Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6055 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 23/02/2022), n.6055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29080/2015 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via F.

Confalonieri n. 1, presso lo studio dell’avvocato Cipriani Carlo,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 08/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2022 dal cons. Dot. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – L’avvocato R.G. ricorre per tre mezzi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, contro il decreto del 4 dicembre 2015 con cui il Tribunale di Bari ha respinto il suo reclamo, spiegato ai sensi della L.Fall., art. 26, avverso la liquidazione del suo compenso, da parte del giudice delegato, per attività professionale di difesa della procedura in un procedimento di opposizione allo stato passivo, liquidazione effettuata in Euro 30.000,00, a fronte di una notula di Euro 64.510,30.

2. – Il Fallimento non svolge difese. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1 e art. 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed in merito al valore della controversia.

Il secondo mezzo denuncia violazione dell’art. 4, comma 1 stesso D.M. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed in merito alla valutazione dell’attività e delle sue caratteristiche.

Il terzo mezzo denuncia vizio di motivazione, nullità del provvedimento impugnato per violazione della L.Fall., art. 26, u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

I tre motivi, che per il loro evidente collegamento possono essere simultaneamente esaminati, sono inammissibili.

A fronte del reclamo spiegato dall’avvocato R., che aveva difeso la procedura in un’opposizione allo stato passivo del complessivo valore superiore ai 21 milioni di Euro, conclusasi vittoriosamente, il Tribunale barese lo ha respinto con la seguente motivazione: “rilevato che il D.M. n. 55 prevede per la liquidazione dei compensi per le controversie di valore superiore a 520.000 Euro (ossia gli scaglioni 1, 2, 4 e 8 milioni di Euro e per ogni raddoppio successivo di valore della controversia) un aumento “di regola” del 30%; ritenuto che tenendo conto dell’importanza dell’opera prestata, del valore della causa – complessivi Euro 21.909.411,58 -, della natura camerale del procedimento, del fatto che l’opposizione appariva complessa mentre di facile soluzione è stata la questione di inammissibilità dell’impugnazione, dell’esito del giudizio, appariva congruo liquidare all’avvocato odierno opponente l’onorario di Euro 30.000,00 così determinato: studio 12.000, introduttiva 8000,00, discussione orale 10.000,00; che alla luce di ciò la liquidazione operata appare corretta”.

Ciò detto, occorre rammentare che, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Cass. 13 settembre 2021, n. 19989; Cass. 7 gennaio 2021, n. 89; Cass. 10 maggio 2019, n. 12537).

Nel caso in esame il ricorso non deduce che il giudice di merito abbia violato il minimo tariffario, minimo che in effetti non risulta violato dal momento che l’importo minimo per le tre voci di studio della controversia, fase introduttiva e fase decisionale, tenuto conto degli aumenti previsti dall’art. 6 del decreto ministeriale, non giunge a Euro 30.000,00, bensì che si sia discostato dal compenso medio rapportato al valore della controversia, compenso che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere quantificato in Euro 46.888,10.

Dunque la liquidazione si colloca in un ambito ricompreso tra il minimo e il massimo tabellare e così coperto dalla discrezionalità del giudice di merito, sottratta al controllo di legittimità.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

 

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

 

 

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