Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6080 del 09/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.09/03/2017), n. 6080
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 763-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA degli SCIALOJA
6, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO ORDINE che la
rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2149/27/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della PUGLIA- SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il
16/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CRUCITTI
ROBERTA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di G.A. di cartelle di pagamento relative ad irpef degli anni 2005, 2006 e 2007, l’Agenzia delle Entrate ricorre, con unico motivo, nei confronti della contribuente (che resiste con controricorso), avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, ne aveva dichiarato inammissibile l’appello avverso la decisione di primo grado siccome tardivo.
2. A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 327 c.p.c. e del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, per avere la Commissione di appello dichiarato l’appello inammissibile perchè tardivo, senza tenere conto della sospensione dei termini di cui alla norma citata sino al 30 giugno 2012. Rilevava, al proposito, la ricorrente che l’oggetto della lite era rappresentato dalla legittimità di una cartella di pagamento, portante le somme dovute in forza di tre distinti avvisi di accertamento, ciascuno di essi di importo inferiore ad Euro 20.000,00.
2. La censura è ammissibile, contrariamente a quanto dedotto in controricorso, in quanto specifica e tempestiva, attenendo a questione (tempestività dell’impugnazione) rilevabile di ufficio, ma è infondata.
La L. n. 289 del 2002, art. 16, al comma 3, così illustra cosa si intende per valore della lite:
“lett. c) per valore della lite, da assumere a base del calcolo per la definizione, l’importo dell’imposta che ha fermato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennitià di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; in caso di liti relative alla irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, delle stesse si tiene conto ai fini del valore della lite; il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso Inarcati”.
3. Ne consegue, sulla base della lettera della legge, che non possono scorporarsi i singoli importi portati dagli avvisi dì accertamento ma deve aversi riguardo, per la determinazione del valore della lite, al ricorso introduttivo, nella specie, proposto avverso cartella di importo, per le sole imposte, superiore ad Euro 20.000. (cfr. in termini Cass. 3 aprile 2006, n. 7082; Cass. 11 aprile 2011 n. 8168).
4. Il ricorso va, pertanto, rigettato con condanna della ricorrente alle spese liquidate come in dispositivo.
5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione in favore della controricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 3.000,00 per compensi, Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017