Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6087 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 04/03/2021), n.6087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 788-2020 proposto da:

S.L.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FABRIZIO IPPOLITO D’AVINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 10376/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 28/11/2019 R.G.N. 2272/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Venezia, con decreto n. 10376 pubblicato il 28.11.2019, ha respinto il ricorso proposto da S.L.I., cittadino della (OMISSIS), di etnia edo, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte territoriale ha precisato che:

a) il richiedente – fuggito a seguito di minacce ricevute da uno stregone al quale lo stesso si era rivolto per salvare la vita del figlio malato – non risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano, essendosi limitato a rilasciare dichiarazioni generiche, ricche di incongruenze e contraddizioni, nè sono state riferite minacce specificamente rivolte alla famiglia rimasta in (OMISSIS);

b) neppure sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria, visto che la vicenda riferita configura un pericolo del tutto ipotetico, con connotazioni prettamente personali, sfornita di elementi in grado di inquadrare l’evento da un punto di vista politico, in un paese che, seppur connotato da alcuni focolai di instabilità e di violenza, non vede una situazione violenza indiscriminata nell'(OMISSIS);

c) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perchè non sono state allegate nè provate circostanze di particolare vulnerabilità (non potendosi ritenere sufficiente la documentazione medica relativa alla figlia minore che vive con la madre) nè di rischi specifici collegati al rimpatrio;

3. il ricorrente domanda la cassazione del suddetto decreto per due motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con i due motivi si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il diniego della protezione umanitaria, avendo, la Corte territoriale, trascurató di approfondire, alla luce di tutta la documentazione prodotta, la situazione di vulnerabilità del ricorrente;

2. i motivi sono, in parte, inammissibili, in quanto le doglianze proposte dal ricorrente costituiscono una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone sufficiente spiegazione, neppure adeguatamente censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 novellato, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014);

3. l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 5/03/2014, n. 5133);

4. non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439);

5. per la parte residua i motivi sono infondati, essendo, il provvedimento impugnato, conforme all’orientamento di questa Corte che ha affermato come non sia sufficiente l’allegazione di un’esistenza migliore nel paese di accoglienza, sotto il profilo del radicamento affettivo, sociale e/o lavorativo, ma sia necessaria una valutazione comparativa che consenta, in concreto, di verificare che cì si è allontanati da una condizione di vulnerabilità effettiva, sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili; solo all’interno di questa puntuale indagine comparativa può ed anzi deve essere valutata, come fattore di rilievo concorrente, l’effettività dell’inserimento sociale e lavorativo e/o la significatività dei legami personali e familiari in base alla loro durata nel tempo e stabilità;

6. l’accertamento della situazione oggettiva del Paese d’origine e della condizione soggettiva del richiedente in quel contesto, alla luce delle peculiarità della sua vicenda personale costituiscono il punto di partenza ineludibile dell’accertamento da compiere ai fini della valutazione della protezione umanitaria (Dott. Cass. S. U. nn. 29459 e 29460 del 2019);

7. il ricorso va, pertanto, rigettato; alla refezione del ricorso, non consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis; si precisa che, posto il rigetto dell’impugnazione, questa Corte deve attestare l’obbligo del ricorrente, trattandosi di atto ricognitivo che prescinde dal provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio (Cass. Sez. U. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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