Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6043 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 23/02/2022), n.6043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13063/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

R.M., rappresentata e difesa per procura speciale dall’Avv.

Domenico D’Arrigo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv.

Paola Ramadori in Roma, Via M. Prestinari, n. 13;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 77/20/13, depositata il 12 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2022 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate notificò a R.M. una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, relativa al reddito soggetto a tassazione separata, costituito dall’indennità ricevuta pro quota per l’esproprio di area di cui era comproprietaria, indicata nell’apposito quadro “RM 3-redditi soggetti a tassazione separata” della dichiarazione dei redditi di cui al modello Unico 2006.

La contribuente propose ricorso avverso la cartella, deducendo che aveva compilato per errore il relativo quadro della dichiarazione, in quanto non voleva sottoporre il reddito a tassazione separata, ma a quella ordinaria, tanto che aveva già subito la ritenuta del 20% sul reddito de quo, che peraltro (come emerge dalla sentenza impugnata) era stata indicata nella dichiarazione non nella misura della plusvalenza imponibile, ma in quella dell’importo lordo percepito. Aggiungeva che aveva rettificato la relativa dichiarazione ed aveva presentato istanza di autotutela.

La Commissione tributaria provinciale di Milano accolse il ricorso.

In esito all’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza n. 77/20/13, depositata il 12 aprile 2013, lo ha rigettato, osservando che la dichiarazione era, in parte qua, ritrattabile, in quanto frutto di un errore della dichiarante, relativo sia alla volontà di sottoporre a tassazione separata l’indennità in questione, poiché ” risulta che la R. aveva già pagato l’imposta dovuta a titolo definitivo”; sia all’importo dichiarato, che non era comunque quello effettivamente imponibile, essendo stata indicata piuttosto la quota dell’indennità percepita e non la base imponibile. Diversamente opinando, ha rilevato la CTR, la contribuente sarebbe stata assoggettata ad oneri maggiori di quelli dovuti e non corrispondenti all’effettiva capacità contributiva.

Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate con un motivo, cui resiste la contribuente mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 7, che consente al contribuente di optare, in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per la tassazione ordinaria dell’indennità in questione, nel qual caso la ritenuta d’imposta effettuata dagli enti eroganti si intende effettuata a titolo di acconto. Assume infatti la ricorrente che la contribuente, inserendo le somme percepite nel predetto quadro della dichiarazione, ha manifestato l’irretrattabile volontà di optare per la sua tassazione separata, essendo poi irrilevante se fosse o meno corretta la misura del reddito in quella sede dichiarata.

Improprio sarebbe pertanto il richiamo all’errore, atteso che, nel caso di specie, esso riguarderebbe non il contenuto della dichiarazione, ma la volontà di rendere quest’ultima, che non può essere ritrattata secondo la mutevole convenienza del contribuente.

Tanto più impropria, secondo la ricorrente, sarebbe la considerazione della CTR secondo cui la contribuente aveva già pagato l’imposta dovuta a titolo definitivo, atteso che si trattava della ritenuta effettuata dall’ente erogatore che, in base alla norma citata, per effetto dell’opzione esercitata, si intendeva effettuata a titolo d’acconto.

Il motivo è fondato e va accolto.

Infatti, come già rilevato da questa Corte (con principio generale che rileva anche nel caso di specie) ” Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e possano, quindi, essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, le scelte che il contribuente può, in quest’ambito, operare attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, ad esempio per avvalersi di un beneficio fiscale, implicano una manifestazione di volontà, cui la concessione del beneficio è subordinata, avente valore di atto negoziale, la quale e’, in quanto tale, irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione. Ne consegue che l’esercizio della facoltà di opzione riconosciuta al contribuente di volersi o meno uniformare agli studi di settore, costituendo manifestazione di volontà negoziale diretta ad incidere sull’obbligazione tributaria e sul conseguente effetto vincolante di assoggettamento all’imposta, è estranea all’ipotesi di emendabilità degli errori, tipicamente materiali o formali, commessi nella dichiarazione fiscale, assumendo rilevanza, eventuali errori della volontà espressa dal contribuente, soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità dell’errore ex art. 1428 c.c., applicabile, ai sensi dell’art. 1324 c.c., anche agli atti negoziali unilaterali diretti ad un destinatario determinato.” (Cass. 29/11/2019, n. 31237; conforme Cass. 16/09/2015, n. 18180).

Nello stesso senso è stato ritenuto che “La dichiarazione, da parte del contribuente, della volontà di avvalersi della rivalutazione facoltativa dei beni di impresa, ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 3, stante la valenza agevolativa di detto istituto, non è una dichiarazione di scienza, bensì un atto volontario, i cui effetti sono previsti dalla legge, sicché, una volta presentata, la stessa è irrevocabile e non può essere modificata dal contribuente per un ripensamento successivo, ma solo in presenza di un errore materiale, manifesto e riconoscibile, consistente nella discordanza, immediatamente rilevabile nel testo dell’atto, tra l’intendimento dell’autore e la sua materiale realizzazione.” (Cass. 08/06/2018, n. 14947; conforme Cass. 02/08/2017, n. 19215, in materia di opzione del contribuente per l’imposta sostitutiva della L. n. 448 del 2001, ex art. 7, in tema di cessione di terreni edificabili e con destinazione agricola; Cass. 17/10/2019, n. 26382, in tema di opzione per il trasferimento dell’eccedenza degli interessi passivi indeducibili al consolidato nazionale).

Date tali premesse in ordine ai limiti ed ai presupposti di rilevanza dell’errore nelle dichiarazioni di volontà del contribuente, deve sottolinearsi che anche in materia tributaria (come in generale in quella civile) è stata evidenziata la differenza rispetto alla fattispecie dell’errore materiale del quale sia invece affetta la dichiarazione di scienza. Infatti (a proposito del condono, ma con principio anche in questo caso generale), è stato precisato che ” In tema di condono fiscale, la richiesta di definizione automatica presentata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 è emendabile laddove rechi un errore materiale, consistente in una discordanza tra l’intendimento dell’autore e la sua esteriorizzazione, mentre, qualora contenga un’errata indicazione dei dati che esprimono la volontà negoziale, il contribuente può far valere l’errore solo se fornisce la prova della sua riconoscibilità e dell’essenzialità dello stesso, in forza di quanto stabilito dall’art. 1427 c.c.” (Cass. 16/07/2020, n. 15241, ex plurimis).

Non si è uniformata a tali principi la CTR che, nella motivazione, ha sovrapposto e sostanzialmente confuso i due errori dedotti dalla contribuente, ovvero l’errore da cui sarebbe affetta la manifestazione di volontà (espressione della c.d. opzione negoziale per un regime fiscale alternativo: cfr. Cass. 30/11/2018, n. 31061) di optare per la tassazione separata, in tanto rilevante in quanto la dichiarante fornisca la prova della sua riconoscibilità ed essenzialità, ai sensi dell’art. 1427 c.c., parametri della cui verifica il giudice a quo non ha dato puntualmente conto; e l’errore che invece sarebbe relativo alla misura dell’imponibile dichiarato, dichiarazione di scienza che può essere modificata ed emendata in presenza di eventuali errori materiali, consistenti in una discordanza tra l’intendimento dell’autore e la sua esteriorizzazione, che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

E’ peraltro logico che la verifica della sussistenza e della rilevanza, in base ai predetti criteri, dell’eventuale errore nella scelta sull’an della tassazione separata sia necessariamente prioritaria rispetto a quella dell’ipotetico errore materiale nel suo contenuto di scienza, in quanto se fosse essenziale e riconoscibile il primo, il secondo sarebbe irrilevante.

La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio alla CTR per i necessari accertamenti in fatto.

 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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