Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6057 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 04/03/2021), n.6057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7067-2019 proposto da:

D.L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI BAULLARI

129, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CONDEMI, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANGELO DENTE;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 132/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che il Tribunale di Salerno con sentenza del 2 ottobre 2017 ha respinto la domanda di risarcimento del danno per Euro 1.368.610,78, proposta dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l., ai sensi della L. Fall., art. 38, nei confronti, per quanto ancora rileva, di D.L.M., già curatore fallimentare, in relazione alla allegata inerzia nell’esperire l’azione revocatoria di due compravendite, concluse dalla società in bonis;

– che, adita dalla procedura, la Corte d’appello di Salerno ha rilevato l’avvenuta rinuncia agli atti del giudizio da parte dell’appellante, in seguito al pagamento in suo favore, da parte della chiamata in causa Società Reale Mutua Assicurazioni s.p.a., di un indennizzo ritenuto satisfattivo, con liberazione dell’assicurato, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 2; mentre il D.L. non ha accettato la rinuncia stessa;

– che, afferma la corte, da ciò è derivato il venir meno di ogni conflitto tra le parti e del potere-dovere decisorio in capo al giudice, sebbene per titoli diversi: quanto alla compagnia assicuratrice, la transazione tra questa e la procedura, con rinuncia accettata agli atti, comporta l’estinzione del relativo rapporto processuale, ai sensi dell’art. 306 c.p.c., e la compensazione delle spese del doppio grado; quanto al D.L., ne è risultata, parimenti, la cessazione della materia del contendere, in ragione del venir meno di ogni contrasto sostanziale, avendo egli stesso chiesto solo la condanna alle spese del giudizio;

– che, quindi, la corte territoriale ha affermato non potersi prevedere affatto l’esito della lite, attesa la necessità dell’espletamento di una c.t.u., al fine di valutare l’effettiva differenza tra il valore degli assets fuoriusciti dalla massa attiva ed il corrispettivo incassato dalla società; pertanto, ha proceduto alla compensazione integrale delle spese di lite del doppio grado anche tra tali parti, attesa anche la complessità obiettiva, in punto di diritto, della controversia;

– che avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il soccombente, sulla base di tre motivi;

– che non svolge difese la procedura.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi del ricorso possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c., il quale impone il rimborso delle spese di lite alle altre parti, salvo diverso accordo, senza affatto necessità di utilizzare il criterio della cd. soccombenza virtuale, dovendosi invece semplicemente provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di appello;

2) violazione falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e art. 91 c.p.c., in quanto, ove pure si volesse applicare detto criterio, non sussisteva nessuna valida ragione per la compensazione delle spese di lite, essendo rimasto l’onere della prova in giudizio non assolto dalla controparte;

3) omesso esame di fatto decisivo e violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la corte territoriale, ai fini del giudizio sulla soccombenza virtuale, esaminato l’eccezione di novità della domanda proposta in appello, ove la responsabilità del curatore era stata dedotta non per l’omesso esercizio dell’azione revocatoria a seguito del pagamento con mezzi anomali, come in primo grado, ma per sproporzione tra i valori, dunque con mutamento della causa petendi;

– che, anzitutto, va rilevato come la sentenza impugnata abbia motivato la propria decisione di compensazione delle spese, argomentando nel senso che la causa fosse particolarmente complessa: quindi, il ricorso non coglie nel segno, non censurando la ratio decidendi;

– che, infatti, il primo motivo afferma non potersi liquidare le spese secondo il criterio della soccombenza virtuale, in caso di rinuncia agli atti del giudizio ex art. 306 c.p.c.: ma esso – prima ancora che infondato nell’assunto – è inammissibile, posto che la corte del merito, pur richiamando, in una massima ivi citata, il criterio della soccombenza virtuale, non ha poi provveduto ad accertarla davvero, operando invece una compensazione in ragione della complessità delle questioni di rito implicate;

– che il secondo motivo del pari è inammissibile, pretendendo di contestare l’operata compensazione, la quale era invece sindacabile in questa sede solo deducendo la violazione del principio di soccombenza (cfr. Cass. 4 agosto 2017, n. 19613, fra le tante), ma non ha pregio la pretesa di qualificare come soccombente necessariamente la procedura, sia in quanto in definitiva la lite si è conclusa con un rimborso in suo favore, sia perchè la corte d’appello, non essendo tenuta alla pedissequa applicazione dell’art. 306 c.p.c., u.c., relativo alla rinuncia agli atti del giudizio, ben poteva far luogo alla compensazione delle spese di lite; provvedimento che risulta adeguatamente motivato, rinviando la corte del merito alla vicenda processuale sviluppatasi;

– che il terzo motivo è manifestamente infondato, dal momento che non era qui questione del novum in appello con riguardo alla domanda revocatoria fallimentare, ma di domanda risarcitoria L. Fall., ex art. 38, la cui causa petendi non era mutata, permanendo invariato l’addebito di omesso esperimento dell’azione di recupero alla massa dei beni compravenduti; mentre in ogni caso resta adeguatamente motivata la compensazione, per la reputata indispensabilità di una c.t.u. sui beni;

– che non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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