Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6044 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. III, 12/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 12/03/2010), n.6044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23150-2005 proposto da:

GRAZZI OGNIBENE DI GRAZZI OGNIBENE & C. SAS (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante geom. G.O. elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell’avvocato

COLINI CLAUDIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

AMADORI MASSIMO per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 242/2004 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

Prima Sezione, emessa il 17/06/2004; depositata il 25/06/2004; R.G.N.

124/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Grazzi Ognibene sas proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, emesso nei suoi confronti ed a favore di C. G., per il pagamento della somma di L. 29.500.000, chiedendone la revoca.

Esponeva, a tal fine, che la scrittura privata del (OMISSIS), sulla base della quale era stato richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, era stata sottoscritta per l’illegittima condotta della convenuta che, a contratto di affitto scaduto, si era rifiutata di riconsegnare l’azienda senza una “buonuscita”, approfittando della necessità dell’opponente di ottenere immediatamente la stessa, per poterla affittare a terzi.

Precisava, inoltre, che l’opposta non aveva eseguito alcun lavoro od opera intera, e che le era stata già versata la somma di un milione;

eccepiva, quindi, in compensazione alcuni importi versati, il cui pagamento spettava alla stessa C..

Quest’ultima, costituitasi, contestava la fondatezza dell’opposizione e deduceva di avere eseguito numerose opere all’interno dell’azienda, negando di dovere pagare le ulteriori somme richieste.

Il tribunale, con sentenza in data 11.2.2003, revocava il decreto ingiuntivo operando la compensazione parziale fra gli importi pretesi dalle parti.

Proponeva appello la Grazzi Ognibene chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

Si costituiva l’appellata che proponeva anche appello incidentale.

La Corte d’Appello, con sentenza del 24.6.2004, confermava la sentenza impugnata.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi la società Grazzi Ognibene sas.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia relativa a circostanze suscettibili di indurre a decisione diversa da quella adottata : omessa considerazione dell’istanza istruttoria dedotta e richiesta, in primo e secondo grado, e, in particolare, del capitolo 2 del ricorso d’appello (già dedotto con memoria istruttoria di primo grado di data 22.01.2002).

Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità del procedimento per omessa pronuncia relativamente alla dedotta ed eccepita invalidità dell’atto di ricognizione di debito di cui alla scrittura di data (OMISSIS) per mancanza di causa e/o inesistenza del rapporto fondamentale (“migliorie murarie”).

Ai sensi, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e dei principi sull’onere della prova art. 2697 c.c..

La ricorrente sostiene di avere, nel giudizio di primo grado, non solo dedotto l’invalidità della scrittura privata del (OMISSIS) ex art. 1434 c.c. ma anche la sua invalidità “per mancanza di causa o del cosiddetto rapporto sottostante” (migliorie murarie), chiedendo, in relazione a tale eccezione, tempestiva prova per testi, non ammessa dal primo giudice, e sulla quale il giudice di appello non si era pronunciato.

Il motivo non è fondato.

In tema di promesse unilaterali, la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (Cass. 22.8.2006 n. 18259) Il tenore della scrittura privata del (OMISSIS) è riprodotto a pag.

2 del ricorso.

Il giudice di secondo grado ha implicitamente affermato l’irrilevanza (la definisce eventuale attività istruttoria del tutto superflua) delle prove dedotte (in particolare n. 4 (e n. 2 del ricorso in appello)) sulla insussistenza del rapporto fondamentale della ricognizione di debito, ritenendo confermate le circostanze indicate nella scrittura del (OMISSIS) dal tenore della successiva del (OMISSIS), ed ha soffermato la sua attenzione sul profilo della lamentata violenza morale, ritenendola insussistente.

Il tenore della scrittura privata del (OMISSIS) era inequivoco – secondo il giudice di merito – laddove riconosceva una certa somma alla C. per le opere murarie dalla stessa effettuate con “riconoscimento ed accettazione senza riserve”, tanto più che, alcuni mesi più tardi, in data (OMISSIS), la Grazzi, sollecitata a pagare, aveva inviato un fax nel quale confermava “l’impegno ad onorare quanto promesso nel più breve tempo possibile”.

Di qui la correttezza della mancata ammissione delle prove per testi, come nuovamente richieste in sede di giudizio di appello, per la loro irrilevanza ai fini della decisione.

Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e dei principi sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) anche in riferimento all’avvenuta rinuncia da parte della signora C. dell’inversione dell’onere della prova accordato dall’art. 1988 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La ricorrente sostiene anche – al di là dell’illegittima mancata ammissione dei capitoli di prova dalla stessa richiesti, come sopra indicati – che l’odierna intimata avrebbe offerto di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, relativo all’atto di ricognizione di debito di cui alla scrittura privata in data (OMISSIS) formulando, nella memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c, alcuni capitoli di prova; rinunciando, conseguentemente, alla dispensa dall’onere di provare il rapporto fondamentale, accordata al promissario dall’art. 1988 c.c..

Di qui l’applicazione degli ordinari principi in materia di onere della prova.

Il motivo non è fondato.

Infatti, pur essendo rinunciabile, anche implicitamente, il vantaggio dell’inversione dell’onere della prova di un rapporto fondamentale derivante dalla titolarità di una promessa di pagamento (art. 1988 cod. civ.), non è ravvisabile tale rinuncia se il promissario si limita ad indicare il rapporto fondamentale (cd. promessa titolata), ovvero, in subordine al mancato accoglimento della domanda principale fondata sulla promessa, offra di provare il rapporto ad essa sottostante (v. anche Cass. 19.2.2006 n. 11175; Cass. 5.7.2004 n. 12292).

E’ di tutta evidenza che la richiesta di prove per testi avanzata nel corso del giudizio di primo grado – con la memoria – si doveva intendere afferente ad una domanda subordinata; e ciò, tanto più perchè la mancata ammissione non è stata neppure impugnata nel giudizio di appello, ragion per cui doveva intendersi rinunciata.

Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 la violazione e falsa applicazione dell’art. 1435 c.c. Errore di sussunzione.

Contraddittoria e comunque insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia relativamente alla dichiarata riconducibilità dei fatti dedotti in causa nell’ipotesi di violenza morale di cui all’art. 1435 c.c. – causa di invalidità della scrittura di data (OMISSIS).

La ricorrente censura l’erroneità della sentenza impugnata che non ha ritenuto di ravvisare, nei fatti di causa, così come svoltisi, un’ipotesi di violenza morale ai sensi dell’art. 1435 c.c..

Il motivo non è fondato.

In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l’ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dal comportamento posto in essere dalla controparte o da un terzo, e risultante di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che, in assenza della minaccia, non avrebbe concluso il negozio (Cass. 28.5.2007 n. 12484;

Cass. 10.1.2007 n. 235; Cass. 19.3.2008 n. 7394).

I requisiti previsti dall’art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo.

E’, in ogni caso, sempre necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta al fine di estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l’annullabilità, e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell’autore di essa.

L’apprezzamento del giudice di merito sulla esistenza della minaccia e sulla sua efficacia a coartare la volontà di una persona, come quello sulla rilevanza delle dichiarazioni e del comportamento dell’agente, si risolve in un giudizio di fatto, incensurabile in Cassazione, se motivato in modo sufficiente e non contraddittorio (v.

anche Cass. 15.2.2007 n. 3388).

Gli elementi indicati non sussistono – come correttamente rilevato anche dal giudice di merito e puntualmente motivato – nella specie.

La società oggi ricorrente, infatti, alcuni mesi dopo la sottoscrizione della scrittura privata in data (OMISSIS), sollecitata per il pagamento inviò, in data (OMISSIS), alla controparte, un fax del seguente tenore:

“… causa motivi contingenti mi trovo impossibilitato a fare il pagamento della somma pattuita. Confermo l’impegno ad onorare quanto promesso nel più breve tempo possibile”.

Ed in tale ulteriore dichiarazione la Corte di merito ha ravvisato la controprova dell’ insussistenza, sia della minaccia, sia del male ingiusto come prospettati, con la sottoscrizione della precedente scrittura privata di riconoscimento di debito, con la quale la società dava atto di dovere alla conduttrice una certa somma per le opere murarie effettuate con “riconoscimento ed accettazione senza riserve”.

E di tale convincimento ha fornito adeguata motivazione, sottolineando che “Anzitutto ciò (vale a dire la dichiarazione successiva del (OMISSIS)) non appare assolutamente compatibile con una successiva (ndr. precedente) prospettazione di ricatto e quindi di violenza morale, che come tale, secondo l’ordinamento (art. 1435 c.c.) deve poi comportare un male ingiusto; ed ancora proprio non si vede come possa essere ravvisata l’ingiustizia, a tali effetti rilevante, nel caso in cui, anche a fronte di una ritenuta scadenza contrattuale, (nella contestazione, e anche in mancanza della stessa, da parte del conduttore circa la sua configurabilità), il locatore si fosse deciso, comunque, decidendo di non affidarsi ai tempi della giustizia, a sborsare una certa somma, non per le ragioni riportate nella scrittura de qua, bensì per ottenere l’immediato rilascio dell’immobile “per l’urgente necessità di riaffittare la propria azienda per far fronte ai propri impegni finanziari”.

Trattasi di motivazione adeguata, priva di vizi logici o giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Nessuna statuizione deve essere emessa in ordine alle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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