Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6059 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 04/03/2020), n.6059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1050/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

– ricorrente –

contro

D.G., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Mangione

del Foro di Agrigento ed elettivamente domiciliato in Roma, Via

Anapo, n. 46, presso lo studio dell’avv. Settimio Corbo

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 134/24/11, pronunciata il 18.3.2011 e depositata il

15.11.2011

Udita la relazione svolta in Camera di Consiglio del 17.12.2019 dal

consigliere Dott. Giuseppe Saieva.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.G. impugnava con distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento gli avvisi di accertamento con cui a seguito di verifica effettuata dalla Guardia di Finanza aveva determinato maggiori ricavi realizzati negli anni 2000 e 2001 ed a recuperare a tassazione le relative maggiori imposte per IVA, IRPEF ed IRAP.

2. La Commissione tributaria adita accoglieva i ricorsi riuniti rilevando l’illegittimità della sottoscrizione degli atti impugnati.

3. Avverso tale decisione l’Ufficio finanziario proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che con sentenza n. 134/24/11, pronunciata il 18.3.2011 e depositata il 15.11.2011 confermava la sentenza impugnata ritenendo affetta da nullità insanabile la delega del capo ufficio dell’Agenzia delle Entrate e illegittima la sottoscrizione degli avvisi di accertamento.

4. Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, chiedendo l’annullamento della sentenza anzidetta.

5. La società contribuente resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale, affidato a due motivi.

6. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 17.12.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis-1 c.p.c.

7. Il controricorrente ha depositato una memoria nel termine di cui all’art. 378 c.p.c., insistendo nell’accoglimento delle proprie richieste.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia censura la sentenza impugnata per “violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, rilevando che, “seppure l’Amministrazione finanziaria deve fare menzione della delega nell’atto di accertamento, l’eventuale omissione di detta indicazione comporta un vizio meramente formale dell’atto, non così grave da inficiarne la validità”.

2. Con il secondo motivo deduce “Violazione di legge per erronea e falsa applicazione combinato disposto D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, rilevando che, “trattandosi di delega di firma e non di funzioni, l’atto in questione non comporta alcuno spostamento della competenza da un organo all’altro dell’Agenzia delle entrate, consentendo semplicemente al funzionario delegato di sottoscrivere l’avviso di accertamento”.

3. Entrambi i motivi, i quali per stretta connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.

3.1. Va innanzitutto disatteso in quanto privo di qualsiasi pregio l’assunto della C.T.R. palermitana secondo cui sarebbe nulla una delega di carattere generale e permanente, ritenendo addirittura necessaria una dichiarazione dell’amministrazione finanziaria di attestazione della validità temporale della delega al fine di escludere che quella utilizzata non sia stata nel frattempo revocata.

3.2. Invero, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, nel disciplinare gli aspetti formati e sostanziali del provvedimento amministrativo di accertamento, statuisce che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. L’ultimo comma della stessa disposizione espressamente prevede poi che “l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni e la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del comma 2”. La norma non richiede, tuttavia, che la delega venga esibita al contribuente, ma semplicemente ne esige l’esistenza, trattandosi di atto che ha rilevanza meramente interna che non incide sul merito dell’atto impositivo.

3.3. Come recentemente confermato da questa Corte in fattispecie analoghe (cfr. Cass. n. 29002/19; n. 11013/2019 e n. 8814/2019), non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, nè della sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire – come nel caso di specie – anche attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega (cfr. Cass. n. 13512/2011) e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa.

3.4. Va inoltre evidenziato che in tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’Ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, di cui non è richiesta, però, la qualifica dirigenziale in quanto l’espressione “impiegato della carriera direttiva”, contenuta nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, non equivale a “dirigente” ma richiede un quid minus, considerato che a seguito delle evoluzioni normative e contrattuali, succedutesi dal 1973 in poi, l'”impiegato della carriera direttiva” oggi corrisponde al “funzionario della terza area” (cfr. Cass. n. 29002/19; n. 22800/2015 e n. 959/2015).

3.5. E’ poi pacifico che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, è riferibile a una “delega pot di firma” e non può dunque applicarsi ad essa la disciplina dettata per la “delega di funzioni” cui si riferisce espressamente il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1 bis, il quale prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidate (cfr. Cass. n. 29002/19; n. 8814/2019, entrambe citate).

4. Deve inoltre dichiararsi inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato con cui il controricorrente deduce:

a) “Omessa pronuncia e omessa motivazione in relazione all’affermata illegittimità degli avvisi di accertamento per carenza ed erronea motivazione”;

b) “Omessa pronuncia e omessa motivazione in relazione alla affermata nullità degli avvisi di accertamento per infondatezza dei rilievi accertati”.

4.1. Invero, le questioni dedotte in appello dall’odierno controricorrente risultano implicitamente assorbite nella pronuncia di accoglimento del giudice del merito, riproponibili nel giudizio di rinvio e rispetto alle quali non ravvisabile soccombenza (sul punto cfr. ex multis Cass. n. 3796 del 15.2.2008 secondo cui “nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio”).

5. Il ricorso principale, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto enunciati, provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

5.1. All’inammissibilità del ricorso incidentale fa seguito ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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