Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6056 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 04/03/2020), n.6056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21842/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore

fallimentare Dott. F.C., rappresentato e difeso, per

procura speciale in atti, dall’Avv. Prof. Francesco P. Cordopatri,

con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via

Antonio Nibby, n. 18;

– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio-sezione staccata di Latina, n. 298/39/12,

depositata in data 28 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2019 dal consigliere Dott. Michele Cataldi.

Fatto

RILEVATO

che:

1. All’esito di una verifica fiscale nei confronti di una terza società, l’Agenzia delle Entrate ha effettuato indagini finanziarie nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e dei soci di quest’ultima.

Sulla base della ristretta base azionaria della predetta s.r.l., dei legami familiari tra le persone fisiche socie della stessa e dell’ingente movimentazione di denaro riscontrata sui conti di queste ultime, ed in assenza di ulteriori attività produttive di reddito, e comunque di congrui redditi dichiarati, imputabili ai medesimi soci, l’Ufficio ha attribuito alla (OMISSIS) s.r.l. le risultanze delle movimentazioni bancarie riscontrate nei conti intestati ai soci di quest’ultima.

Pertanto, l’Agenzia delle entrate ha emesso, nei confronti della curatela della (OMISSIS) s.r.l., nel frattempo fallita, avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2004, con il quale ha ricostruito gli imponibili ai fini Irpeg, Iva ed Irap, quantificando le imposte in conseguenza dovute, oltre agli interessi ed alle relative sanzioni.

2. La contribuente ha impugnato l’accertamento e l’adita Commissione tributaria provinciale di Latina lo ha accolto.

3.Proposto appello dall’Ufficio, l’adita Commissione tributaria regionale del Lazio-sezione staccata di Latina, con la sentenza n. 298/39/12, depositata in data 28 giugno 2012, lo ha respinto.

4.Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’Agenzia delle Entrate.

5.La contribuente si è costituita con controricorso ed ha, successivamente, depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Preliminarmente, al contrario di quanto eccepito dalla controricorrente, il ricorso è tempestivo, tenuto conto dell’applicabilità, ratione temporis:

– del termine lungo annuale di cui all’art. 327 c.p., con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza d’appello (28 giugno 2012);

– della sospensione feriale, sia dall’1 agosto al 15 settembre 2012 che dall’I agosto al 15 settembre 2013;

– della conseguente scadenza del termine, computato in applicazione dei predetti criteri legali, il giorno sabato 28 settembre 2013;

– della proroga legale, ex art. 155, comma 5, al lunedì 30 settembre 2013, giorno in cui l’Ufficio, come è incontestato e documentato, ha spedito per la notifica impugnazione per la quale si procede.

2.Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 7; artt. 39 e 40; e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, e art. 54; anche con riferimento all’art. 2697 c.c. e al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, per avere, erroneamente, il giudice a quo ritenuto che la ristretta base azionaria della società sottoposta all’accertamento; i legami familiari tra le persone fisiche socie di quest’ultima e la mancata giustificazione, da parte dei medesimi soci, delle ingenti movimentazioni riscontrate sui loro conti bancari, oggetto dell’indagine finanziaria relativa alla società contribuente, non potessero integrare la prova, anche presuntiva, della riferibilità alla s.r.l. delle operazioni effettuate sui conti dei suoi soci.

3.Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente, in via gradata, denuncia l’insufficiente motivazione di fatti controversi e decisivo per il giudizio (rappresentati dalla ristretta base azionaria, e familiare, della società; dalle ingenti movimentazioni di denaro, riscontrate sui conti di tre persone fisiche socie della s.r.l., non giustificate da diverse e congrue fonti di reddito) e, in via ulteriormente gradata, l’omesso esame di un fatto decisivo, già oggetto del giudizio, consistente nella circostanza che nè nella fase del contraddittorio amministrativo, nè in quella giudiziale, era stata fornita alcuna giustificazione in ordine alle predette movimentazioni bancarie.

3.1. I due motivi, che attingono, sotto profili diversi, il medesimo punto della controversia, sono strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente e sono fondati.

Infatti, questa Corte ha già avuto modo di chiarire, con particolare riferimento all’IVA, che “Sono consentite, previa autorizzazione degli organi a ciò deputati, le indagini bancarie da parte degli Uffici finanziari e della Guardia di finanza, ai fini dell’accertamento dei redditi di una società a responsabilità limitata sui conti correnti dei soci, incombendo sulla prima l’onere di dimostrare che non sono a sè riconducibili gli importi rinvenuti sugli stessi.” (Cass. 20/03/2019, n. 7758).

Appare utile, sul punto, riportare la motivazione del precedente di legittimità appena richiamato: ” (…) diverso è invece il caso (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6595 del 15/03/2013) in cui, in tema di accertamento IVA relativo a società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario utilizzi, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate tenuto conto della relazione di parentela tra quelli esistente idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonchè ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci;

– in questo secondo caso (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20668 del 01/10/2014) la qualità di socio in capo al soggetto sottoposto a indagini finanziarie ne riduce la lontananza dalla società alla quale partecipa, e pertanto consente all’Amministrazione di riferire al contribuente le movimentazioni, salva la prova contraria a suo carico, al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale:

– Conseguentemente, (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26829 del 18/12/2014) in tema di accertamento IVA relativo a società di capitali, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 7, (nel testo vigente “ratione temporis”), nel prevedere che gli Uffici finanziari e la Guardia di Finanza, previa autorizzazione degli organi a ciò deputati, possono richiedere copia dei conti intrattenuti con il contribuente, non pone alcuna limitazione all’attività di indagine, in quanto l’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati all’amministratore, ai soci o ai loro familiari, ben possono essere giustificati da elementi sintomatici anche presuntivi evidenziati dalla peculiare fattispecie (nella specie, la particolare ristrettezza della compagine sociale), incombendo in ogni caso sulla società contribuente la prova che le ingenti somme rinvenute sui conti dell’amministratore, o del di lui coniuge (e socio), non siano allo stesso riferibili (conformi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12276 del 12/06/2015; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1898 del 01/02/2016; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8112 del 22/04/2016);

– quanto poi al divieto di doppia presunzione, questa Corte ha chiarito (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15003 del 16/06/2017) che in tema di accertamenti fondati sulle risultanze delle indagini sui conti correnti bancari, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, l’onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non viola il principio “praesumptum de praesumpto non admittitur” (o il c.d. divieto di doppie presunzioni o divieto di presunzioni di secondo grado o a catena) sia perchè tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c., nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento, sia perchè, anche qualora lo si volesse considerare esistente, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicchè non ricorrerebbe nel caso di specie” (Cass. 2(1iO3/2(11 q, n. 775R, in mntivA7innP).

In conformità al recente arresto citato, ed all’orientamento di legittimità di cui alle ulteriori pronunce in esso richiamate, deve quindi ritenersi erronea, avuto riguardo ai rilievi di cui all’accertamento aventi ad oggetto l’Iva, l’affermazione del giudice a quo che, a priori, ha addossato all’Amministrazione l’onere di provare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati ai singoli soci, omettendo di considerare i dati, decisivi e dedotti dall’Ufficio, dei rapporti di contiguità tra società e singoli soci, derivanti dalla ristretta base “azionaria” e dai legami familiari tra soci persone fisiche, che invece rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale.

3.2. Per quanto puoi riguarda in particolare le imposte dirette, questa Corte (Cass. 20/03/2019, n. 7758 cit., in motivazione; Cass. 06/12/2011, n. 26173; Cass. 14/01/2015, n. 428; Cass. 16/06/2017, n. 15003, ex plurimis) ha ritenuto che la riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati a terzi ben possa essere fondata su elementi fattuali sintomatici (come il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili), idonei a dare prova, sia pure attraverso presunzioni semplici, della riconducibilità alla società contribuente delle operazioni solo apparentemente riferibili al terzo ad essa contiguo, salva comunque la prova contraria, il cui onere incombe in capo al contribuente.

Più in generale, questa Corte ha ritenuto che, in merito agli effetti, rispetto alla società contribuente verificata, dell’estensione ai soci delle indagini finanziarie, valga, anche ai fini dell’accertamento presuntivo delle imposte dirette, il medesimo principio affermato, in tema di Iva, secondo cui: ” In tema di accertamenti sui redditi di società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla società le operazioni ivi riscontrate, perchè la relazione di parentela tra i soci è idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione tra interessi personali e societari, identificandosi gli interessi economici in concreto perseguiti dalla società con quelli propri dei soci, salva la facoltà dell’ente di dimostrare l’estraneità delle singole operazioni alla comune attività d’impresa.” (Cass. 21/11/2018, n. 30098, anche in motivazione).

Deve, pertanto, ritenersi erronea, anche riguardo ai rilievi di cui all’accertamento aventi ad oggetto le imposte dirette, l’affermazione del giudice a quo che, a priori, ha addossato all’Amministrazione l’onere di provare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati ai singoli soci, omettendo di considerare i dati, decisivi e dedotti dall’Ufficio, dei rapporti di contiguità tra società e singoli soci, derivanti dalla ristretta base “azionaria” e dai legami familiari tra soci persone fisiche, che invece rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale.

4. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice d’appello, per i necessari accertamenti in fatto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio-sezione staccata di Latina, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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