Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6061 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 04/03/2021), n.6061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12814-2019 proposto da:

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CASALGRASSO E SANT’ALBANO STURA

SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO MARCHETTI;

– ricorrente –

contro

B.M.M., O.P., elettivamente domiciliati

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR,

ROMA, rappresentati e difesi dall’Avvocato MARCELLO GORI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 357/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 22/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che, con sentenza del 21 dicembre 2016, il Tribunale di Torino ha revocato il decreto ingiuntivo, emesso su istanza della Banca di Credito Cooperativo di Casalgrasso e Sant’Albano Stura soc. coop. nei confronti dei signori B. e O., quali fideiussori della Living Architettura d’Interni s.r.l., per la somma di Euro 366.538,41, oltre accessori, espressamente definendo la sua pronuncia come “meramente processuale” ed escludendo di poter provvedere, in assenza di domanda, anche al rigetto della pretesa della banca;

– che con sentenza del 22 febbraio 2019 la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha anche respinto la domanda di pagamento proposta dalla banca;

– che avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione quest’ultima, sulla base di due motivi;

– che resistono con controricorso gli intimati;

– che i difensori della ricorrente hanno, nel termine per la memoria, comunicato la rinuncia al mandato.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi del ricorso possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte territoriale ritenuto, contrariamente al tribunale, che l’opposizione a decreto ingiuntivo incardinasse, di per sè, la domanda di accertamento negativo del credito e di rigetto della pretesa creditoria: quando, invece, controparte si era limitata ad eccezioni di natura processuale, ossia l’incompetenza territoriale, il difetto di procura, l’intervenuto fallimento della società debitrice principale e la mancata prova del credito, senza invece chiedere alcunchè con riguardo alla insussistenza del credito in questione;

2) violazione dell’art. 2697 c.c., perchè i fideiussori non avevano formulato eccezioni circa fatti estintivi, modificativi ed impeditivi della pretesa, non avendo contestato la sussistenza del credito in sè;

– che il giudice d’appello, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) è fondato il motivo di appello, con il quale i fideiussori hanno lamentato l’omesso rigetto della domanda di pagamento da parte del Tribunale, e ciò nonostante che, anche all’udienza ex art. 184 c.p.c., la banca avesse insistito circa l’idoneità della prodotta documentazione a fornire la prova del credito: posto che l’opposizione a decreto ingiuntivo di per sè ha incardinato una causa di cognizione, la quale deve concludersi – salvo eventuale pronuncia in rito, come non è quella di specie – non con la mera revoca del decreto, ma anche con il rigetto della domanda della parte ingiungente, la banca; b) nel merito, il Tribunale ha ritenuto carente la prova del credito, per avere la banca prodotto estratti conto in gran parte illeggibili e sul punto non vi è appello incidentale, onde tale profilo resta coperto dal giudicato; c) in definitiva, ha pronunciato il rigetto della domanda creditoria;

– che, ciò posto, il due motivi, concorrenti nell’assunto e dunque esaminabili congiuntamente, sono manifestamente infondati;

– che parte ricorrente, anzitutto, mostra di equivocare circa la nozione di “eccezione di natura processuale”, posto che tale non è l’allegato difetto di prova del credito, secondo la tesi dagli opponenti sostenuta nell’atto di citazione in opposizione, e riportata nello stesso primo motivo di ricorso;

– che, dunque, correttamente la corte del merito ha ritenuto introdotta, nella specie, una domanda di accertamento della non debenza del credito vantato, mediante la stessa opposizione a decreto ingiuntivo: l’opposizione ex art. 645 c.p.c., incardina, invero, un processo a cognizione ordinaria, avente il medesimo oggetto -l’esistenza ed entità del credito – già oggetto del procedimento monitorio;

– che questa Corte ha da tempo chiarito come l’opposizione a decreto ingiuntivo dia luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto (Cass. 4 marzo 2020, n. 6091);

– che l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti, sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso, sia dall’opponente per contestarla, e, a tal fine, non è necessario che la parte che ha chiesto l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all’opposizione e chieda conferma del decreto opposto (Cass. 28 maggio 2019, n. 14486);

– che la piena cognitio, caratterizzante il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, consente, dunque, anche la produzione di nuove prove integranti quelle prodotte in sede monitoria, poichè il giudice del merito non deve limitare la propria indagine al controllo circa la legittimità dell’ingiunzione con riferimento alle condizioni del relativo procedimento, ma procedere ad autonomo esame di tutti gli elementi forniti dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa e dall’opponente per contestare la pretesa stessa (Cass. 28 maggio 2019, n. 14473);

– che, in definitiva, va evidenziato il principio secondo cui, instaurandosi con l’opposizione a decreto ingiuntivo un ordinario giudizio di cognizione, il giudice, ove ritenga fondata l’opposizione, oltre a revocare il decreto provvede altresì, dopo aver operato l’autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti dalle parti e se ritenga la prova del credito insussistente, al rigetto della domanda proposta dal creditore;

– che ciò è quanto ha operato la sentenza impugnata, onde i motivi non colgono nel segno;

– che, infine, l’interpretazione della sentenza di primo grado, operata dalla corte del merito, non è invece censurata;

– che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 7.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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