Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6032 del 09/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 09/03/2017, (ud. 23/01/2017, dep.09/03/2017),  n. 6032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10986-2014 proposto da:

R.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, V.GERMANICO

96, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO TAVERNITI, rappresentata

e difesa dall’avvocato SILVANO QUEIROLO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

BAYER SPA;

– intimata –

Nonchè da:

BAYER SPA, in persona del proprio Direttore della Funzione Centrale

“Affari Legali e Societari” dott.ssa F.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, P.ZA DEL POPOLO 18, presso lo studio

dell’avvocato FABRIZIO FABIO AROSSA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO CASTELLANI giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1133/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/01/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato SILVANO QUEIROLO;

udito l’Avvocato ENRICO CASTELLANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.M.T. convenne in giudizio la Bayer s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti ad un grave deficit deambulatorio che assumeva causato dall’assunzione del farmaco Lipobay, prodotto dalla convenuta e contenente cerivastatina.

La Bayer contestò la domanda escludendo l’esistenza di nesso eziologico fra l’assunzione del farmaco e la sintomatologia lamentata dall’attrice.

Il Tribunale di Chiavari rigettò la domanda, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Genova.

Ricorre per cassazione la R., affidandosi a quattro motivi; resiste la Bayer a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale condizionato basato su due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha dato atto che, all’esito della c.t.u. da essa disposta, i consulenti avevano accertato che la R. era affetta da una neuropatia periferica agli arti inferiori, di probabile insorgenza tossica, determinata dall’assunzione di elevati dosaggi di cerivastatina, precisando che la patologia spondiloartrosica di cui soffriva la donna poteva avere “reso più difficile la risoluzione dei danni procurati dall’assunzione del farmaco, ma non (era) responsabile del quadro clinico riscontrato a carico degli arti inferiori”.

Ciò premesso, la Corte ha affermato che “questa conclusione peritale non conduce senz’altro ad affermare la responsabilità della casa produttrice del farmaco”, in quanto “i CCTTUU hanno chiaramente posto l’insorgenza della malattia in relazione non con una presunta e generale nocività del farmaco, ma con l’assunzione di forti dosaggi, che non hanno rispettato le indicazioni della casa produttrice”, cosicchè “gli effetti indesiderati devono ascriversi non tanto al farmaco in sè considerato, quanto piuttosto alle modalità di assunzione dello stesso da parte della R.”; in secondo luogo, la circostanza che la neutropatia non avesse avuto natura pluridistrettuale, ma avesse interessato solo gli arti inferiori, deponeva nel senso di un effetto meccanico prodotto da una lesione locale; infine, la stabilizzazione della malattia non era compatibile con l’effetto collaterale di natura farmacologica, tendenzialmente temporaneo.

Tanto considerato e rilevato che la circostanza che il trattamento a base di Lipobay poteva avere “rappresentato la causa materiale e scatenante della malattia”, la Corte ha tuttavia evidenziato che “l’accertamento della responsabilità civile per il risarcimento dei danni prodotti dall’assunzione del farmaco deve fondarsi su di un rapporto di causalità giuridica fra il fatto e l’evento dannoso” ed ha concluso che “non è possibile imputare causalmente il danno alla produzione e commercializzazione del farmaco”, essendo emerse “altre serie causali, indipendenti dall’attività della Bayer, riconducibili piuttosto alla storia ed al quadro clinico del’attrice ed alle modalità di assunzione del farmaco, che escludono la responsabilità diretta o indiretta della casa produttrice”.

2. Con i primi due motivi (che deducono entrambi la violazione dell’art. 115 c.p.c. e/o art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), la R. censura la sentenza nella parte in cui ha escluso la possibilità di stabilire un nesso causale fra l’assunzione del farmaco e il danno da essa lamentato; si duole, in particolare, che la Corte abbia completamente omesso di considerare le risultanze delle prove testimoniali (primo motivo) ed abbia disatteso le risultanze della c.t.u. (secondo motivo).

2.1. I motivi sono entrambi inammissibili: non deducono effettivamente alcun error in iure, nè individuano fatti decisivi di cui la Corte abbia omesso l’esame, ma si limitano a criticare la valutazione delle prove e delle risultanze tecniche in funzione di un apprezzamento di merito sul nesso di causa diverso da quello compiuto dalla Corte, che non è tuttavia sindacabile in sede di legittimità in quanto fondato su argomentazioni immuni da vizi logici ed errori giuridici (cfr. Cass. n. 9754/2005, Cass. n. 1138/1995 e Cass. n. 4710/1991).

3. Col terzo motivo (che denuncia la violazione dell’art. 2050 c.c. e/o dell’art. 61 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), la ricorrente contesta di avere assunto dosaggi del farmaco superiori a quelli consigliati e rileva che la Bayer non aveva fornito la prova liberatoria prevista dall’art. 2050 c.c., tenuto conto che l’esercente un’attività pericolosa è gravato dall’onere di dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad impedire l’evento dannoso e che il fatto del danneggiato o del terzo vale a produrre effetti liberatori “solo se, per la sua incidenza e rilevanza, sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra l’attività pericolosa e l’evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno”; evidenzia altresì che la Bayer aveva ritirato il farmaco dal commercio nell’agosto 2001 e che la letteratura medica successiva aveva illustrato casi di neuropatie correlate all’uso di statine.

3.1. Il motivo è inammissibile in quanto eccentrico rispetto alla ratio decidendi, che è incentrata sul difetto di prova idonea della correlazione fra la patologia permanente riscontrata nella R. e l’utilizzo corretto del farmaco; investe invece il tema della prova liberatoria, che -tuttavia- attiene al profilo della colpa (presunta) e non al nesso causale, in relazione al quale la norma dell’art. 2050 cod. civ. non pone alcuna presunzione a carico dell’esercente l’attività pericolosa, gravando la relativa prova interamente sul danneggiato (cfr. Cass. n. 19872/2014 e Cass. n. 19449/2008).

4. Il quarto motivo denuncia, oltre alla violazione dell’art. 2050 c.c. e art. 61 c.p.c., quelle degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo: la ricorrente evidenzia come nel giudizio civile viga il principio della preponderanza dell’evidenza e come la prova possa essere fornita anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti; tanto premesso, rileva come dall’istruttoria fosse emerso “un quadro indiziario, chiaro e concordante, completamente ignorato dalla Corte… che deve indurre, secondo corretta applicazione del disposto di cui all’art. 2727 cod. civ. e art. 115 c.p.c…., a dichiarare la responsabilità, ex art. 2050 cod. civ., della Bayer s.p.a.”.

4.1. Anche questo motivo è inammissibile, per le stesse ragioni indicate in relazione ai primi due, essendo volto a sollecitare una non consentita nuova valutazione delle risultanze probatorie.

5. Il ricorso incidentale condizionato (che deduce l’inammissibilità delle prove testimoniali e la nullità della c.t.u. per violazione del contradditorio tecnico) resta assorbito.

6. Ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005), permangono i giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di lite già individuati dai giudici di merito.

7. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato, e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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