Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6050 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 04/03/2021), n.6050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI U.L.C. Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28053-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato RANUCCI MARIO, rappresentato

e difeso dall’avvocato PASSANANTE ANTONINO;

– ricorrente –

e contro

UNICREDIT SPA, I.A.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 295/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO

MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 295/2018, ha rigettato il ricorso proposto da P.A. ed A.I. avverso la sentenza del Tribunale di Marsala, n. 107/2012, la quale aveva parzialmente accolto la domanda di restituzione delle somme indebitamente percepite dal Banco di Sicilia S.p.A. a titolo di illegittima capitalizzazione degli interessi passivi, delle commissioni di massimo scoperto e di altre spese non dovute, in relazione ai contratti bancari inter partes stipulati contenenti clausole nulle. Precisamente, il Tribunale condannava la Banca convenuta a riconoscere in favore delle parti, in quanto titolari del c/c n. 417-006700, la somma di 1.569,13 Euro, nonchè dichiarava che il saldo debitorio del conto corrente intestato al solo Passanante ammontava a 21.199,06 Euro.

La Corte di Appello ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, per il resto integralmente confermata, riducendo il saldo negativo a carico del P. a 18.828,90 Euro, come rideterminato dal c.t.u. contabile dalla stessa nominato.

Precisamente, la Corte ha ritenuto validi ed efficaci i contratti di conto corrente stipulati dalle parti di cui si eccepiva la nullità in ragione della loro sottoscrizione da parte dei soli correntisti, atteso che gli stessi sono stati stipulati nel 1962, quando non era ancora in vigore la normativa bancaria che ha introdotto l’obbligo della forma scritta ad substantiam.

In relazione alla istanze istruttorie non accolte in primo grado e reiterate nell’atto di appello, ha affermato di non poterle esaminare sulla base di quanto segue: “gli attori non hanno insistito nella richiesta di ordine di esibizione in sede di precisazione delle conclusioni del primo grado ed, inoltre, a fronte dell’implicito rigetto di tale istanza da parte di questa Corte, giusta ordinanza collegiale del 10/12/2015, in forza della quale la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni, gli appellanti non hanno insistito su tale richiesta all’udienza in cui la causa è stata posta in decisione”.

Inoltre, la Corte ha evidenziato che era onere dei correntisti fornire l’estratto conto iniziale o quello con saldo zero, tanto più ove si consideri che tale estratto conto era stato necessariamente inviato loro ex lege ed, avendone avuto la disponibilità, essi erano tenuti a conservarlo. Pertanto, in mancanza dell’assolvimento di tale onere probatorio, il c.t.u. ha correttamente posto a base della ricostruzione dei rapporti di dareiavere il saldo più antico risultante dagli atti.

Da ultimo, ha rilevato che la commissione di massimo scoperto è stata espressamente pattuita nel contratto, tanto che risulta determinata e computata dal c.t.u.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione P.A. ed ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2. La controparte è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE.

1. Nel primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 1321,1325 c.c. e s.s., nonchè la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 3 e del D.Lgs. n. 385 del 1992, art. 117, comma 2, posto che il rapporto di conto corrente intercorso tra il ricorrente ed il Banco di Sicilia è nullo per mancanza di forma scritta, essendo stato sottoscritto dal solo P..

La censura è manifestamente infondata tenuto conto del consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale la omessa sottoscrizione del documento da parte dell’istituto di credito non determina la nullità del contratto per difetto della forma scritta, dovendo tale requisito formale essere inteso non in senso strutturale, bensì funzionale, in quanto posto a garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo in presenza di comportamenti concludenti dell’istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi del contratto (principio autorevolmente affermato da Cass., S.U. n. 898/2018 e con riferimento specifico ai contratti bancari da Cass., Sez. 1, n. 16070/2018 e n. 14243/2018).

1.1. Deve inoltre precisarsi che il ricorrente, solamente con memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c., ha lamentato di non aver mai ricevuto dalla Banca la copia del contratto stipulato. Si tratta, tuttavia, di questione nuova che non ha formato oggetto del thema decidendum dibattuto in appello e, tantomeno, è stata dedotta nei motivi del presente ricorso. La memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c non può sollevare nuove questioni, ma solo illustrare quelle già proposte (Cass., Sez. 6-3, n. 17893/2020; Cass., Sez. 3, n. 5503/2019; Cass., Sez. 6, n. 3471/2016).

2. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 112,189,190,345 e 349 c.p.c. per non essersi la Corte di Appello pronunciata sulle istanze istruttorie non accolte dal Tribunale, sebbene riproposte in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado e più volte nel procedimento di appello, in tutti i segmenti procedimentali del giudizio ed infine in comparsa conclusionale.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità per difetto di specificità posto che la difesa non ha censurato la specifica ratio della decisione impugnata relativa alla dichiarata inammissibilità della richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c per mancata reiterazione della stessa durante l’udienza in cui la causa è stata posta in decisione ai sensi dell’art. 352 c.p.c.. In termini più precisi, la Corte di Appello ha affermato di aver implicitamente rigettato l’istanza di esibizione atteso che, delle richieste istruttorie avanzate dagli appellanti, ha accolto solamente quella di richiamo del c.t.u. nominato in primo grado e ne ha dichiarato l’inammissibilità, affermando che successivamente tale istanza non è stata reiterata all’udienza di rimessione della causa in decisione. Per contro, la difesa non ha contrastato questo punto specifico della motivazione, posto che ha asserito di aver insistito nella richiesta di ordine di esibizione solamente nell’atto introduttivo di appello (nel secondo motivo di ricorso e nelle relative conclusioni), nonchè all’udienza collegiale istruttoria del 22/11/2013 e, da ultimo, nella comparsa conclusionale, senza tuttavia specificare alcunchè rispetto all’udienza di cui all’art. 352 c.p.c. in data 22/09/2017.

3. Nel terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 62,191,194,196 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. considerato che le risultanze della consulenza contabile espletata, poste a fondamento della decisione impugnata, hanno assunto quale saldo iniziale quello risultante dall’estratto conto del 31/12/1997, anzichè partire da quello di più antica data o da un saldo zero. La parte ricorrente afferma che spettava alla banca l’onere di produrre gli estratti mancanti e dimostrare la legittimità del proprio credito, sicchè il giudice di secondo grado ha errato laddove ha posto tale incombenza probatoria a carico delle parti appellanti, tenuto conto anche che ha disatteso la richiesta avanzata ex art. 210 c.p.c. di ordinare la Banca t’produrre gli atti mancanti.

Il motivo è manifestamente infondato per le ragioni che seguono.

Si rileva in via preliminare che il cliente che agisce per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle ha l’onere di provare la relativa pretesa, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla Banca convenuta (Cass., Sez. 6-1, n. 33009/2019). Deve evidenziarsi che, secondo il costante orientamento di questa Corte, nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista, e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio. Nella prima ipotesi, in mancanza di mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete circa il saldo maturato, di modo tale che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, la domanda dell’istituto di credito deve essere respinta. Diversamente, nel caso di domanda proposta dal correntista, i conteggi si devono elaborare partendo dal primo saldo debitore documentato (Cass., Sez. 1, n. 11543/2019 e n. 23852/2020). Nel caso di specie, il ricorrente non ha prodotto gli estratti conto di cui lamentava la mancanza, necessari ad accertare il saldo nel periodo precedente al 31/12/1997, data di risalenza del primo estratto conto risultante dagli atti. Di conseguenza, il giudice di appello, conformemente a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ritenendo che l’onere di produzione non gravasse sulla Banca, ha posto a fondamento della decisione i conteggi effettuati dal c.t.u. a partire dal primo saldo disponibile (del 31/12/1997) che recava un saldo iniziale a debito del cliente.

In conclusione la Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese, in mancanza di difese della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

 

 

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