Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6020 del 23/02/2022
Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 23/02/2022), n.6020
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25583/2020 proposto da:
F.Y., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Giammarino,
in forza di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
e
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli
uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di NAPOLI, n. 6202/2020 del 24
settembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14 dicembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. F.Y., nato in (OMISSIS), ricorre, con atto affidato ad un unico motivo, nei confronti del Ministero dell’interno, avverso il decreto del 24 settembre 2020, con cui il Tribunale di Napoli ha accolto la richiesta di protezione umanitaria, non ritenendo sussistenti i presupposti per il riconoscimento delle protezioni maggiori.
2. Il ricorrente aveva dichiarato di avere lasciato il paese d’origine, a causa delle minacce e dei maltrattamenti subiti dal padre, perché professava apertamente la religione (OMISSIS).
3. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo ed unico mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 3, comma 8; la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 7; del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2; D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 14; dell’art. 10 Cost.; della direttiva 2004/83; dell’art. 8 della direttiva 2004/83/CE; dell’art. 8 della direttiva 2001/95/UE e dell’art. 3 CEDU, avendo il Tribunale formato il proprio convincimento sulla sola base della credibilità soggettiva del richiedente e sull’adempimento dell’onere di provare il “fumus persecutionis” a suo danno, quando tutto il (OMISSIS) era interessato da un conflitto armato e di violenza indiscriminata; il Tribunale si era limitato ad una valutazione parziale ed in termini puramente ipotetici, omettendo l’approfondimento della conoscenza del ricorrente e qualsiasi altra considerazione alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di provenienza del ricorrente.
1.1 Il motivo è inammissibile’, perché omette di confrontarsi con il provvedimento impugnato che, pur avendo rigettato le domande riguardanti le protezioni maggiori, ha comunque accolto la domanda di protezione umanitaria, proprio in considerazione della situazione del paese di provenienza del ricorrente, affermando che, anche alla luce del colpo di Stato che era avvenuto il (OMISSIS), sussistevano gravi motivi di carattere umanitario per riconoscere la protezione temporanea di tipo umanitario, poiché la posizione dei cittadini del (OMISSIS), in tutte le regioni risultava caratterizzata da particolare fragilità e che la completa pacificazione del paese, in chiusura di un periodo di gravi conflitti che avevano determinato l’adozione dell’operazione “(OMISSIS)”, non era ancora realizzata, perché si registravano talvolta sacche di indipendentismo violento anche nelle zone diverse da quelle di nord-est.
1.2 Il motivo è pure inammissibile per la mancata specificità dei motivi.
1.3 Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
1.4 Nel caso in esame, in particolare, il ricorrente, pur lamentando la violazione di una pluralità di disposizioni normative, omette, tuttavia, di precisare le affermazioni in diritto del decreto che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità), sovrapponendo, e sempre in modo estremamente generico, profili di censura che attengono ora al riconoscimento dello status di rifugiato (credibilità soggettiva e fumus persecutionis), ora alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
1.5 Rileva anche un difetto di autosufficienza della censura, laddove il ricorrente richiama delle fonti, peraltro risalenti agli anni 2014- 2016, ai fini della configurabilità di una situazione della situazione di conflitto armato rilevante ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), delle quali non viene riportato analiticamente il contenuto.
Ed invero, la violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass., 4 ottobre 2018, n. 24340).
1.6 Il richiamo, poi, a precedenti giudiziari favorevoli non può assumere decisivo rilievo in quanto frutto della valutazione delle circostanze specificamente accertate in detti giudizi.
2. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022