Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6071 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.09/03/2017),  n. 6071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26215/2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAISIELLO

26A/7, presso lo studio dell’avvocato BEATRICE AURELI, rappresentato

e difeso dall’avvocato ENRICO EDOARDO ANGELO CANEPA giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 5734/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 22/01/2015, depositata il 23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/12//2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con ordinanza n. 5734/15, depositata il 23 marzo 2015, questa Corte accolse il ricorso proposto dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del notaio M.A. per la riforma della sentenza della CTR della Liguria n. 46/08/13, depositata il 10 maggio 2013, che aveva rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la pronuncia di primo grado, la quale aveva accolto il ricorso del M. volto a conseguire l’annullamento dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, con riferimento a scrittura privata, autenticata dal notaio, di cessione di quote di partecipazione in una s.n.c., per la quale a fronte dell’imposta corrisposta in misura fissa in Euro 168,00, l’Ufficio aveva ritenuto che il relativo importo dovesse essere raddoppiato, contenendo l’atto due distinte cessioni di quote sociali.

Avverso la suddetta ordinanza di questa Corte il notaio M. ha proposto ricorso per revocazione, affidato formalmente a quattro motivi, completati da un paragrafo rubricato come “conclusioni”, al quale l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente, convergendo tutti a sostegno della tesi che nella fattispecie ricorra un errore di fatto revocatorio, risultante dai documenti, la cui verità è incontrastabilmente esclusa, suscettibile d’impugnazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4; errore che si sarebbe sostanziato nell’affermazione in virtù della quale la Corte rilevava che “nè emerge, per quanto irrilevante, l’indissolubilità soggettivamente impressa, ad esempio mediante la pattuizione di un unico prezzo”, affermazione che il ricorrente censura come destituita di fondamento, perchè il contratto prevedeva al punto 2) un prezzo unico; ciò a corredo dell’argomentazione in diritto in precedenza svolta, tesa ad affermare nella fattispecie esaminata e decisa “l’ipotesi del collegamento negoziale tra più pattuizioni, ciascuna adeguatamente giustificata sotto il profilo causale”.

La tesi non può essere condivisa.

Per affermare la sussistenza di un errore di fatto revocatorio il ricorrente è costretto ad intervenire, in modo per così dire chirurgico, sulla parte della statuizione della ordinanza impugnata sopra trascritta, sostenendo che l’inciso “per quanto irrilevante” debba considerarsi tamquam non esset.

In realtà la disamina completa della succitata ordinanza chiarisce che l’intera decisione è esclusivamente motivata in diritto sull’affermazione che, benchè contenute in un unico atto, entrambe le cessioni abbiano una propria autonomia sotto il profilo causale, confutando, sempre in diritto, le avverse argomentazioni del notaio per concludere – ciò che resta sul piano di un mero obiter dictum – col menzionato rilievo che “nè emerge, per quanto irrilevante, l’indissolubilità soggettivamente impressa, ad esempio mediante la pattuizione di un unico prezzo”.

Donde, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, la perfetta conformità al convincimento espresso dalla decisione impugnata dell’inciso “per quanto irrilevante” riguardo all’eventuale sussistenza di una “indissolubilità soggettivamente impressa” mediante la pattuizione di un unico prezzo.

A ciò consegue che la decisione non possa essere considerata frutto di una svista, per non avere la Corte rilevato che il prezzo pattuito per la cessione delle quote di due soci era in realtà unico, elemento a cui attribuire, secondo il ricorrente, rilevanza decisiva per risolvere la questione, finendo piuttosto il ricorrente col dolersi di pretesi errori di giudizio concernenti il ricorso per cassazione esaminato dall’ordinanza della quale è stata chiesta la revocazione.

In conformità alla giurisprudenza di questa Corte in materia (cfr., tra le altre, Cass. sez. unite 30 ottobre 2008, n. 26022; Cass. sez. lav. 9 dicembre 2012, n. 27451), il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 800,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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