Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6068 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 12/03/2010), n.6068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso rgn. 16055/2005 proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in

carica, e dall’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in

persona del Direttore in carica, rappresentati e difesi

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale sono

domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

la signora M.S. (o S.A.), di seguito anche

“Contribuente”;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Genova 14 maggio 2004, n. 9/11/04, depositata il 9 luglio 2004;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio del

21 gennaio 2010 del Cons. Dr. Achille Meloncelli;

vista la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dr. MARTONE Antonio che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Considerato:

a) che il 9 giugno 2005 è notificato alla Contribuente un ricorso delle autorità tributarie per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello della Contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Genova n. 99/10/2003, che aveva respinto il ricorso del la Contribuente contro il silenzio rifiuto dell’Ufficio formatosi sulla sua domanda di rimborso dell’IRAP 1998-2001;

b) che la Contribuente, rappresentante di commercio, non si costituisce in giudizio;

c) che la sentenza impugnata afferma che “dalla lettura delle denunce dei redditi … si evince, in generale, che le spese per la produzione del reddito nono sono rilevanti rispetto al giro d’affari dichiarato (15% nel 1999, 14% nel 2000, 20% nel 2001, 26% nel 2002”, si aggiunge, poi, che per l’agente di commercio “l’autonomia organizzativa, intesa come piena libertà di organizzare il proprio lavoro quotidiano, generalmente è limitata dalle disposizioni del mandante che vincola il numero delle visite ed indica spesso anche la clientela da contattare giornalmente imponendo la compilazione del rapporto settimanale del lavoro svolto. Quindi è difficile sostenere, in questo caso, l’esistenza di una autonomia relativa all’attività esercitata; l’uso di beni strumentali denunciati dall’appellante, in effetti, può essere giudicato appropriato al reddito dichiarato e non determinante per stabilire la presenza di una attività autonomamente organizzata”;

d) che con l’unico motivo d’impugnazione, con il quale si denunciano la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 e dell’art. 115 c.p.c. e dei principi generali in materia di onere probatori e l’insufficiente e la contraddittoria motivazione, è inammissibile per irrilevanza, perchè formula una serie: di considerazioni in diritto astratte rispetto alla fattispecie concreta, oggetto della controversia e oggetto di un accertamento in fatto da parte del giudice d’appello, che non viene specificamente contestato sotto il profilo della logicità della motivazione e che è conforme ai principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di autonoma organizzazione, secondo i quali: 1) mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorchè svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, cosicchè per il lavoratore autonomo si deve accertare in fatto, caso per caso, ossia, non categorialmente, ma per ciascun caso di specie ultima, se si realizzi il presupposto dell’autonoma organizzazione (Corte costituzionale 10 maggio 2001, n. 156); 2) la Corte di cassazione ha, poi, precisato che “il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” (Corte di cassazione, Sezioni unite, 26 maggio 2009, n. 12108, e 26 maggio 2009, n. 12111; nello stesso senso già Corte di cassazione, Sezione civile 5, 16 febbraio 2007, n. 3673, n. 3676, n. 3677, n. 3678 e n. 3680); c) “non è … necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità” (Corte di cassazione 5 marzo 2007, n. 5011), cosicchè è irrilevante per l’IRAP che la prestazione professionale possa esser resa esclusivamente dal professionista, come accade per coloro che esercitano attività di lavoro autonomo in regime di professione protetta; d) l’utilizzazione di personale dipendente, anche nella misura minima di una persona, configura il presupposto dell’autonoma organizzazione (Corte di cassazione 16 febbraio 2007, n. 3673, n. 3674, n. 3675, n. 3676, n. 3677, n. 3678 e n. 3680; 26 maggio 2009, n. 12108 e n. 12111);

e) che, pertanto, il ricorso dev’essere rigettato;

f) che la mancata costituzione in giudizio dell’intimata esime dalla pronuncia sulle spese; relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

 

 

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