Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6051 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 04/03/2021), n.6051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29448-2018 proposto da:

F.T., elettivamente domiciliata in ROMA, Via MARIO

SAVINI 7, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA ROMAGNA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO ZANELLA;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 729/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Treviso con sentenza n. 1812/2017 dichiarava lo scioglimento del matrimonio contratto tra F.T. e M.C. e poneva a carico di quest’ultimo l’obbligo di corrispondere a favore della F. un assegno di mantenimento pari a 700 Euro, condannandolo inoltre al pagamento delle spese di lite.

Il Sig. M. adiva la Corte d’appello di Venezia, contestando il mancato raggiungimento della prova in ordine alla debenza dell’assegno divorzile, nonchè l’omessa valorizzazione della convivenza more uxorio ultradecennale intrattenuta dalla F. con il Sig. Z.S.. In accoglimento del proposto appello, chiedeva in via principale di rigettare la domanda della F. volta ad ottenere la liquidazione a proprio favore di qualsivoglia assegno divorzile, in via subordinata, la rideterminazione dello stesso assegno nella misura massima di 200 Euro ed, in via ulteriormente subordinata, la restituzione di quanto pagato per effetto della condanna alle spese legali comminata in forza della sentenza di primo grado.

Si costituiva in giudizio la F. che proponeva appello incidentale con il quale reiterava la richiesta di erogazione del contributo al proprio mantenimento nella misura di 2.000 Euro mensili.

La Corte di Appello, con decisione n. 3870/2017, ritenendo integrata la prova del carattere di continuità e stabilità della convivenza more uxorio instaurata dalla F. con lo Z., rigettava l’appello incidentale ed esonerava il M. da ogni obbligo di mantenimento, accogliendo inoltre la richiesta di quest’ultimo di restituzione di quanto pagato in favore della controparte in esecuzione della sentenza di primo grado.

Avverso il presente provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione la Sig.ra F.. Ha depositato controricorso il Sig. M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nel primo ed unico motivo di ricorso, articolato in cinque diverse censure, la ricorrente contesta il mancato riconoscimento del diritto al mantenimento della L. n. 898 del 1970, ex art. 5, per avere la Corte di Appello ritenuto sussistente e pienamente comprovata la convivenza more uxorio tra la medesima e lo Z..

Nella prima censura si evidenzia che le conclusioni del giudice di appello si sono basate sulla mera valorizzazione del requisito della coabitazione, in difetto della rigorosa dimostrazione della sussistenza degli ulteriori requisititi di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale quali l’effettiva comunione di vita, la stabilità nel tempo, la comunanza spirituale ed economica analoga a quella del rapporto coniugale, la reciproca assistenza materiale e morale – la cui concomitante ricorrenza è necessaria ai fini della configurazione della fattispecie complessa di convivenza more uxorio.

Nella seconda censura si deduce l’utilizzo in motivazione di un fatto notorio ex art. 115 c.p.c., comma 2, posto che il giudice di appello ha ritenuto, sulla base di una mera connessione logica, che il periodo di lunga convivenza comprovasse a pieno gli ulteriori indici rilevanti per la sussistenza di una famiglia di fatto.

Con la terza censura si lamenta la violazione dell’art. 2729 c.c., per erroneo uso della prova presuntiva, in considerazione dell’omesso esame da parte del giudice degli elementi contrari forniti dalla ricorrente che avrebbero portato a negare la configurazione della famiglia di fatto tra la F. e lo Z.. Inoltre, il M., pur avendone avuto la facoltà, non ha formulato apposite istanze istruttorie volte a dimostrare l’esistenza di una solidarietà economica tra i conviventi, con la conseguenza che, agli atti, mancano elementi indiziari – quali eventuali estratti conto ed intestazioni di contratti di affitto in comune, documenti attestanti compartecipazioni alle spese od altri elementi oggettivi – tali da far ritenere che la coppia condividesse effettivamente una progettualità equiparabile a quella di una coppia vincolata da legame matrimoniale.

Nella quarta censura la difesa asserisce che il provvedimento impugnato è carente di motivazione in relazione al mutato giudizio di attendibilità dei testimoni rispetto a quanto rilevato dal Tribunale.

Con la quinta ed ultima censura la ricorrente si duole della mancata considerazione del contenuto delle sommarie informazioni rese dalla figlia E., il cui contenuto depone a favore dell’inesistenza di una condivisione di progettualità comune ed economica tra i conviventi F. e Z..

Il motivo di ricorso, che ai fini espositivi può essere trattato unitariamente, è inammissibile per le ragioni che seguono.

La Corte di Appello ha accertato, alla luce di un esauriente esame dei fatti acquisiti al processo, la sussistenza di una convivenza more uxorio tra la ricorrente e lo Z., qualificata dai caratteri della stabilità, regolarità e continuità. Precisamente, ha valorizzato molteplici elementi tra i quali figurano la lunga durata della convivenza, che si è protratta senza soluzione di continuità in tutti i domicili presso i quali la coppia si è trasferita, le testimonianze rilasciate dal figlio della ricorrente e dalla sua amica di gioventù e, da ultimo, la mancata allegazione da parte della F. di qualsivoglia prova contraria.

La difesa, per contro, si è limitata a prospettare una diversa interpretazione dei fatti posti a fondamento della sentenza impugnata, contestando genericamente le risultanze istruttorie relative ad alcune deposizioni testimoniali. Così operando la parte ricorrente ha svolto valutazioni che, involgendo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritiene più attendibili, sono insindacabili in sede di legittimità ove abbiano condotto ad una decisione logicamente motivata, come nel caso di specie (Cass., Sez. 2, n. 21187/2019; Cass., Sez. 6-3, n. 16467/2017; Cass., Sez. 1, n. 16056/2016).

Con riferimento specifico alla solidarietà economica tra i conviventi, di cui la difesa esclude l’esistenza, secondo la giurisprudenza di legittimità si presume che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi more uxorio siano messe in comune nell’interesse del nuovo nucleo familiare, restando tuttavia salva la facoltà del coniuge richiedente l’assegno di provare che la convivenza di fatto non influisca in melius sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangano inadeguati (Cass., Sez. 1, n. 16982 del 2018). La Corte d’Appello ha escluso con giudizio di fatto insindacabile l’esistenza di tale prova e, conseguentemente, il diritto all’assegno di divorzio.

Il ricorso è, in conclusione, inammissibile. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per il presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500 per compensi e e Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Sussistono i requisiti per il versamento, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione omettere le generalità.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

 

 

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