Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6036 del 14/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 6036 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 25900-2008 proposto da:
GUARDINCERRI

CARLO

(c.f.

grdcr147t18c621z),

GUARDINCERRI RITA, nella qualità di eredi di ROSA
MARIA FORTE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 14/03/2014

COSSERIA 5, presso l’avvocato SIVIERI ORLANDO, che
li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2014
276

RAGGI CARLO, RUSCA FRANCO, giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrenti contro

1

SCARPENTI IGINO (c.f. scrgni31d25b042t), LONGONI
MARIA TERESA (c.f. lngmtr35p43bo341), elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAllA CAPRANICA 78, presso
l’avvocato MAZZETTI FEDERICO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BONGIORNO GALLEGRA

controricorso;
COMUNE DI LAVAGNA (c.f. 00601910102), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso
l’avvocato PETRETTI ALESSIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GRIFFI ANTONIO,
giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti contro

COOPERATIVA EDILIZIA SOLIDARIETA’ A R.L.;
– intimata –

Nonché da:
COOPERATIVA EDILIZIA SOLIDARIETA'(già Cooperativa

ANTONINO, giusta procura a margine del

Edilizia Solidarietà A R.L., in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA LIEGI 58, presso l’avvocato ZUCCO
MARIA ASSUNTA, rappresentata e difesa dall’avvocato
OCCHIONERO ACHILLE, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;

2

-controricorrente e ricorrente incidentale contro

GUARDINCERRI

CARLO

(c.f.

grdcr147t18c621z),

GUARDINCERRI RITA, nella qualità di eredi di ROSA
MARIA FORTE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
RAGGI CARLO, RUSCA FRANCO, giusta procura a margine
del ricorso principale;
– controricorrenti al ricorso incidentale contro

SCARPENTI IGINO, LONGONI MARIA TERESA, COMUNE DI
LAVAGNA;
– intimati –

avverso la sentenza n.

975/2007 della CORTE

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 14/08/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 04/02/2014 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;

COSSERIA 5, presso l’avvocato SIVIERI ORLANDO, che

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato FRANCO RUSCA
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale, il rigetto dell’incidentale;
udito,

per

i

controricorrenti

SCARPENTI

+1,

l’Avvocato FEDERICO MAZZETTI che ha chiesto il
rigetto dei ricorsi;

3

udito, per il controricorrente COMUNE, l’Avvocato
ALESSIO PETRETTI che ha chiesto il rigetto dei
ricorsi;
udito,

per

la

controricorrente

e

ricorrente

incidentale SOC. COOPERATIVA, l’Avvocato ACHILLE

principale, l’accoglimento dell’incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine l’accoglimento per
quanto di ragione del ricorso principale (mappali
371 e 821), per l’inammissibilità del ricorso
incidentale.

OCCHIONERO che ha chiesto il rigetto del ricorso

4

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In un primo procedimento (R.G. 489/90), iniziato con
citazione del 13 aprile 1990 notificata al Comune di
Lavagna ed alla Società Cooperativa Edilizia Solidarietà

a r. 1., Igino Scarpenti e Maria Teresa Longoni
proponevano opposizione alla stima delle indennità di
espropriazione e di occupazione relative a suolo e
fabbricati, siti in Comune di Lavagna ed iscritti al
catasto al foglio n. 3 part. 371 e 821. L’espropriazione,
finalizzata alla realizzazione della viabilità lungo il
torrente Entella, si era conclusa con il decreto di
esproprio del 16 ottobre 1991, n. 3080, concernente tra
le altre le particelle 823, 825, 371 e 821 nonché la
parte della costruzione che insisteva sugli ultimi due
mappali.
In un secondo procedimento (R.G. 816/90), iniziato con
citazione del 4 luglio 1990 notificata al Comune di
Lavagna ed alla Società Cooperativa Edilizia Solidarietà
a r. 1., i medesimi Igino Scarpenti e Maria Teresa
Longoni proponevano opposizione alla stima delle
indennità di espropriazione e di occupazione relative a
suolo e fabbricati, siti in Comune di Lavagna ed iscritti
al catasto al foglio n. 3 part. 820. L’espropriazione,
finalizzata alla realizzazione di un piano di E.E.P., si
era conclusa con decreto del 15 gennaio 1992, n. 56,
5

concernente tra le altre le particelle 820, 822, 824,
794, 408 e 409 nonché la parte della costruzione che
insisteva sul mappale 820.
In un terzo procedimento (R.G. 556/90), iniziato con
citazione del 19 maggio 1990 notificata al Comune di

Lavagna, ad Iginio Scarpenti ed a Maria Teresa Longoni,
Rosa Maria Forte proponeva opposizione alla stima delle
indennità di espropriazione e di occupazione (delibera 16
marzo 1988 n. 8 della Commissione provinciale) relative a
due piccole aree di mq 8 e 6 facenti parte
rispettivamente della particella 823 e della particella
825 del foglio 3 del N.C.T. nonché ad un’area con
sovrastante costruzione di cui ai mappali 371 e 821 del
foglio 3, facenti parte del piano di esproprio n. 6
finalizzato all’acquisizione a favore del Comune dei beni
occorrenti per la realizzazione della viabilità lungo il
torrente Entella. L’opponente esponeva che dell’area con
sovrastante costruzione di cui alle particelle 371 e 821
erano stati considerati come proprietari Igino Scarpenti
e Maria Teresa Longoni, mentre in realtà essa ne era
proprietaria almeno in parte; al riguardo, la Forte
precisava che con sentenza n. 552/1979 la Corte di
appello di Genova aveva accertato la sua comproprietà per
sei settimi e che pendeva altro giudizio per la
risoluzione del contratto in data 7 febbraio 1973 con cui
essa aveva ceduto a Scarpenti e Longoni una quota di
6

comproprietà per la costruzione di un fabbricato di un
piano destinato ad autocarrozzeria, riservandosi il
diritto di costruire su di esso un edificio di sei piani.
Infine, in un quarto procedimento (R.G. 859/90),
iniziato con citazione del 16 luglio 1990 notificata al

Comune di Lavagna nonché ad Igino Scarpenti e Maria
Teresa Longoni, Rosa Maria Forte proponeva opposizione
alla stima delle indennità di espropriazione e di
occupazione (delibera 18 dicembre 1989 n. 20 della
Commissione provinciale) di cinque aree (facenti parte
dei mappali 822, 824, 408, 409 e 473 del foglio 3), delle
quali essa era proprietaria esclusiva o comproprietaria
con Elena Fortunata Forte, nonché della porzione
dell’area (censita al mappale 820 e non compresa nella
delibera del 16 marzo 1988 n. 8) e del soprastante
fabbricato erroneamente considerati di proprietà dei
sigg. Scarpenti e Longoni; tutti gli immobili in
questione erano compresi nel piano di esproprio per la
realizzazione del comparto 1 del P.E.E.P. del 1981.
Riuniti tutti i procedimenti, la Corte di appello di
Genova, con sentenza 14 agosto 2007, osservava, per
quanto ancora interessa, che: 1) la Cooperativa Edilizia
Solidarietà, in quanto delegata dal Comune al compimento
degli atti della procedura d’espropriazione e gravata
dall’onere delle prestazioni indennitarie, doveva
ritenersi legittimata, nei limiti delle espropriazioni
7

per la realizzazione del piano di E.E.P., a partecipare
ai giudizi nn. 489/90 e 816/90, nei quali era stata
convenuta, ed ai giudizi nn. 556/90 e 859/90 quale
interveniente volontaria in adesione alla posizione del
Comune; 2) con sentenza 30 giugno 1999 n. 293, divenuta

irrevocabile, il TAR aveva annullato, relativamente e
limitatamente al rapporto tra il Comune di Lavagna e Rosa
Maria Forte, il decreto di espropriazione 15 gennaio
1992, n 56 relativo alla realizzazione del P.E.E.P.;
pertanto, l’opposizione alla stima dell’indennità di
espropriazione proposta dalla Forte era divenuta
improponibile; 3) i provvedimenti di esproprio relativi
ai mappali 371, 821 e 820 davano atto della situazione di
comproprietà tra Igino Scarpenti e Maria Teresa Longoni
da una parte e Maria Rosa Forte dall’altra; peraltro, la
controversia tra i detti comproprietari circa la portata
dei loro diritti era estranea al giudizio che doveva
restare circoscritto alla determinazione della giusta
indennità di espropriazione, con efficacia, comunque, nei
confronti di tutti i comproprietari, 3) tra i beni
espropriati ricadeva certamente il fabbricato adibito ad
autocarrozzeria ed il suo valore, da considerare ai fini
dell’indennità di espropriazione, era quello venale e non
quello previsto dall’art. 5

bis del d.l. n. 333/1992,

valido per le aree edificabili; 4) le aree scoperte
coinvolte nell’esecuzione del P.E.E.P. dovevano
8

considerarsi edificabili e ad esse andava applicato
l’indice territoriale di edificabilità (in concreto 1,75
mc/mq); 5) le aree adiacenti al fabbricato non potevano
essere valutate, essendo assorbente il criterio dettato
dall’art. 5

bis

citato, in funzione dell’utilità

esplicata rispetto all’attività di autofficina nonché di
noleggio e custodia autovetture che in esso era
esercitata; 6) lo stesso doveva dirsi per la abusiva
destinazione della copertura del fabbricato ad area di
parcheggio, senza considerare che la sentenza n. 552/1979
della Corte di appello di Genova, pronunciata nella
controversia tra Igino Scarpenti e Maria Teresa Longoni,
da una parte, e Rosa Maria Forte, dall’altra, aveva
escluso il diritto dei primi ad usare del lastrico solare
del fabbricato per una tale destinazione; 7) in
definitiva il provvedimento del 16 ottobre 1991,
funzionale ad interventi sulla viabilità, aveva
espropriato la particella n. 823 di proprietà di Rosa
Maria Forte; la particella n. 825 in comproprietà di Rosa
Maria Forte e di Elena Fortunata Forte; le particelle nn.
371 e 821 (fabbricato ed area di sedime) di proprietà
controversa tra i soggetti sopra indicati. Il
provvedimento del 15 gennaio 1992 (privo di effetti nei
confronti di Rosa Maria Forte che ne aveva ottenuto
l’annullamento in sede amministrativa) aveva espropriato,
nei confronti di Igino Scarpenti e Maria Teresa Longoni,
9

le particelle nn. 820 (di mq 775, relativa al fabbricato
ed all’area di sedime), 794, 408, 409; 8) l’occupazione
temporanea, indipendentemente dalla materiale apprensione
delle aree, aveva avuto inizio il 1 0 settembre 1983 per
le particella 820, 821, 408, 409, 794, 822, 823, 825 ed

il 4 giugno 1987 per la particella n. 371; 9) recependo i
calcoli del c.t.u. si concludeva che «a Scarpenti Igino e
Longoni Maria Teresa, congiuntamente e indivisamente,
devono essere liquidate: le seguenti indennità per
l’espropriazione degli immobili di loro proprietà
esclusiva o di eventuale comproprietà con Forte Rosa
Maria: lire 136.473.525 per le aree edificabili, lire
450.000.000 per il fabbricato (secondo quella che il C.T.
ha definito ipotesi B che prescinde dall’utilizzabilità
della copertura in funzione di parcheggio), lire
165.071.900 per l’area di sedime e per le aree esterne, e
così complessivamente lire 751.545.425; e che a favore di
Forte Maria Teresa, a prescindere dai diritti alla stessa
eventualmente spettanti sulle indennità relative ai
cespiti oggetto di ipotetica comproprietà tra la stessa e
i coniugi Scarpenti e Longoni, deve essere liquidata
l’indennità di espropriazione in lire 1.539.896 per la
particella n. 823 e in lire 1.154.922 per la particella
n. 825, e così complessivamente in lire 2.694.818»; 10)
quanto alla indennità di occupazione, doveva essere
rigettata l’eccezione di prescrizione, trattandosi di
10

prescrizione decennale, e la stessa spettava dal decreto
che autorizzava l’occupazione, indipendentemente dal
fatto che le aree fossero state oggetto di apprensione
fisica. L’annullamento in sede amministrativa, nei
confronti di Rosa Maria Forte, del decreto di esproprio

15 gennaio 1992, non escludeva la necessità di
indennizzare il periodo di occupazione legittima mediante
una somma correlata all’indennità virtuale; la Forte,
tuttavia, aveva rinunciato all’indennità di occupazione
per le particelle nn. 822, 823, 824 e 825; 11)
determinando l’indennità di occupazione in misura pari
agli interessi legali sull’ammontare dell’indennità di
espropriazione, per il periodo dal decreto che
autorizzava l’occupazione al decreto di espropriazione, e
recependo per intero il calcolo del c.t.u., ai coniugi
Scarpenti e Longoni competeva una indennità di
complessive lire 245.512.721.
Carlo e Rita Guardincerri, eredi di Rosa Maria Forte
propongono ricorso per cassazione, deducendo dodici
motivi illustrati anche con memoria. Igino Scarpenti e
Maria Teresa Longoni, il Comune di Lavagna e la
Cooperativa Edilizia Solidarietà resistono con distinti
controricorsi; l’ultima propone anche ricorso incidentale
affidato a sei motivi nei confronti di Igino Scarpenti e
di Maria Teresa Longoni. Al detto ricorso incidentale i
ricorrenti principali resistono con controricorso. Igino
11

Scarpenti e Maria Teresa Longoni hanno anche presentato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono
la violazione degli artt. 136 Cost., 37 e 50 del d.p.r.

n. 327/2001 e 2 della legge n. 244/2007, lamentando che
le indennità di espropriazione e di occupazione erano
state determinate sulla base del meccanismo previsto
dall’art. 5 bis del d.l. n. 333/1992 e non sulla base del
valore venale di mercato.
Il motivo è fondato con riferimento alle indennità di
espropriazione e di occupazione dei beni oggetto del
decreto di esproprio 16 ottobre 1991, n. 3080, e con
riferimento alle indennità di occupazione legittima per i
beni oggetto del decreto di espropriazione del 15 gennaio
1992, n. 56, che è stato annullato dal giudice
amministrativo nei confronti della dante causa dei
ricorrenti. La Corte costituzionale con la sentenza n.
348/2007 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 5-bis, commi l e 2, del d.l. 11 luglio 1992, n.
333. Tale pronunzia, atteso il disposto dell’art. 30,
comma terzo, della legge 11 marzo 1953, n.87, ha
efficacia riguardo ai giudizi pendenti alla data della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale; ne consegue
che nella specie diventa applicabile il criterio generale
dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato
12

dall’art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Cass.
28 maggio 2012, nn. 8433 e 8442; Cass. 1 ° dicembre 2011,
n. 25718; Cass. 17 ottobre 2011, n. 21386; Cass. 22
settembre 2011, n. 19345).
Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo i

ricorrenti principali deducono la violazione degli artt.
136 Cost.; 39 e 72 della legge n. 2359/1865; 37, 38 e 50
del d.p.r. n. 327/2001; 2 della legge n. 244/2007,
lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva
escluso l’indennizzabilità della copertura del fabbricato
secondo la sua utilizzazione a parcheggio di autoveicoli
disattendendo perciò il criterio, mai messo in
discussione, dell’indennizzabilità dei fabbricati secondo
il loro valore di mercato.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso
principale sono infondati. Si deve premettere che,
secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte,
«nel caso in cui l’espropriazione abbia ad oggetto una
costruzione, l’indennità di esproprio va determinata in
modo unitario sulla base del valore venale dell’edificio,
a norma dell’art. 39 della legge n. 2359 del 1865, senza
possibilità di distinguere tra valore dell’edificio e
valore dell’area di sedime su cui lo stesso sorge
(omissis)

e ciò perché, una volta realizzata la

costruzione, il suolo in essa incorporato perde la
propria individualità in quanto a questa connesso e
13

costituente parte integrante di un tutto, che non può
sussistere senza di esso e non è, quindi, valutabile
separatamente» (Cass. 4 giugno 2012, n. 8918; Cass. 14
marzo 2006, n. 5528; Cass. 27 settembre 2002, n. 14020).
Analogamente non può essere valutata separatamente la

copertura di un edificio che si assuma essere
legittimamente destinata a parcheggio. Tuttavia, il
valore venale dell’immobile, da un lato, non può
prescindere dalle potenzialità edificatorie dell’area non
assorbite

dalla

costruzione,

fabbricato

consenta

una

ove

costruzione

la
in

oppure ove la demolizione del fabbricato

struttura

del

sopraelevazione
(del cui costo

si deve ovviamente tenere conto) e la realizzazione di un
nuovo edificio siano rese economicamente convenienti da
dette potenzialità. D’altro canto, la destinazione della
copertura dell’edificio a parcheggio può certamente
incidere sul valore venale unitario dell’immobile. Non è
consentito, tuttavia, per una evidente incompatibilità,
tenere conto delle potenzialità edificatorie rimaste
inespresse e contemporaneamente del

quid pluris

derivante, sotto il profilo dell’unitario valore, dalla
destinazione a parcheggio della copertura dell’edificio
esistente. 2 evidente, infatti, che il teorico
sfruttamento della residua potenzialità edificatoria
farebbe venire meno la destinazione a parcheggio o,
quanto meno, ne determinerebbe l’assorbimento nel valore
14

di un piano del nuovo edificio. Ne consegue, ed in tal
senso deve essere corretta la motivazione della sentenza
impugnata, che la considerazione nel caso in esame delle
residue potenzialità edificatorie dell’area di sedime non
consente di tenere conto della destinazione a parcheggio

della copertura e ciò indipendentemente dalla legittimità
o meno di tale destinazione.
Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art.
279 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale, dopo
avere riconosciuto alla Forte, con la sentenza non
definitiva resa in causa, l’interesse ad agire e la
legittimazione ad opporsi alla stima anche per quei beni
la cui comproprietà era in contestazione, con la sentenza
definitiva aveva preso in considerazione solo le censure
dedotte negli atti di opposizione dei sigg. Scarpetti e
Longoni e nel dispositivo aveva dichiarato dovute solo a
questi ultimi le indennità giudicate congrue.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art.
360 c. 1 0 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 51 della
legge n. 2359/1865 e 19 della legge 865/1971, lamentando
che erroneamente la Corte di appello aveva disconosciuto
la legittimazione della Forte comunque discendente dal
fatto che la stessa era titolare del diritto espropriato.
Con il settimo motivo la stessa censura viene
riproposta in relazione all’art. 360 c. 1 0 n. 3 c.p.c.

15

Con l’ottavo motivo si deduce il vizio di motivazione,
lamentando che la Corte di appello aveva attribuito in
via esclusiva le indennità ai sigg. Scarpenti e Longoni,
riservando alla sig.ra Forte solo la possibilità di far
valere i suoi diritti sulle indennità, malgrado la

titolarità in capo alla Forte di diritti in ordine ai
mappali 371 e 821 e alla costruzione ivi esistente era
stata oggetto di accertamenti e deduzioni.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente e
sono in parte infondati e in parte inammissibili. La
Corte di appello, come riferito in narrativa, da un lato
ha dichiarato la sopravvenuta improponibilità
dell’opposizione alla stima proposta dalla Forte con
riferimento alle particelle 822, 824, 408, 409, 473 e 820
in quanto il relativo decreto di espropriazione del 15
gennaio 1992, n. 56 era stato annullato nei suoi
confronti dal TAR con la sentenza 30 giugno 1999 n. 293,
divenuta irrevocabile. Esattamente, pertanto, in tali
limiti la Corte di appello ha ritenuto superate le
affermazioni in punto di interesse e legittimazione
contenute nella sentenza non definitiva. Relativamente,
invece, alle particelle 371, 821, 823 e 825 oggetto del
decreto di espropriazione del 16 ottobre 1991, n. 3080 la
Forte manteneva la propria legittimazione. Con
riferimento a tale ambito le censure degli odierni
ricorrenti sono, tuttavia, inammissibili per genericità
16

laddove non precisano quali censure alla stima, proposte
dalla loro dante causa, non siano state prese in
considerazione e laddove lamentano l’attribuzione delle
indennità ai sigg. Scarpetti e Longoni. Invero, tanto
nella motivazione quanto nel dispositivo della sentenza

impugnata vengono sempre fatti salvi i diritti di Rosa
Maria Forte e ciò non perché, come mostrano di ritenere i
ricorrenti, essi dovrebbero far valere i loro diritti
sulle indennità attribuite in via esclusiva ai sigg.
Scarpetti e Longoni, ma perché, come chiaramente spiegato
a pag. 25 della sentenza, «l’opposizione alla stima .
in quanto tendente al conseguimento di un risultato
determinativo, può essere ammissibilmente proposta anche
da uno solo dei comproprietari, e risulta destinata ad
esplicare la sua rilevanza giuridica in ordine all’intera
comproprietà. La citata sentenza della Corte genovese

(la

sentenza n. 552/1979, che aveva escluso il diritto di
Igino Scarpenti e Maria Teresa Longoni ad usare del
lastrico solare del fabbricato per una destinazione
diversa da quella di copertura del fabbricato,

n.d.e.)

potrà, poi, essere invocata da chi ritenga di potersene
avvalere,

in sede di dimostrazione della propria

legittimazione a conseguire la liberazione in tutto o in
parte, delle indennità depositate nelle forme di legge»
Con il nono motivo i ricorrenti deducono la violazione
degli artt. 51 della legge n. 2359/1865 e 19 della legge
17

n. 865/1971, lamentando che erroneamente la Corte di
appello aveva determinato l’ammontare delle indennità
soltanto nei confronti di Igino Scarpenti e Maria Teresa
Longoni e non anche nei confronti di Rosa Maria Forte che
non era contumace, ma presente in causa.

Il motivo è fondato per quanto di ragione. La sentenza
non definitiva resa in causa ha affermato la
legittimazione di Rosa Maria Forte all’opposizione alla
stima, come del resto emerge anche dalla sentenza
impugnata, che dà atto (pag. 23) della situazione di
comproprietà risultante dai provvedimenti amministrativi
(sul rilievo di tali risultanze ai fini della
legittimazione v. e plurimis Cass. 21 gennaio 2011, n.
1488; Cass. 22 marzo 2007, n. 6980; Cass. 15 luglio 2004,
n. 131115; Cass. 21 gennaio 1995, n. 710; Cass. 3
febbraio 1994, n. 1116; Cass. 13 ottobre 1992, n. 11178).
Peraltro, l’opposizione alla stima relativa alle
particelle oggetto del decreto di esproprio del 15
gennaio 1992 è divenuta improcedibile dopo l’annullamento
dello stesso decreto da parte della giustizia
amministrativa. Ne consegue che la pronunzia nei
confronti di Rosa Maria Forte è dovuta, oltre che per le
particelle 823 e 825, anche per le particelle 371 e 821
sulle quali insiste parte del fabbricato espropriato con
le due procedure per cui è causa. Ciò comporta la
necessità di distinguere le relative indennità dalle
18

altre dovute soltanto a Igino Scarpenti e Maria Teresa
Longoni e comporta anche la necessità di precisare che le
prime sono dovute anche a Rosa Maria Forte e per essa ai
suoi eredi, odierni ricorrenti. Non è possibile, invece,
in questa sede determinare le quote di spettanza dei vari

comproprietari. L’opposizione alla stima si caratterizza,
infatti, come giudizio di autonoma quantificazione
dell’indennità da parte del giudice, il quale (salvo che
non vi sia specifica istanza dell’espropriante di ridurre
l’indennità stabilita in via amministrativa) deve
decidere unicamente sulla richiesta dell’opponente di
un’indennità maggiore rispetto a quella fissata in sede
amministrativa. La conseguente decisione, pertanto, ha
carattere meramente determinativo del valore
dell’immobile espropriato ed interviene tra
l’espropriante ed «i proprietari e gli altri interessati»
(i primi identificati nei soggetti iscritti nei registri
o negli atti catastali, con possibilità di estensione ad
eredi o aventi causa, i secondi immediatamente
individuabili nei titolari di diritti o pretese reali sul
bene, in concorso ovvero addirittura in conflitto con la
posizione dei proprietari), ed ha contenuto
giurisdizionale limitatamente all’ordine di deposito
delle eventuali somme aggiuntive, lasciando
impregiudicata l’attribuzione delle singole poste, cui è
preordinato un apposito procedimento camerale volto allo
19

svincolo 0.3.~..t.ei delle somme comunque depositate, e con
implicazioni che possono legittimamente dar luogo ad un
procedimento contenzioso nelle forme ordinarie, in caso
di controversia fra i vari pretendenti alle somme dovute
(Cass. 4 novembre 1997, n. 10785; cfr. anche Cass. s. u.

26 giugno 2003, n. 10165; Cass. 15 marzo 2001, n. 3749).
Con il decimo motivo i ricorrenti deducono la
violazione degli artt. 72 della legge n. 2359/1865 e 20
della legge n. 865/1971, in relazione all’art. 360 c. 1
n. 4 c.p.c., lamentando che l’indennità di occupazione
legittima, dovuta anche, come esattamente ritenuto dalla
Corte di appello, per le particelle oggetto del decreto
di esproprio annullato, era stata rinunciata soltanto per
le particelle 822, 823, 824 e 825. Ne conseguiva che
erroneamente la Corte di appello non aveva proceduto alla
determinazione per le altre particelle dell’indennità di
occupazione legittima.
Con l’undicesimo motivo la stessa censura viene
riproposta in relazione all’art. 360 c. 1 0 n. 3 c.p.c.
Con il dodicesimo motivo le stesse censure sono
prospettate in relazione al vizio di motivazione.
I motivi sono fondati. Dalla stessa sentenza impugnata
(pag. 38, fine del § 12) risulta che l’indennità di
occupazione è stata rinunciata limitatamente alle
particelle 822, 823, 824 e 825. Ne consegue la necessità
di determinare l’indennità di occupazione legittima nei
20

confronti di Maria Rosa Forte, quale proprietaria o
comproprietaria, e per essa nei confronti dei suoi eredi,
relativamente alle particelle 408, 409, 473, 820, 821,
371.
Passando all’esame del ricorso incidentale della

Cooperativa Edilizia Solidarietà, si deve rigettare
l’eccezione di inammissibilità formulata in udienza dal
PG, sul rilievo che la Cooperativa è stata convenuta in
giudizio soltanto da Igino Scarpenti e Maria Teresa
Longoni, mentre il ricorso principale è stato proposto
dagli eredi di Rosa Maria che aveva proposto giudizi nei
quali la Cooperativa aveva assunto la qualità di
interveniente adesiva alle posizioni del Comune di
Lavagna. Ne conseguirebbe, secondo il PG, l’impossibilità
per la Cooperativa di giovarsi del termine per il ricorso
incidentale, con la conseguente tardività del suo ricorso
proposto oltre il termine ex art. 327 c.p.c.
L’eccezione è infondata. Dopo la riunione delle cause,
aventi ad oggetto, da un lato, la determinazione delle
indennità dovute in relazione ad immobili in parte
coincidenti e tese, d’altro canto, alla determinazione
del valore di detti immobili con efficacia nei confronti
di tutti i proprietari, si è infatti determinata una
situazione di litisconsorzio processuale, con conseguente
facoltà della Cooperativa di proporre ricorso incidentale
a seguito del ricorso degli eredi di Rosa Maria Forte,
21

considerato che detto ricorso era idoneo a spiegare i
suoi effetti anche nei rapporti tra la Cooperativa ed i
coniugi Scarpenti almeno con riferimento alle indennità
di occupazione legittima.
Con il primo motivo del ricorso incidentale (proposto

nei confronti di Igino Scarpenti e di Maria Teresa
Longoni) la Cooperativa Edilizia Solidarietà, legittimata
passivamente soltanto per i beni oggetto del decreto di
esproprio 15 gennaio 1992, n. 56, deduce la violazione
dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte di appello
aveva proceduto alla rideterminazione dell’indennità di
espropriazione per le particelle 822 e 824, malgrado per
esse i coniugi Scarpenti e Longoni non avevano proposto
opposizione alla stima; inoltre, dalla delibera di
esproprio risultava che detti mappali erano stati
espropriati in danno di Rosa Maria Forte, nei cui
confronti, peraltro, il decreto di esproprio era stato
annullato.
Dalla stessa esposizione della sentenza risulta che i
coniugi Scarpenti e Longoni non hanno proposto
opposizione alla stima per le particelle 822 e 824 e,
d’altro canto, in relazione alle stesse particelle Rosa
Maria Forte aveva rinunciato alla determinazione
dell’indennità
erroneamente

di
ha

occupazione.
proceduto

alla

Ne

consegue

che

rideterminazione

dell’indennità di espropriazione.
22

Con il secondo motivo la ricorrente incidentale deduce
il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la
Corte di appello, nel determinare l’indennità di
espropriazione, aveva sommato al valore del fabbricato il
valore dell’area di sedime e delle aree esterne al

fabbricato, i cui valori invece erano già compresi nel
primo.
Il motivo è fondato, quanto alla separata valutazione
dell’area di sedime, per le ragioni esposte nell’esame
del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso
principale. La Corte di appello, in sede di rinvio,
dovrà, pertanto, valutare unitariamente l’area ed il
fabbricato, tenendo conto delle residue potenzialità
edificatorie che accrescono eventualmente il valore
unitario. Il motivo è, invece, infondato per le aree
adiacenti al fabbricato che anche quando legate da un
vincolo pertinenziale, devono essere indennizzate
autonomamente poiché le pertinenze mantengono comunque la
loro individualità fisica e giuridica e sono
separatamente indennizzabili in ragione delle
caratteristiche ad esse proprie, circostanza questa che
esclude la legittimità del ricorso ad un unico criterio
indennitario, laddove si tratti di valutare due distinti
beni (Cass. 21 settembre 2005, n. 18602; Cass. 14 marzo
2006, n. 5528).

23

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art.
16 della legge n. 865/1971, lamentando che erroneamente
la sentenza impugnata, malgrado i coniugi Scarpenti
avessero costruito un capannone più grande di quello
autorizzato e con una copertura piana destinata a

parcheggio, aveva affermato l’indennizzabilità
dell’edificio, sul presupposto che il provvedimento con
cui era stata disposta la demolizione era stato
annullato.
Il motivo è infondato. Nel caso, infatti, di un
fabbricato parzialmente abusivo per difformità rispetto
al progetto approvato / contrariamente a quanto ritenuto
dalla ricorrente non si deve escludere dal computo
dell’indennità tutto il valore del fabbricato, ma
soltanto quello della parte costruita in difformità
(Cass. 30 novembre 2006, n. 25523). Nella specie, come
risulta dallo stesso ricorso incidentale (pag. 48) è
stata presa in considerazione ai fini della
determinazione dell’indennità di espropriazione soltanto
la superfice di mq. 442,90 autorizzata dalla concessione.
Per quanto concerne, poi, la copertura del fabbricato
l’indennità è stata determinata senza prenderne in
considerazione la destinazione a parcheggio.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce il vizio di
motivazione, lamentando che nella determinazione
dell’indennità di espropriazione dovuta ai coniugi
24

Scarpente e Longoni la Corte di appello aveva
erroneamente tenuto conto di quote delle particelle che
non erano state espropriate in danno dei predetti.
Il motivo è infondato. Come si è accennato nell’esame
del nono motivo del ricorso principale, la decisione

sull’opposizione alla stima ha carattere meramente
determinativo del valore dell’immobile espropriato e
viene resa sull’intero valore anche nel caso in cui
l’opposizione sia stata proposta soltanto da uno dei
comproprietari (Cass. 17 maggio 2012, n. 7777; Cass. s.u.
26 giugno 2003, n. 10165; Cass. 27 giugno 2002, n. 9396;
Cass. 15 marzo 2001, n. 3749).
Con il quinto motivo (rubricato erroneamente come
quarto) si deduce il vizio di motivazione, lamentando che
nel dispositivo della sentenza, in contrasto con quanto
previsto nel paragrafo 13 della motivazione, si disponeva
il deposito della differenza tra l’ammontare delle
indennità aumentato degli interessi e le somme già
depositate.
Il motivo è inammissibile in quanto non coglie il
significato del dispositivo della sentenza («provvedere
al deposito delle indennità . incrementate con gli
interessi compensativi al saggio legale maturati fino
alla data del deposito, sotto detrazione delle somme
eventualmente già depositate»). Invero, sebbene la
formulazione del dispositivo presenti qualche margine di
25

equivoco, è tuttavia chiaro che, come affermato in
motivazione, gli interessi devono essere computati dopo
la detrazione delle somme eventualmente versate. Il
dispositivo, infatti, non indica un ordine delle
operazioni, ma solo la necessità di tenere presente

Con il sesto motivo (rubricato come quinto) si deduce
il vizio di motivazione in ordine alla condanna della
Cooperativa, in solido con il Comune, al rimborso delle
spese processuali in favore dei coniugi Scarpenti e
Longoni.
Il motivo resta assorbito dalla cassazione con rinvio
della sentenza impugnata.

P . Q . M .
accoglie il primo, il nono, il decimo, l’undicesimo ed il
dodicesimo motivo ricorso principale nonché il primo ed
il secondo motivo del ricorso incidentale; rigetta gli
altri motivi dei ricorsi; cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese
del giudizio di cassazione alla Corte di appello di
Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4
febbraio 2014.

quanto già versato.

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