenti (IRES ed IRPEF), sicché la definizione agevolata ottenuta dalla società di persone o dai singoli soci non estende automaticamente i suoi effetti nei confronti, rispettivamente, dei singoli soci e della società, riguardo ai quali l’ufficio conserva il potere di procedere ad accertamento, come nella specie risulta essere avvenuto con riguardo agli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e del socio G.F.;

5.1. con riguardo, dunque, al giudizio tra la società, il socio G.F. e l’Agenzia delle entrate, con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione della L. n. 146 del 1998, art. 10 avendo la Commissione Tributaria Regionale erroneamente omesso di rilevare la nullità dell’atto impositivo impugnato per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo essendo stato emesso l’avviso di accertamento nei confronti della società, da cui erano derivate le rettifiche dei redditi di partecipazione dei soci, sulla differenza tra il reddito dichiarato e quello determinabile sulla base degli studi di settore;

5.2. con il secondo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2 e si lamenta che il solo scostamento tra reddito dichiarato e medie di settore non giustificasse l’accertamento, atteso che gli studi di settore concretavano unicamente una regola di esperienza tratta da una estrapolazione statistica di più dati, di per sé non comportante presunzione semplice.

5.3. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate, in primo luogo, sulla scorta di quanto dianzi illustrato circa l’insussistenza, nel caso in esame, dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente;

5.4. nel caso di specie, inoltre, l’accertamento è stato condotto, come si è detto, oltre che sulla base degli studi di settore, anche sulla scorta di verifiche relative all’antieconomicità della gestione operata dalla contribuente società, in merito alle quali i ricorrenti non hanno formulato specifiche contestazioni;

6. in conclusione, va respinto il ricorso, recante n. R.G. 2865/2014, proposto da G.F., M.S. S.a.S. in liquidazione nei confronti dell’Agenzia delle entrate;

7. con riguardo al giudizio n. 2865/2014 non vi è luogo a luogo a provvedere sulle spese di lite, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva;

8,3 le spese di lite relative al giudizio n. RG 18419/2015 tra la società contribuente, G.F. e l’Agenzia delle entrate, seguono, invece, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce l’giudizi n. R.G. 2865/2014 e n. R.G. 18419/2015; dichiara inammissibile il ricorso di cui al giudizio n. R.G. 18419/2015 tra M.S. S.a.S. in liquidazione, G.F. e l’Agenzia delle entrate; dichiara inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso di cui al giudizio n. 18419/2015 tra S.M., G.G.G., G.S. e l’Agenzia delle entrate; dichiara estinto il giudizio n. 2865/2014 tra S.M., G.G.G., G.S. e l’Agenzia delle entrate con compensazione delle spese di lite; rigetta il ricorso recante n. R.G. 2865/2014 tra G.F., M.S. S.a.S. in liquidazione e l’Agenzia delle entrate; condanna G.F., M.S. S.a.S. in liquidazione, in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità nr R.G. 18419/2015 che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti G.F. e S.M. in liquidazione S.a.S. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi iscritti ai n. RG. 2865/2014 e 18419/2015 a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 2 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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