Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6051 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. III, 12/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 12/03/2010), n.6051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22338-2005 proposto da:

A.A. (OMISSIS), e G.M.V.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA PRATI

DEGLI STROZZI 32, presso lo studio dell’avvocato D’AMBROSIO ROMANA,

rappresentati e difesi dall’avvocato VITALE VINCENZO con delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INTESABCI GESTIONE CREDITI SPA (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio

dell’avvocato CHIAPPETTI ACHILLE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LIACI WALTER UMBERTO con delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE, Prima

Sezione Civile, emessa l’8/02/2005; depositata l’11/06/2005; N.R.G.

669/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato LIACI WALTER UMBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI PIETRO che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. e G.M.V. hanno proposto appello contro la sentenza del Tribunale di Brindisi che ha respinto l’opposizione da essi proposta all’esecuzione iniziata nei loro confronti dal Banco Ambrosiano Veneto, subentrato alla s.p.a.

Fiscambi.

L’esecuzione aveva ad oggetto il credito della Banca per il pagamento delle rate di un mutuo di L. 120 milioni, erogato agli opponenti da Fiscambi nel 1988.

Con sentenza n. 401/2005 la Corte di appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello perchè tardivamente notificato il 25.9.2002, oltre i trenta giorni dalla data della notificazione della sentenza del Tribunale (27.7.2002), non essendo applicabile in materia di esecuzione la sospensione feriale dei termini processuali.

Avverso la sentenza, loro notificata in data 8.9.2005, A. e G. propongono due motivi di ricorso per cassazione.

Resiste Intesa BCI Gestione Crediti, subentrata al BAV, con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 183 e 359 cod. proc. civ., artt. 24 e 111 Cost., per avere la Corte di appello rilevato di ufficio l’inapplicabilità della sospensione feriale dei termini processuali, senza previamente sottoporre la questione all’attenzione delle parti, ai sensi dell’art. 183 c.p.c., n. 3, sì da provocare il contraddittorio sul punto, mettendo la parte interessata in condizione di far valere le sue ragioni.

2.- Con il secondo motivo, denunciano violazione degli artt. 170, 285, 325, 326 e 327 cod. proc. civ., nonchè omessa od illogica motivazione, per il fatto che la Corte di appello non ha rilevato la nullità della notificazione della sentenza impugnata, perchè effettuata mediante consegna al difensore domiciliatario di un’unica copia dell’atto, pur essendo due le parti appellate e destinatarie della notificazione. Dalla nullità consegue l’applicabilità del termine annuale per l’impugnazione, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1.

3.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi, non sono fondati.

3.1.- L’interpretazione degli artt. 285 e 170 cod. proc. civ. proposta dal ricorrente, circa la nullità della notificazione consegnata in unica copia al procuratore domiciliatario di due o più parti – pur se condivisa dalla passata giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le altre, Cass. civ. 27 marzo 2006 n. 6969; Cass. civ. 22 ottobre 2004 n. 20590) – è da ritenere superata a seguito dell’approvazione del nuovo art. 111 Cost. e del principio generale in esso contenuto della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione, ma ne è il destinatario, in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire ai propri rappresentati, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo. Ne consegue che la notificazione è da ritenere valida, anche se sia avvenuta tramite la consegna al procuratore di una sola copia, destinata a più parti.

Ciò non solo con riguardo alle notificazioni endoprocessuali di cui all’art. 170 cod. proc. civ., ma anche a quelle disciplinate dall’art. 330 c.p.c., comma 1, (Cass. Civ. S.U. 15 dicembre 2008 n. 29290; Cass. Civ. Sez. 5, 6 agosto 2009 n. 18034).

3.2.- Quanto all’omessa indicazione alle parti, ad opera del giudice di appello, delle questioni rilevabili di ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 3, trattasi di omissione che può indubbiamente comportare, in linea di principio, la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa (cfr. Cass. Civ. Sez. 3^, 30 ottobre 2008 n. 21108).

Trattasi tuttavia di inadempienza che è da ritenere rilevante come causa di impugnazione della sentenza solo quando la parte che se ne dolga possa anche prospettare le concrete ragioni che avrebbe potuto far valere in sua difesa entro il termine indebitamente negato, allo scopo di neutralizzare gli effetti dell’eccezione rilevata di ufficio.

Ed invero, anche in considerazione delle richiamate esigenze di ragionevole durata del processo, la concessione del termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 3, non costituisce adempimento fine a se stesso, la cui omissione sia comunque censurabile in sede di impugnazione, a prescindere dalle sue conseguenze pratiche; ma può essere fatta valere solo come strumento diretto a garantire l’esercizio di effettivi poteri di difesa.

Nella specie i ricorrenti hanno bensì dedotto le ragioni che avrebbero potuto far valere, se il termine fosse stato loro concesso;

ma si tratta di argomenti che, come si è detto, risultano privi di fondamento giuridico; sicchè la denunciata omissione costituisce mera irregolarità, inidonea a giustificare l’annullamento della sentenza impugnata.

4.- Il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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