Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6086 del 09/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 09/03/2017, (ud. 19/04/2016, dep.09/03/2017),  n. 6086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19679-2013 proposto da:

ROVIGO NUNZIO DISTRIBUZIONE CARBURANTI P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO GAETA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

D.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 198/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/02/2013 r.g.n. 897/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. LEO GIUSEPPINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata in data 28/2/2013, riformava parzialmente la sentenza resa dal Tribunale di Paola il 7/5/2007 che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto da D.M. per ottenere la dichiarazione di inefficacia del licenziamento orale intimatogli da R.N. in data (OMISSIS) con condanna alla reintegra nel posto di lavoro oltre che al agamento della somma di Euro 1.996,97 a titolo di differenze retributive. La Corte condannava, pertanto il R. al pagamento della somma di Euro 8.386,04, di cui Euro 2.699,32 a titolo di TFR.

Per la cassazione della sentenza ricorre la ditta R.N. Distribuzione Carburanti articolando due motivi.

Il D. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ditta denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. E lamenta che la Corte di merito abbia omesso di esaminare una circostanza di rilevante importanza che, se valutata correttamente avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, poichè in merito alle differenze retributive eventualmente spettanti al datore di lavoro in relazione all’orario di lavoro, i giudici di secondo grado -inspiegabilmente asseriscono” che le ore lavorative prestate dal D. corrispondono in realtà a quelle effettivamente richieste dal medesimo, anche in considerazione del fatto che il datore di lavoro si limitava ad una contestazione generica al riguardo.

2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali, lamentando che la Corte di merito abbia violato la disposizione di cui all’art. 2697 c.c., nonchè le disposizioni che regolano il CCNL Settore Commercio e Terziario, poichè avrebbe erroneamente ritenuto raggiunta la prova circa il riconoscimento del diritto all’indennità di cassa in capo al lavoratore.

2.1 Il primo motivo è inammissibile.

Invero, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 28 febbraio 2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale indica in modo del tutto generico il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”.

E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico – giuridiche del tutto congrue in ordine al riconoscimento delle differenze retributive riconosciute al lavoratore a seguito di delibazione istruttoria ed in assenza di una specifica contestazione del datore di lavoro sul punto.

2.2 Neppure meritevole di accoglimento appaiono le censure formulate con il secondo mezzo di impugnazione.

Invero, attraverso la lamentata violazione di legge, con il descritto mezzo di impugnazione si chiede, in sostanza, alla Corte di legittimità di pronunziarsi in ordine alla valutazione degli elementi probatori, motivatamente vagliati e delibati dalla Corte di merito, anche alla stregua della giurisprudenza di legittimità, in modo del tutto coerente ed adeguato. E, come è noto, tale attività è istituzionalmente riservata al giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento. Pertanto, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di prove, ha l’onere di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle risultanze probatorie delle quali si denunzia il vizio (cfr., ex plurimis, Cass. n. 6023 del 2009). E, dunque, in carenza di tale specificazione, ed inoltre in mancanza di allegazione del CCNL – Settore Commercio e Terziario, il corretto iter motivazionale della Corte d’Appello non può ritenersi inciso.

Il ricorso, va pertanto respinto.

Nulla per le spese, poichè il D. non ha svolto attività difensiva.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ditta ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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