Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6068 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.09/03/2017),  n. 6068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25364/2015 proposto da:

E. C. DI F.C. & CO SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BLUMENSTIHL 55, presso lo studio dell’avvocato CATERINA BINDOCCI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO GAROFALO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE ISCHIA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 17,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VITOLO, che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore in carica,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2515/18/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 24/02/2015, depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 2515/18/15, depositata il 10 marzo 2015, non notificata, la CTR della Campania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società E. C. di F.C. & co. S.r.l. nei confronti dell’allora Agenzia del Territorio, Ufficio di Napoli, e del Comune d’Ischia, avverso la sentenza n. 889/29/13 della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, avverso avviso di accertamento ai fini ICI per l’anno d’imposta 2005.

Avverso la pronuncia della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, al quale la contribuente ha fatto seguire, in via subordinata, istanza di rimessione in termini.

L’Agenzia delle Entrate ed il Comune d’Ischia resistono con controricorso.

La società, a seguito della notifica del decreto di fissazione dell’adunanza non partecipata in Camera di consiglio su relativa proposta del relatore, ha ulteriormente illustrato le proprie difese con memoria.

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia cumulativamente violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 175 del 2014, (omettendo, peraltro, l’indicazione del parametro normativo di riferimento in relazione all’art. 360 c.p.c.), lamentando che erroneamente la CTR ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso l’impugnata sentenza, notificato a mezzo del servizio postale, per non avere la ricorrente depositato presso la segreteria della CTP di Napoli la copia dell’appello medesimo, avuto riguardo al fatto che al tempo della decisione impugnata era già entrato in vigore il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 36, che aveva abrogato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo periodo, che prevedeva, a pena d’inammissibilità dell’appello, il suddetto obbligo, rimasto inadempiuto, donde, in difetto di disciplina transitoria, la norma che ne aveva disposto l’abrogazione doveva ritenersi immediatamente applicabile ai processi in corso, precludendo la possibilità di definire con pronuncia in rito i gravami in oggetto.

Il motivo è manifestamente infondato.

Se è certamente vero che la norma di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, è norma processuale e che il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 36, in vigore dal 13 dicembre 2014, si limita a stabilire che “E’ soppresso del D.Lg. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo”, senza dettare alcuna disciplina transitoria, il principio processuale del tempus regit actum va correttamente inteso nel senso che gli atti perfezionatisi prima dell’entrata in vigore di una novella in materia processuale, ancorchè applicabile al processo in corso, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite disposizioni di segno contrario, restino regolati, anche negli effetti, dalla norma sotto il cui imperio sono stati posti in essere (cfr. Cass. sez. 5, 21 dicembre 2011, n. 27971, che, in relazione alla novella processuale proprio del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 comma 2, ad opera del D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, comma 7, convertito, con modificazioni, in L. n. 248 del 2005, in relazione a ricorso in appello proposto anteriormente all’entrata in vigore della citata norma, anch’essa priva di disposizione transitoria, ne aveva escluso l’applicabilità ad atto perfezionatosi prima della sua entrata in vigore; cfr. anche Cass. sez. 5, 24 febbraio 2015, n. 3633; Cass. sez. 5, 12 giugno 2015, n. 12275).

Nel caso di specie il ricorso in appello è stato notificato, non a mezzo di ufficiale giudiziario, con atto spedito a mezzo del servizio postale il 12 giugno 2014, allorchè era ancora in vigore del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo periodo, che prevedeva, nel caso in cui il ricorso non fosse notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, che l’appellante dovesse “a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata”.

Gli effetti dell’atto, perfezionatosi nel vigore della norma succitata, restano pertanto dalla stessa disciplinati, quantunque poi abrogata da successiva disposizione entrata in vigore nella pendenza del relativo giudizio.

Corretta è pertanto, in diritto, la decisione della CTR, che, rilevato il mancato adempimento da parte dell’appellante dell’onere previsto dalla citata norma, ha dichiarato inammissibile il gravame.

Va, inoltre, disattesa l’istanza proposta dalla ricorrente in via subordinata di rimessione in termini, non vertendosi neppure – a prescindere anche dalla insussistenza di causa non imputabile alla parte istante – in ipotesi di decadenza per decorso del termine perentorio previsto per la proposizione del gravame.

In maniera del tutto inconferente, infine, riguardo all’oggetto della presente controversia, si pone il principio del favor rei, richiamato in memoria dalla società ricorrente a sostegno del proprio assunto.

Il ricorso va dunque rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza nei confronti di ciascuna parte controricorrente e si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti, che liquida per l’Agenzia delle Entrate in Euro 2300,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito, e per il Comune d’Ischia in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 2300,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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