Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6082 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. II, 04/03/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 04/03/2020), n.6082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22131/2015 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato CARMELA SALVO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE PAVONE;

– ricorrente –

contro

T.R., rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO

PICCIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 300/2015 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– Il Tribunale di Messina, andando di contrario avviso al Giudice di pace, accolta l’impugnazione di T.R., rigettò l’opposizione al decreto emesso in favore di quest’ultimo, con il quale era stato ingiunto ad G.A. il pagamento della somma di Euro 2.500,00, quale compenso di mediazione;

– per quel che qui rileva occorre evidenziare che il Giudice di secondo grado escluse la vessatorietà della clausola con la quale la G. si era obbligata a corrispondere al mediatore “un compenso pari al 4% + IVA sul prezzo convenuto per la compravendita oppure Euro 2.500,00 + IVA nel caso di prezzo convenuto per la vendita pari o inferiore ad Euro 60.000,00”;

ritenuto che G.A. ricorre avverso la decisione della Corte perolitana sulla base di due motivi e che l’intimato resiste con controricorso;

ritenuto che con il primo motivo la ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione di una norma di diritto”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che il Tribunale aveva errato a non tener conto del fatto che la clausola in parola era stata predisposta unilateralmente su carta intestata del T. e che, ove il Giudice dell’appello non avesse ragionato in termini avulsi “dal contesto giuridico”, avrebbe dovuto cogliere che l’art. 1341 c.c., non consentiva spazi interpretativi che fossero elusivi della contestata vessatorietà della clausola;

ritenuto che con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, individuato nella “evidente sproporzionatezza del valore di una provvigione nascosta che sfugge alla determinazione dei compensi percentuali secondo gli usi commerciali”;

considerato che il primo motivo (a volerlo reputare scrutinabile nonostante non indichi nell’incipit alcuna specifica norma violata) appare manifestamente infondato, tenuto conto delle considerazioni che seguono:

– non è stato violato l’art. 34 del cod. del consumatore, poichè l’ipotesi non rientra fra quelle contemplate dall’art. 33 del predetto corpo normativo;

– all’evidenza, la valutazione della congruità del corrispettivo non attiene alla vessatorietà;

– la predisposizione a stampa non viola l’art. 1341 c.c., poichè non si versava in presenza di norme generali di contratto, non agevolmente conoscibili, trattandosi, invece, di una clausola facente parte del contratto, regolarmente sottoscritto;

che il secondo motivo è inammissibile: non consta alcuna omissione, in quanto, a tacer d’altro, il punto è stato esaminato dalla sentenza;

considerato che le spese del giudizio di legittimità del controricorrente, pertanto, debbono essere poste a carico della ricorrente nella misura, stimata congrua, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività svolte, di cui in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali in favore del resistente, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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