Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6037 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 09/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.09/03/2017),  n. 6037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7022-2015 proposto da:

B.G. giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3960/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 17/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

A.C.S. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Palermo M.G. e Nuova Tirrena s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno per essere l’autovettura di proprietà del convenuta salita con la ruota anteriore destra sul piede sinistro della stessa A. il giorno (OMISSIS). In seguito alla notifica della citazione la società assicuratrice inviò all’attrice in data 22 luglio 2009 la somma di Euro 2.000,00, offrendo inoltre per le spese legali l’importo di Euro 300,00. Il giudice adito, quantificando il danno subito in complessivi Euro 1.735,97 oltre interessi e rivalutazione, dichiarò congrua la somma corrisposta dall’assicuratore e dispose la compensazione delle spese. Avverso detta sentenza propose appello A.C.S.. Con sentenza di data 17 luglio 2014 il Tribunale di Palermo rigettò l’appello.

Osservò il Tribunale che indimostrati risultavano gli emolumenti corrisposti ad operaia assunta per due mesi in funzione sostitutiva dell’apporto lavorativo della danneggiata, nè meritava atteggiamenti premiali l’assunzione in nero della lavoratrice, e che inaccoglibile (ed ancor prima inammissibile in quanto formulata per la prima volta in appello) era l’istanza di pagamento di contributi e sanzioni, gravando sull’appellante le conseguenze sanzionatorie dell’illecito commesso. Aggiunse che congrua, alla stregua delle limitatissime conseguenze algico-disfunzionali riscontrate dal consulente tecnico, era la stima dell’incidenza del pregiudizio da costui effettuata (1%), e ciò indipendentemente da fisiologici fenomeni degenerativi che non avevano dato luogo ad alcuna manifestazione clinica, e che competeva in aggiunta al danno liquidato il risarcimento a titolo di sofferenza morale, da liquidare, stante l’assoluta modestia degli esiti invalidanti e l’assenza di allegazioni di specifici profili di turbamento, nella misura del 10% del danno biologico, e dunque Euro 120,00. Concluse nel senso della congruità della somma riconosciuta dall’assicuratore perchè, devalutato l’importo di Euro 1.855,97 (1.735,97 più 120,00) dalla data della sentenza (22 ottobre 2010) al giorno del fatto dannoso (22 luglio 2009), e computati interessi e rivalutazione fino al giorno della liquidazione stragiudiziale (22 luglio 2009), competeva la somma di Euro 1.909,55 e che non meritevole di censura era la statuizione di compensazione delle spese, stante l’intervenuta soddisfazione delle ragioni creditorie in epoca di poco successiva alla notifica della citazione.

Ha proposto ricorso per cassazione A.C.S. sulla base di sette motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 cod. proc. civ. e artt. 2909, 1223 e 1988 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che si era formato il giudicato interno sulla liquidazione non all’attualità della somma e sulla decorrenza degli interessi legali e della rivalutazione, con computo degli interessi sul capitale rivalutato mensilmente, dalla data del sinistro e che il Tribunale aveva errato a considerare la somma come liquidata all’attualità e ad effettuare la devalutazione. Aggiunse che applicando interessi e rivalutazione sull’importo di Euro 1.855,97 si ascendeva ad Euro 2.026,63 e che doveva essere riconosciuta dai giudici di merito in aggiunta la somma di Euro 300,00, offerta dall’assicuratore per spese legali stragiudiziali e rifiutata dall’attrice (avanzando la richiesta di Euro 5.000,00).

Con il secondo motivo si denuncia difetto e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta la ricorrente che mediante le testimonianze era stato provato che l’attrice era stata costretta a rimanere a letto per le lesioni subite e che mancava la motivazione in ordine alle ragioni di una liquidazione sproporzionata rispetto a quella cui si sarebbe pervenuto facendo applicazione delle tabelle di Milano.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che l’appellante è stata condannata a rifondere le spese nonostante il riconoscimento del danno morale.

Con il quarto motivo si denuncia omesso esame di fatti decisivi e difetto e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che era stata provata, tramite le testimonianze ed il verbale dell’ispettorato del lavoro, la circostanza degli emolumenti corrisposti alla dipendente e che le controparti dovevano essere condannate al rimborso dei contributi previdenziali e assistenziali, danno concretizzatosi dopo la proposizione dell’appello.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e artt. 2056, 1223, 1226, 2697 e 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che era stato provato che l’invalidità temporanea protrattasi per circa due mesi aveva impedito alla ricorrente di svolgere l’attività lavorativa di banconista presso il suo panificio, nonchè l’assunzione di un dipendente per sostituirla.

Con il sesto motivo si denuncia omesso esame di fatti decisivi e difetto e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che vi era omessa e contraddittoria motivazione circa l’esame della Tac e in relazione alle considerazioni medico-legali del consulente tecnico di parte concernenti le conseguenze dell’infortunio e l’accertata compromissione della deambulazione.

Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e artt. 2056 e 1223 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che al momento in cui era stata notificata la citazione erano trascorsi i termini previsti dall’art. 148 codice delle assicurazioni per effettuare il risarcimento, sicchè illegittima era la conferma della compensazione disposta in primo grado, dovendo il Tribunale quanto meno riconosce le spese legali maturate fino all’offerta di risarcimento.

Il primo motivo è infondato. In ordine alla somma liquidata a titolo risarcitorio, ivi compresa la decorrenza di interessi e rivalutazione, non si era formato il giudicato proprio per l’appello proposto dalla ricorrente. La denuncia del riconoscimento da parte del giudice di appello dell’importo liquidato quale importo liquidato all’attualità e non all’epoca del sinistro avrebbe potuto astrattamente avere rilievo sotto il profilo della violazione del divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado in assenza di impugnazione incidentale, ma la questione comunque non si sarebbe posta perchè, dovendosi devalutare l’importo di Euro 120,00 al (OMISSIS), e sommando l’importo devalutato di Euro 106,95 a quello di Euro 1.735,97, si sarebbe ottenuto l’importo di Euro 1.842,92, che dal (OMISSIS) al 22 luglio 2009 sarebbe asceso, computando interessi e rivalutazione sulla base di Cass. Sez. U. 17 febbraio 1995, n. 1712, ad euro 1.990,92, e dunque nei limiti dell’importo di Euro 2.000,00, riconosciuto come congruo dal giudice di primo grado. Circa la somma di Euro 300,00 in violazione del principio di autosufficienza la ricorrente non ha specificatamente indicato se vi sia stata domanda e motivo di appello sul punto.

Il secondo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo sono inammissibili. Le censure per alcuni aspetti adottano quale parametro normativo la disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente, essendo denunciata l’omissione o contraddittorietà della motivazione, e non l’omesso esame di fatti decisivi e controversi, per altri aspetti vertono sulla valutazione delle risultanze istruttorie, contrapponendo al giudizio del giudice di merito una diversa lettura delle risultanze processuali, che è profilo non deducibile nel giudizio di cassazione (fra le tante Cass. 3 marzo 2007, n. 7972). Il quinto motivo, benchè formulato come denuncia di violazione di legge, si concretizza in realtà in una diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella del giudice di merito, nè risulta un accertamento in fatto da parte del giudice di appello in ordine all’attività lavorativa svolta dalla ricorrente.

Il terzo motivo è infondato. Non risulta violata la regola secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa in quanto, nonostante il riconoscimento del danno materiale, è stata confermata la statuizione di primo grado secondo cui risultava congrua la somma corrisposta dall’assicuratore.

Il settimo motivo è inammissibile. Fermo restando il principio secondo cui le spese processuali non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, disporre la compensazione rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, da esercitare sulla base di un adeguato supporto motivazionale.

Nulla per le spese in mancanza della partecipazione della parte intimata al giudizio di cassazione.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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