Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6053 del 12/03/2010
Cassazione civile sez. III, 12/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 12/03/2010), n.6053
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24385-2005 proposto da:
P.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo studio dell’avvocato PIETROLUCCI
ANDREA, che lo rappresenta e difende con delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
C.D., elettivamente domiciliata in Roma presso la
Cancelleria della CORTE di CASSAZIONE rappresentata e difesa dagli
Avvocati SALLUSTRI GIOVANNI e GUGLIELMO D’AMBROSIO con studio in
Napoli Piazza Sannazaro 199/c, in virtù di delega a margine del
controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2221/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
Terza Sezione Civile, emessa il 24/06/2004, depositata il 01/07/2004;
R.G.N. 4665/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/02/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato PIETROLUCCI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.D. ha notificato a P.M. decreto ingiuntivo del Tribunale di Napoli, recante condanna alla restituzione di due quadri del pittore Pa.Mi., od al pagamento del loro valore, quantificato in Euro 46.295,00, quadri che la ricorrente aveva consegnato all’ingiunta affinchè provvedesse alla vendita, per il prezzo sopra indicato.
La P. ha proposto opposizione, affermando di avere a sua volta affidato i quadri per la vendita ad un noto gallerista, Co.Pi., con l’assenso della C., e che il Co.
aveva venduto i quadri senza riversarne il prezzo alla proprietaria.
Il Tribunale di Napoli ha accolto l’opposizione, con sentenza che – su appello della C. – la Corte di appello ha riformato, respingendo l’opposizione e confermando il decreto opposto, con sentenza n. 4665/2002.
La P. propone quattro motivi di ricorso per cassazione contro la sentenza di appello, a cui resiste l’intimata con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La Corte di appello ha ritenuto che la P. fosse responsabile della custodia dei dipinti, quale depositarla in virtù di mandato a vendere; che l’affidamento a terzi dell’incarico non vale a liberarla da responsabilità, poichè – a norma dell’art. 1717 cod. civ. – il mandatario può sostituire altri a sè per l’esecuzione dell’incarico solo se autorizzato dalla mandante o se la sostituzione sia indispensabile per l’esecuzione dell’incarico, circostanze che non ricorrono nel caso di specie.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1218 e 1717 cod. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, imputando alla Corte di appello di non avere rilevato che la perdita dei dipinti era addebitabile all’impossibilità sopravvenuta della prestazione, qual è da considerare l’inadempimento altrui; che essa aveva consegnato i quadri al Co., con il quale aveva spesso proficuamente intrattenuto rapporti di affari, allo scopo di agevolare la vendita, e non aveva alcun elemento per poter prevedere l’inadempimento di lui.
3.- Con il secondo motivo denuncia violazione del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla mancata ammissione delle prove testimoniali, sul rilievo che essa non aveva l’autorizzazione amministrativa per poter vendere direttamente i quadri, sicchè aveva dovuto necessariamente rivolgersi a terzi.
4.- Con il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello ha ammesso che la C. proponesse nuove domande e producesse nuovi documenti in appello.
Solo nel giudizio di appello, infatti, la C. aveva qualificato la sua domanda di restituzione o di pagamento come derivante da un contratto di mandato a vendere ed aveva chiesto il risarcimento dei danni, sicchè le domande avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili.
5.- Con il quarto motivo lamenta l’omessa motivazione sull’entità della somma dovuta in pagamento dei quadri. La Corte di appello non ha risposto, in particolare, alla sua eccezione per cui la domanda di pagamento non poteva costituire oggetto di decreto ingiuntivo.
6.- I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi, non sono fondati e non valgono ad infirmare le corrette argomentazioni in diritto della Corte di appello.
La ricorrente adduce a sua discolpa, nella sostanza, l’illegittimo comportamento del terzo al quale aveva affidato i quadri e che, a quanto pare, li ha venduti senza riversarne il prezzo.
Ma l’inadempimento del terzo del quale il contraente si avvalga per svolgere l’incarico non costituisce di per sè giusta causa di.
esonero da responsabilità del contraente stesso, in quanto questi è responsabile della scelta compiuta e risponde anche del fatto doloso o colposo dei suoi ausiliari (art. 1228 cod. civ.), salvo che possa dimostrare il caso fortuito o la forza maggiore, anche con riguardo al comportamento dell’ausiliario.
La colpa di quest’ultimo potrà fondare un’azione di regresso del contraente responsabile nei confronti di lui, ma non infirma la responsabilità nei confronti della controparte contrattuale.
Nel caso in esame la Corte di appello ha correttamente richiamato la disposizione dell’art. 1717 cod. civ. secondo cui il mandatario non può sostituire altri a se stesso nell’esecuzione dell’incarico, se non sia stato espressamente autorizzato dal mandante, o se la sostituzione non fosse necessaria per l’esecuzione dell’incarico.
Quanto all’autorizzazione, la Corte di merito ha ritenuto che non ne sia stata fornita la prova.
Le censure rivolte in questa sede all’omesso esame delle istanze istruttorie sono inammissibili, perchè non è riportato nel ricorso il testo dei capitoli di prova che si assumono illegittimamente non ammessi, si che non è possibile valutarne la rilevanza e la decisorietà (cfr., fra le altre, Cass. Civ. 17 luglio 2007 n. 15952;
Cass. Civ. Sez. 3, 25 maggio 2007 n. 12239).
Nè risulta dedotta e dimostrata la necessità di trasferire a terzi l’incarico della vendita dei quadri.
L’asserita mancanza dell’autorizzazione amministrativa è irrilevante allo scopo: potrebbe anzi costituire essa stessa inadempimento della mandataria, ove essa avesse assunto un incarico che sapeva di non essere in condizione di adempiere.
Le asserite domande nuove, proposte dalla C. in appello, configurano solo la diversa qualificazione giuridica dei medesimi fatti dedotti in giudizio in primo grado e pertanto costituiscono mere argomentazioni difensive, che non alterano l’oggetto del contendere e le questioni dedotte in giudizio. Esse pertanto non ampliano l’oggetto della lite, potendo il giudice modificare anche di ufficio la qualificazione giuridica della fattispecie, sempre che non immuti le dedotte circostanze di fatto (cfr. fra le altre, Cass. Civ. 29 aprile 2009 n. 10038).
Le contestazioni attinenti alla somma liquidata in risarcimento dei danni sono infine inammissibili, poichè la ricorrente non specifica nel ricorso se, ed in quale sede o tramite quali atti, essa abbia sottoposto le relative questioni alla decisione dei giudici di merito.
7.- Il ricorso deve essere rigettato.
8.- Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate complessivamente in Euro 3.200,00 cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari;
oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010