Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 606 del 11/01/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 606 Anno 2013
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia

delle

Entrate

in

persona

del

legale

rappresentante, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi
12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege;

– ricorrente e controricorrente contro
Fallimento Gruppo Nadini

s.p.a.

in persona del

curatore, elettivamente domiciliato in Roma, via
Camozzi l, presso l’avv. Adriano Giuffrè, rappresentato
e difeso dall’avv. Fausta Brighenti giusta delega in
atti;

L719 2..
d-C) k

con troricorrente ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 11/01/2013

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n.
1710 del 20.10.2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22.11.2012 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Sergio Del Core, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di
quello incidentale.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 101 1.f. l’Agenzia delle Entrate di
Modena chiedeva di essere ammessa allo stato passivo
del fallimento Gruppo Nadini s.p.a. in liquidazione per
il complessivo importo di C 4.652.282,66 a titolo di
tributi IVA, IRPEG, ILOR e IRAP, interessi e sanzioni
riferiti agli anni 1996-1998, con i privilegi di legge.
Il fallimento si opponeva al riconoscimento del credito
per sanzioni, nonché alla richiesta collocazione
privilegiata, ed il Tribunale di Modena ammetteva in
via privilegiata il credito per IVA, IRPEG, ILOR ( E
2.192.037,28 ) e relativi interessi ( E 360.019 ),
mentre ammetteva in chirografo il credito IRAP ( C
48.531,97 e relativi interessi ( C 6.445,38 ), oltre a
quello derivante dalle spese di notifica ( C 5,16 ).

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Udito l’avv. Brighenti per il fallimento;

La sentenza, impugnata da entrambe le parti ( in via
principale dall’Agenzia delle Entrate e in via
incidentale dal fallimento ), veniva parzialmente
riformata dalla Corte di Appello di Bologna, che per
l’effetto ammetteva allo stato passivo del fallimento

di cui in privilegio quelle riferite al tributo IVA, e
quindi conclusivamente il credito di C 554.270,32 e di
C 165.056,01 in privilegio, nonché quello di C
1.325.907,54 in chirografo.
In particolare, per la parte di interesse, la Corte
territoriale

escludeva

che

al

credito

derivante

dall’imposta IRAP potesse essere riconosciuta la
collocazione privilegiata e riteneva che i principi di
personalità e colpevolezza dell’illecito tributario non
escludessero la corresponsabilità del soggetto passivo
rappresentato e pertanto, venendo al caso concreto,
quella del fallimento della società, cui sarebbe stata
riferibile l’infrazione tributaria per fatto imputabile
a suo rappresentante.
Infine,

quanto al preteso contrasto della detta

conclusione con un preesistente giudicato tributario,
l’assunto sarebbe stato privo di pregio, non risultando
la detta circostanza dalla documentazione prodotta.
Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva

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gli ulteriori importi richiesti a titolo di sanzioni,

ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui
resisteva il fallimento con controricorso contenente
ricorso incidentale articolato in quattro motivi, poi
ulteriormente illustrati da memoria, a sua volta
resistito con controricorso.
controversia

veniva

quindi

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 22.11.2012.
Motivi della decisione
Con i motivi di impugnazione l’Agenzia delle Entrate ha
rispettivamente denunciato: l ) violazione degli artt.
2752, commi l ° e 3 0 , 2749 c.c., 39, 2 ° comma DL 159/07,
in relazione all’asserita tardività del richiamo al 3 °
comma dell’art. 2752, intervenuta soltanto in comparsa
conclusionale, e ciò in quanto a detto richiamo sarebbe
stato fatto specifico riferimento fin dall’inizio del
giudizio, per effetto dell’originaria evocazione del l °
coma del citato articolo.
La natura erariale dell’IRAP, che già sarebbe stata
desumibile dal sistema normativo nel suo complesso,
sarebbe stata fra l’altro successivamente confermata
dal D.L. 07/159, che sul punto avrebbe avuto efficacia
retroattiva trattandosi di norma interpretativa, sicché
anche sotto quest’ultimo riflesso la censurata
statuizione sarebbe errata.
2)

contraddittorietà della motivazione laddove la

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La

Corte, dopo aver affermato l’insussistenza dell’onere
di una specifica indicazione della causa legittima di
prelazione, ha poi rilevato la tardività del richiamo
al terzo comma dell’art. 2752 c.c. quale fondamento
normativo del privilegio, in luogo dell’ipotesi di cui

Con i motivi di impugnazione il fallimento ha a sua
volta denunciato: l ) violazione dell’art. 11 D.Lgs. n.
472 del 1997, in ragione del fatto che la disposizione
richiamata prevederebbe a carico della società
un’obbligazione solidale di carattere civilistico nel
caso in cui l’autore della violazione avesse agito
nell’interesse della società, ipotesi non verificatasi
nel caso di specie. Per di più si sarebbe formato un
giudicato tributario che avrebbe escluso le sanzioni a
carico della società poi dichiarata fallita;
2 ) vizio di motivazione sul punto relativo al
giudicato tributario. La Corte di Appello ne aveva
affermato la mancata dimostrazione per omesso deposito
del fascicolo di parte; il detto fascicolo tuttavia
risulterebbe depositato in appello senza alcuna
annotazione in ordine ad un eventuale ritiro, e ciò
avrebbe dunque dovuto indurre il giudicante a disporre
le necessarie ricerche finalizzate al rinvenimento,
anzichè determinare una pronuncia di rigetto della

al primo coma originariamente considerata.

domanda per mancanza di prova sul fatto posto a base
della doglianza;
3 ) violazione degli artt. 2752, coma 2, c.c., Il
D.Lgs. n. 472 del 1997, in quanto il credito
dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del fallimento

quello di uguale importo vantato nei confronti
dell’autore della violazione ( che avrebbe carattere
sanzionatorio ), sicchè al primo non potrebbe essere
riconosciuta la collocazione privilegiata,
asseritamente riservata dall’art. 2752, comma 2, c.c.
alle sole sanzioni tributarie;
4 ) violazione dell’art. 2909 c.c., per la mancata
rilevazione

di

giudicato

(

sentenza

Commissione

tributaria Provinciale di Modena n. 159 del 22.10.2002
), che avrebbe cancellato le sanzioni tributarie
applicate alla società.
Prendendo dapprima in esame il ricorso principale, si
osserva che i due motivi di impugnazione devono essere
esaminati congiuntamente e sono fondati.
Ed infatti la Corte di Appello ha innanzitutto errato
nel rilevare la tardività della deduzione ( l’Agenzia
avrebbe dapprima evocato l’art. 2752, primo coma, per
poi richiamare in comparsa conclusionale il terzo comma
dello stesso articolo ), e ciò in quanto l’oggetto

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sarebbe di carattere civilistico ( contrariamente a

della

domanda

riguardava

l’accertamento

della

collocazione privilegiata del credito, sicchè il
richiamo al terzo o al primo comma dell’art. 2752 c.c.
costituisce un semplice dato argomentatívo, rispetto al
quale non è configurabile la dedotta tardività, essendo

concernente la corretta applicazione di una norma ( ”
jura novit curia ” ).
In ogni modo la Corte di Appello è comunque scesa nel
merito della controversia, ed ha negato la natura
privilegiata del credito sotto il profilo che l’imposta
IRAP in questione era stata introdotta a far tempo
dall’1.1.1998 con norma non interpretativa, in quanto
tale priva quindi di efficacia retroattiva .
Il rilievo non è condivisibile alla luce del principio
reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, secondo il quale il privilegio sui mobili per
quanto riguarda l’IRAP deve essere riconosciuto anche
per il periodo antecedente alla modifica dell’art.
2752, primo coma, c.c. per effetto dell’entrata in
vigore della l. 222 del 2007 ( C. 12/11417, C.
10/25242, C. 10/4861 ).
E’ viceversa infondato il ricorso incidentale, con il
quale il fallimento ha sostanzialmente prospettato due
questioni, rispettivamente individuabili: a ) nella

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fisiologicamente rimessa al giudice ogni questione

natura civilistica dell’obbligazione della società, che
escluderebbe il riconoscimento della collocazione
privilegiata essendo quest’ultima riservata al credito
derivante dall’irrogazione di sanzioni, e quindi
riferibile soltanto all’autore della violazione ( primo

giudicato che avrebbe deposto in senso contrario (
secondo e quarto motivo ).
Per quanto concerne il primo punto, occorre infatti
rilevare che la Corte di Appello ha dapprima
correttamente precisato che i principi di personalità e
colpevolezza dell’illecito tributario non escludono di
per

la

necessariamente

corresponsabilità
opera

della

attraverso

il

società,
suo

che
legale

rappresentante, ed ha quindi affermato, con l’espresso
testuale richiamo all’art. 11 d.lgs. 472/97, che l’ente
rappresentato nel cui interesse ha operato l’autore
della violazione è obbligato al pagamento di una somma
pari alla sanzione irrogata, ove la violazione sia
intervenuta nell’esercizio delle relative funzioni.
Al fine dunque di escludere la responsabilità della
società il fallimento avrebbe dovuto dedurre e dare
dimostrazione dell’insussistenza dei detti presupposti,
ipotesi non verificatasi nella specie ( e cioè che la
violazione non era intervenuta nell’esercizio delle

e

e terzo motivo ); b ) nella mancata rilevazione di un

relative funzioni ), sicche la censura risulta viziata
sul piano dell’autosufficienza e comunque infondata nel
merito.
In ordine al secondo aspetto, si rileva che la
questione relativa al giudicato tributario era stata

disattesa per mancanza di prova, e più precisamente per
il mancato deposito da parte del fallimento ” del
proprio fascicolo di primo grado “, oltre che per la
diversità della fattispecie cui si riferirebbe il detto
giudicato ( in tal senso deporrebbe infatti l’esame
degli atti difensivi ).
Orbene l’omessa rilevazione del giudicato ( di cui il
fallimento si è specificamente doluto con il quarto
motivo di impugnazione )è conseguente al mancato
apprezzamento della relativa documentazione, sicchè la
censura resta sostanzialmente assorbita da quella
prospettata con il secondo motivo, concernente il
mancato deposito del fascicolo di parte.
Su quest’ultimo aspetto è poi sufficiente considerare
che la Corte di Appello ha accertato che il fascicolo
in questione non era stato depositato, che un eventuale
errore sotto questo aspetto avrebbe dovuto essere
censurato sotto il profilo dell’errore di fatto
revocatorio, che comunque, anche a voler ipoteticamente

prospettata alla Corte territoriale, che però l’aveva

accedere alla tesi del fallimento, secondo la quale il
giudice a torto avrebbe omesso di compiere i necessari
accertamenti finalizzati al rinvenimento del fascicolo,
la doglianza appare in ogni modo priva di pregio, in
assenza delle necessarie indicazioni in ordine sia alle

ricerca che alle modalità della relativa deduzione.
In conclusione la sentenza impugnata va cassata in
relazione al profilo accolto e, con decisione ai sensi
dell’art. 384 c.p.c., va riconosciuta la collocazione
privilegiata al già ammesso credito IRAP.
Le spese processuali del giudizio di legittimità devono
essere infine poste a carico del fallimento
soccombente.
P.Q.M.
Accoglie

il

ricorso

principale,

rigetta

quello

incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione
al motivo accolto e, decidendo nel merito, ammette al
passivo del fallimento Gruppo Nadini s.p.a., con
collocazione privilegiata come richiesto dall’Agenzia
delle Entrate di Modena, il credito IRAP nel medesimo
importo già ammesso in via chirografaria. Condanna il
fallimento al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in C 3.000, di cui C 200 per
esborsi, oltre accessori.

lo

sollecitazioni rivolte al giudice per la relativa

Roma, 22.11.2012

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