Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6086 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 12/03/2010), n.6086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA G. VERDI, 10, presso lo studio dell’avvocato TURCO Chiara,

(c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.B. O M., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA ANTONIO MANCINI 4/B, presso lo studio dell’avvocato FASANO

GIOVANNANTONIO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4729/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/10/2005 r.g.n. 8526/02;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. LA TERZA Maura;

udito l’Avvocato FASANO RAFFAELA per delega FASANO GIOVANNANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata dell’13 ottobre 2005 la Corte d’appello di Roma, accoglieva la domanda proposta da L. B.M. nei confronti del Istituto Poligrafico, sul diritto alla inclusione dei compensi percepiti per lavoro straordinario nella base di calcolo sia dell’indennita’ di anzianita’ e del TFR, sia delle mensilita’ aggiuntive e delle ferie, e condannava l’Istituto Poligrafico al pagamento della somma di Euro 3.729,58.

La Corte territoriale negava che il diritto al ricalcolo del TFR si fosse prescritto e rigettava altresi’ la eccezione di compensazione proposta dal Poligrafico in relazione all’accordo aziendale del 1974, in cui, era stato erogato un miglioramento retributivo pari a 60 minuti della retribuzione dell’operaio litografo di (OMISSIS) livello, precisandosi che detto compenso era “assorbibile in caso di vertenze comunque proposte dal personale dipendente che possano ricollegarvisi” sul rilievo tra l’altro, che la normativa sul TFR. non era derogabile dalla contrattazione collettiva, cui era consentito solo di fissare una base di calcolo diversa da quella prefigurata dalla legge. Ne merito la Corte affermava che il compenso per lavoro straordinario, reso come nella specie con periodicita’ ed abitualita’, deve essere computato nella indennita’ di anzianita’ maturata fino a 31 maggio 1982 e nel TFR, nonche’ nelle mensilita’ aggiuntive e nella retribuzione feriale, a nulla rilevando la nuova formulazione dell’art. 21 del CCNL del 1992.

Avverso detta sentenza propone ricorso l’Istituto Poligrafico, con quattro motivi, mentre resiste con controricorso la lavoratrice.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo e’ dedotta carenza di motivazione e violazione della L. n. 297 del 1982, dell’art. 2120 c.c. e degli artt. 2934 e 2935 c.c., in quanto il giudice di appello ha rigettato l’eccezione di prescrizione del diritto ai computo dello straordinario ai fini della quantificazione degli istituti di fine rapporto. In costanza di rapporto di lavoro, invece, si prescriverebbe non il diritto all’esigibilita’ del t.f.r., ma (nel sistema normativo introdotto dalla L. n. 297 del 1982) il diritto di vedere computate le voci di calcolo indicate che, anno per armo, debbono essere inserite nella base di calcolo.

Il motivo e’ infondato, in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito che la scadenza delle annualita’ idonee al calcolo delle quote di accantonamento degli istituti di fine rapporto e la ricezione delle comunicazioni datoriali in punto di accantonamenti utili sono inidonee ad eliminare la situazione di incertezza circa la quantificazione dell’importo spettante, che – continuando a sussistere – legittima il lavoratore a richiedere l’accertamento giudiziale del diritto. Perche’ possa decorrere il termine di prescrizione e’ necessario che il diritto sia incontroverso e, dato che la maturazione del t.f.r. non e’ istantanea, non e’ dato identificare un unico momento destinato a costituire il dies a quo della prescrizione dell’azione di accertamento. Ne consegue che la relazione ravvisatale fra azione di mero accertamento del diritto ed azione diretta alla sua concreta attuazione opera in senso esattamente inverso a quello preteso da parte ricorrente, perche’, mentre la mancata sperimentazione della prima, non soggetta a termini di prescrizione, risulta del tutto irrilevante ai fini della persistente sperimentabilita’ della seconda, e’ la possibile prescrizione di questa che puo’ precludere l’azione di mero accertamento, per difetto di interesse, in quanto, una volta estinto il diritto, con conseguente impossibilita’ di realizzazione pratica del suo contenuto, viene meno, di norma, ogni utilita’ dell’accertamento della sua mera esistenza, cosi’ difettando il ricordato presupposto dell’invocazione dell’officium judicis (cfr.

Cass. 9.4.03 n. 9575 e da ultimo, proprio in relazione a fattispecie analoga Cass. n. 2781 del 06/02/2008).

Con il secondo motivo e’ dedotta carenza di motivazione a proposito della reiezione della domanda riconvenzionale (o eccezione di compensazione) e violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. nonche’ dell’art. 2120 c.c. testo vigente.

La clausola n. 3 dell’accordo, fissato lo scopo di “conseguire una ristrutturazione dell’orario di lavoro per l’eliminazione dei tempi morti, per il pieno impiego dei mezzi d’opera, per l’eliminazione delle prestazioni straordinarie continuative e per l’incremento produttivo…”, prevede l’erogazione di vari miglioramenti retributivi, per il primo dei quali (“lett. a – importo pari a 60 minuti primi della retribuzione dell’operaio litografo di (OMISSIS) ctg….”) e’ precisato che “il compenso in parola e’ assorbibile in caso di vertenze comunque proposte dal personale che possano ricollegarvisi”.

Secondo parte ricorrente la menzionata clausola di assorbibilita’ avrebbe dovuto dar luogo alla non computabilita’ dei compensi per lavoro straordinario negli istituti per cui e’ causa o, quantomeno, in caso di diversa conclusione circa la computabilita’, avrebbe dovuto far nascere il diritto alla restituzione degli importi corrisposti alla controparte in esecuzione del contratto aziendale.

Sotto un primo profilo, e’ contestata l’affermazione che la clausola di assorbibilita’ prevista dall’accordo del 1974 sia riferibile solo ai compensi previsti per aumento della produttivita’ e non anche a quelli conseguenti all’effettuazione dello straordinario, in quanto porta all’illogica conclusione che il datore avrebbe corrisposto l’aumento senza nessuna contropartita sul piano della prestazione, a fronte di una semplice disponibilita’ ad aumentare la produttivita’.

I giudice di merito avrebbe dovuto, invece, valutare l’accordo nella sua interezza, tenendo conto che il suo obiettivo era anche quello di evitare che in futuro potessero nascere controversie in punto di inclusione ne calcolo dell’i.d.a. e del t.f.r. dello straordinario.

Si contesta quindi l’interpretazione data dal giudice di merito all’accordo sindacale del 1974.

La censura e’ inammissibile sia sotto il profilo dell’erronea interpretazione, in quanto non specifica quali sarebbero i canoni di ermeneutica negoziale che il giudice di merito avrebbe violato, sia sotto il profilo della carenza di motivazione in quanto non sono indicati vizi logici o difetti di indagine in cui sarebbe incorso il secondo giudice.

E’ altresi’ infondata al riguardo la censura in punto di violazione della normativa di legge in materia di trattamento di fine rapporto contenuta nella L. n. 297 del 1982. Deve rilevarsi che ai fini del calcolo del t.f.r. i criteri di quantificazione della retribuzione annua fissati dall’art. 2120 c.c., nuovo testo, possono essere derogati solo dalla normativa collettiva intervenuta successivamente all’entrata in vigore della norma di legge e che tale deroga non puo’ essere effettuata mediante il richiamo a norme pattizie previgenti.

Tali norme sono, infatti, nulle in quanto la disciplina fissata dalla L. n. 297 e’ di carattere legislativo, di modo che la loro nullita’ prescinde dalla difformita’ o conformita’ rispetto alla nuova disciplina legislativa. La reviviscenza di dette clausole contrattuali nulle puo’ derivare solo da una “manifestazione di volonta’ delle parti contraenti che evidenzi una previsione diversa, rispetto a quella legale, circa il criterio specifico per l’individuazione della base di computo del trattamento di fine rapporto” (Cass. 24.6.95 n. 7185).

Tale reviviscenza non e’ qui prospettata per l’accordo aziendale del 1974, atteso che parte ricorrente, pur facendo riferimento ad una generica rinegoziazione, nulla ha dedotto circa uno specifico intervento successivo in tema di calcolo del t.f.r.. (nello stesso senso Cass. 2614/2008).

Con il terzo motivo ci si duole del rigetto della eccezione e domanda subordinata circa la limitazione del ricalcolo del t.f.r. al novembre 1992, atteso che in base al C.C.N.L. del 1992 e’ da escludersi la computabilita’ dello straordinario, per volonta’ delle parti espressa in sede di esercizio di autonomia collettiva consentita dall’art. 2120 c.c.. Infatti l’aggiunta nella clausola contrattuale (art. 21, “nomenclatura”) del 1992 e del 1996 delle parole “nell’orario normale”, rispetto all’identica formulazione della clausola del C.C.N.L. del 1989, che tali parole non conteneva, manifesterebbe l’intento dei contraenti di escludere l’incidenza di quanto percepito fuori dall’orario normale nel calcolo del t.f.r..

Con il quarto mezzo e’ contestato l’accoglimento della pretesa di ricalcolo degli istituti collaterali (tredicesima, quattordicesima e ferie) in quanto i Giudici di merito non avrebbero considerato che, per consolidata giurisprudenza, il compenso per lavoro straordinario, anche se fisso e continuativo, non entra a far parte della retribuzione ordinaria posta a base degli istituti retributivi indiretti, salva la diversa volonta’ delle parti contraenti.

Questi ultimi due motivi sono fondati, come gia’ deciso dalle sentenze di questa Corte n. 2781/2008 e 2614/2008.

Deve rilevarsi che in ragione della disciplina fissata, ai fini del calcolo del t.f.r. dall’art. 2120 c.c. (“Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto e’ corrisposto a titolo di rimborso spese”, comma 2), alle parti contrattuali in sede di esercizio dell’autonomia negoziale collettiva e’ riconosciuta la facolta’ di stabilire eccezioni alla regola generale della onnicomprensivita’ della retribuzione annua da prendere in considerazione (“tutte le somme… corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale…”). La norma collettiva deve essere, tuttavia, formulata in termini chiari ed univoci, atteso che “anche le relazioni sindacali, come i rapporti negoziali, devono ispirarsi a buona fede”, per cui, atteso che la deroga al criterio dell’onnicomprensivita’ rappresenta un condizionamento del diritto del lavoratore che cessa dal rapporto di lavoro, “questa limitazione non puo’ essere introdotta in modo indiretto e quasi l surrettizio, ma richiede… che la deroga sia dichiarata espressamente o sia comunque desumibile in modo chiaro ed univoco” (v. Cass. 18.9.07 n. 19350, in motivazione).

Sul punto manca, tuttavia, una valutazione della norma collettiva in punto di univocita’ e chiarezza, che tenga conto della disciplina contrattuale nella sua completezza, non solo, quindi, dell’art. 21 del C.C.N.L. 1992, ma anche dell’art. 34, comma 3, che disciplina il trattamento di fine rapporto e reca la testuale espressione “per quanto non previsto dal presente articolo si fa riferimento alle norme della L. 29 maggio 1982, n. 297”. A tanto dovra’ provvedere il giudice di rinvio.

E’ fondato anche il quarto motivo attinente il computo dei compensi percepiti per straordinario ai fini della determinazione degli istituti collaterali presi in considerazione (tredicesima e quattordicesima mensilita’ e retribuzione delle ferie).

La sentenza impugnata ritiene che l’incidenza dello straordinario continuativamente prestato su tali istituti derivi dall’art. 21 del C.C.N.L. del 1989 il quale darebbe della retribuzione una nozione onnicomprensiva, senza che nello stesso contratto esistano altri parametri che consentano di scorporare da tale nozione alcuno degli elementi retributivi percepiti. Ad analoga conclusione giunge a proposito del successivo C.C.N.L. del 1992, ove la diversa formulazione della nozione data dall’art. 21 (“retribuzione e’ quanto complessivamente percepito dal lavoratore per la sua prestazione lavorativa nell’orario normale”) viene interpretata nel senso che retribuzione sarebbe quanto percepito non solo per l’orario contrattuale, ma anche per lo straordinario fisso e continuativo (che come tale entrerebbe a far parte nello “orario normale”). Tale ricostruzione e’ del tutto carente, in quanto manca l’esame delle disposizioni dedicate agli istituti retributivi in parola dai due contratti collettivi in esame, nonche’ dal regolamento del personale, che dedica specifiche norme alle modalita’ di determinazione della tredicesima e quattordicesima mensilita’ e ne fissa il computo in maniera fissa ed invariabile. Tale difetto di indagine comporta la violazione del canone ermeneutico della valutazione complessiva delle clausole contrattuali (art. 1363 c.c.), che la giurisprudenza di questa Corte ritiene di particolare rilievo nell’interpretazione dei contratti collettivi (Cass. 5.6.04 n. 10721 ed altre conformi).

In conclusione, debbono essere rigettati il primo e il secondo motivo di ricorso, mentre vanno accolti il terzo e il quarto.

Di conseguenza l’impugnata sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice indicato in dispositivo perche’ proceda a nuovo esame circa i punti sopra indicati e provveda anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

LA CORTE Accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

 

 

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