Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6078 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. II, 04/03/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 04/03/2020), n.6078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28543/2015 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

AMERICO CAPPONI, 16, presso lo studio dell’avvocato CARLO STACCIOLI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA RANIERI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA 19, presso lo

studio dell’avvocato RUGGERO STENDARDI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2642/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Detto

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Carlo Staccioli, difensore del ricorrente, che si è

riportato agli atti depositati;

udito l’Avvocato Ruggero Stendardi, difensore del resistente, che si

è riportato agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 28 aprile 2015, che ha rigettato l’appello proposto da M.F. avverso la sentenza del Tribunale di Roma 15217 del 2013, e nei confronti del Condominio (OMISSIS).

1.1. L’arch. M. aveva agito per il pagamento integrale dell’attività svolta in favore del Condominio, come da contratto 1 febbraio 2006; il Condominio aveva eccepito l’inadempimento del professionista; il Tribunale, dopo aver disposto CTU, aveva rigettato la domanda rilevando che non era provata la predisposizione del progetto nei termini contrattualmente previsti.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione di primo grado esplicitandone la ratio, che risiedeva non già nell’accoglimento dell’eccezione di inadempimento formulata dal Condominio – di cui l’appellante aveva contestato la tardività – e nella conseguente declaratoria di risoluzione del contratto, bensì nell’accertamento della congruità della somma versata al professionista rispetto all’attività effettivamente svolta. Ne seguiva, secondo la Corte territoriale, l’irrilevanza delle questioni relative alla valutazione dell’inadempimento, mentre erano infondate le censure riguardanti la determinazione del compenso dovuto, che il Tribunale aveva quantificato sulla base della CTU.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.F. articolato in sei motivi. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS). Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione degli artt. 1218,1460 c.c., artt. 112 e 167 c.p.c., sull’assunto che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, la ratio della decisione del Tribunale risiedesse nell’accertato inadempimento contrattuale del professionista, ciò che rendeva rilevante la questione della tardività dell’eccezione di inadempimento. La Corte territoriale era incorsa, pertanto, in omissione di pronuncia, oltre ad aver applicato erroneamente i principi in tema di inadempimento.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e si contesta che, in assenza della tempestiva eccezione da parte del Condominio, il giudice di primo grado non avrebbe potuto indagare specificamente sulle modalità di adempimento dell’obbligazione assunta contrattualmente dal professionista.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 1346,1362 c.c. e segg. e si contesta l’interpretazione del contratto, avuto riguardo in particolare al suo oggetto – che sarebbe consistito nella redazione del progetto di manutenzione delle coperture del fabbricato condominiale – ed allo scopo in concreto perseguito, cioè la riparazione del tetto.

4. Con il quarto motivo è denunciato omesso esame di fatti decisivi e si contesta l’affermazione della Corte d’appello secondo cui il Tribunale aveva recepito le conclusioni del CTU, mentre l’aveva in più punti disatteso.

5. Con il quinto motivo è denunciata violazione dell’art. 2233 c.c., della L. n. 143 del 1949 e delle tabelle (A e B) allegate e si contesta che l’attività professionale esauritasi entro il mese di giugno 2006 avrebbe dovuto essere compensata in base alle tariffe vigenti, come richiamate.

6. Con il sesto motivo è denunciato omesso esame del fatto decisivo costituito dalla Delib. Condominiale straordinaria 21 dicembre 2006, in epoca successiva alla notifica della citazione in giudizio, che aveva autorizzato l’amministratore a liquidare le competenze dell’arch. M., così riconoscendo il debito.

7. I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’evidente connessione, sono privi di fondamento.

7.1. Il vizio di omessa pronuncia deducibile in cassazione è configurabile quando la decisione del giudice di secondo grado non abbia esaminato e pronunciato su un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado (cfr. Cass. 04/06/2007, n. 12952; 27/01/2006, n. 1755).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha preso in esame la questione sottoposta con il primo motivo di appello (pag. 2 della sentenza) e l’ha ritenuta irrilevante, così pronunciando nel senso del rigetto del motivo. Non sussiste, pertanto, il vizio di omessa pronuncia.

7.2. Risulta priva di fondamento anche la doglianza relativa all’erronea applicazione dei principi in tema di inadempimento e del riparto dell’onere della prova.

La Corte d’appello ha ritenuto che la ratio della decisione di primo grado risiedesse nella congruità delle somme già corrisposte dal Condominio al professionista, accertata sulla base della ricognizione dell’oggetto del contratto e delle attività effettivamente svolte, quindi prescindendo dalla questione dell’adempimento.

L’affermazione è immune da censure in quanto coerente con il principio secondo il quale, a fronte della domanda di adempimento, la parte convenuta non è tenuta a conformarsi alla prospettazione attorea, e può difendersi prescindendo dalla questione dell’adempimento (cfr. Cass. Sez. U 30/10/2001, n. 13533), e di conseguenza neppure si pone una questione di erroneo riparto dell’onere della prova.

8. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto non indica l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte d’appello nell’attività di interpretazione del contratto di prestazione d’opera, limitandosi a denunciare il contrasto con le norme di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. (pag. 24 del ricorso), e si risolve nella sollecitazione di un nuovo esame del testo contrattuale non consentito al giudice di legittimità (ex plurimis, Cass. 22/02/2007, n. 4178; 03/09/2010, n. 19044; 10/02/2015, n. 2465).

9. Il quarto ed il sesto motivo di ricorso sono inammissibili.

Trova applicazione ratione temporis (l’appello è successivo al giorno 11 settembre 2012) la regola secondo cui la sentenza di appello fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado non è censurabile in cassazione con il mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La regola della non censurabilità della cosiddetta “doppia conforme” per vizio riconducibile all’art. 360, n. 5 citato discende dal combinato disposto dei commi quarto e quinto dell’art. 348-ter c.p.c.: il comma 5 estende (“fuori dei casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett. a”) alle sentenze d’appello che abbiano confermato la decisione di primo grado la regola dettata dal comma 4 per le ordinanze che dichiarano l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-ter, comma 1, che siano fondate “sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata” (ex plurimis, Cass. Sez. U. 21/09/2018, n. 22430; Cass. 29/10/2014, n. 23021).

10. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile per carenza di specificità.

10.1. La denuncia di erronea applicazione delle tariffe professionali è dedotta dal ricorrente attraverso il richiamo del motivo di appello con il quale si censurava l’operato del giudice di primo grado, che si sarebbe discostato senza motivazione dai pareri tecnici del CTU e del Consiglio dell’Ordine professionale in sede di opinamento della parcella.

La Corte d’appello ha rigettato il motivo affermando che il Tribunale aveva condiviso e recepito le conclusioni del CTU, e che “anche” la determinazione del compenso per l’attività effettivamente prestata e comunque fruibile dal Condominio era immune da censure (pag. 3 della sentenza).

Il giudice d’appello non ha trattato la questione della erronea applicazione della tariffa professionale e il ricorrente non ha dimostrato di averla prospettata, con la conseguenza che la questione risulta nuova e come tale inammissibile (ex plurimis, Cass. 15430 del 13/06/2018; 18/10/2013, n. 23675).

L’esame della questione sarebbe stato comunque precluso dalla mancata trascrizione della sentenza di primo grado oltre che della CTU, nella parte riguardante la determinazione del compenso professionale, tenuto conto che questa Corte non può accedere agli atti a fronte di denuncia di error in iudicando (cfr. Cass. 21/04/2016, n. 8069).

11. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposto. per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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