Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6050 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.09/03/2017),  n. 6050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1223 del ruolo generale dell’anno 2016

proposto da:

C.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Francesco Di Giovanni

(C.F.: (OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del procuratore speciale F.R. rappresentato e difeso, giusta

procura in calce al controricorso, dall’avvocato Massimo Luconi

(C.F.: LCNMSM64P09I921G);

– controricorrente –

nonchè

M.M., (C.F.: non dichiarato);

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma n.

5354/2015, pubblicata in data 29 settembre 2015;

udita la relazione sulla causa svolta nella Camera di consiglio in

data 9 febbraio 2016 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha agito in giudizio nei confronti di C.G. e M.M. per ottenere la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., della costituzione in fondo patrimoniale di un immobile di proprietà della prima.

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Roma.

La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre la C., sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato. Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

La banca controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

La ricorrente deduce che i giudici di merito, nel valutare la sussistenza del requisito del cd. eventus damni con riguardo all’azione revocatoria proposta nei suoi confronti, avrebbero omesso di esaminare il fatto decisivo rappresentato dalla circostanza che essa aveva costituito in pegno in favore della banca creditrice, pochi mesi dopo l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, titoli obbligazionari di valore ampiamente sufficiente a coprire i debiti della società garantita, il cui controvalore le era stato però restituito a seguito dell’integrale estinzione delle proprie obbligazioni da parte di quest’ultima, con atto solo successivamente revocato ai sensi della L. Fall., art. 67 e che pertanto l’effettivo pregiudizio per la creditrice non si era determinato in ragione dell’atto impugnato, ma di vicende successive.

Il motivo è manifestamente infondato.

La corte di appello ha espressamente valutato il requisito del pregiudizio arrecato dall’atto impugnato alle ragioni del creditore, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, e lo ha ritenuto sussistente in quanto la costituzione del fondo patrimoniale aveva sottratto alla garanzia dei creditori l’unico bene immobile esistente nel patrimonio della ricorrente. Ha poi correttamente escluso che potesse avere rilievo in senso contrario che le obbligazioni della debitrice principale fossero state integralmente estinte in epoca successiva all’atto in questione, in base ad un pagamento poi revocato in sede fallimentare.

E’ la stessa ricorrente, d’altronde, che afferma di condividere il principio per cui la potenzialità pregiudizievole dell’atto dispositivo va valutata al momento in cui esso viene posto in essere, non avendo alcun rilievo le vicende successive (richiamando Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23743 del 14/11/2011, Rv. 620518: “in tema di revocatoria ordinaria, il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell’eventus damni”, inteso come pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da determinare l’insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, è quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio ed in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione”), e che dichiara di non intendere mettere in discussione quello – posto anch’esso a base della decisione impugnata – per il quale il pregiudizio alle ragioni del creditore può derivare anche da una modificazione qualitativa e non solo quantitativa del patrimonio del debitore.

Ed è pacifico, nella specie, da una parte, che la costituzione in pegno dei titoli obbligazionari sia avvenuta solo successivamente alla costituzione del fondo patrimoniale che aveva di fatto sottratto alla garanzia del creditore l’unico bene immobile esistente nel patrimonio della fideiubente e, dall’altra parte, che tale pegno sia stato oggetto di svincolo dopo il pagamento operato dalla società debitrice principale, poi oggetto di revoca.

Emerge dunque l’avvenuta compromissione (già al momento ed in ragione dell’atto impugnato) di quella garanzia, per la sopravvenuta mancanza di beni immobili pignorabili.

Nessun rilievo decisivo in relazione alla fondatezza della domanda proposta può quindi riconoscersi al fatto di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto della citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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