Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6018 del 23/02/2022
Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 23/02/2022), n.6018
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 24035/2020 proposto da:
U.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe
Giammarino, in forza di procura speciale in calce al ricorso per
cassazione;
– ricorrente –
e
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli
uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di NAPOLI, n. 5851/2020 del 7
settembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14 dicembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. U.C., nato in (OMISSIS) ((OMISSIS)), ricorre, con atto affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso il decreto del 7 settembre 2020, con cui il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso presentato contro il provvedimento di diniego di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria emesso nei suoi confronti dalla competente Commissione territoriale.
2. Il ricorrente aveva dichiarato di avere lasciato il paese d’origine per motivi legati al padre, praticante di riti voodoo, che quando aveva 22 anni gli aveva chiesto, in qualità di primogenito, di aderire alla confraternita degli (OMISSIS) e che, al suo rifiuto di partecipare a una festa voodoo, lo aveva cacciato di casa.
3. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. In via preliminare il ricorrente solleva dubbi di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost.; art. 111 Cost., commi 1 e 2; art. 117 Cost., comma 1, come integrato dagli artt. 6 e 13 CEDU e dall’art. 46, paragrafo 3, della Direttiva n. 32/2013, quanto all’abolizione dell’appello e alla mera eventualità della comparizione delle parti in udienza, in camera di consiglio e a discrezione del Collegio di primo e unico grado.
1.1 La questione è manifestamente infondata dovendosi richiamare sul punto quanto già affermato da questa Corte, con la sentenza 5 luglio 2018, n. 17717, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 1, poiché il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perché tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perché in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte.
Ancor più di recente, questa Corte, con ordinanza 27 luglio 2021, n. 21572, ha rigettato analoga questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, dando continuità applicativa ai principi affermati da questa Corte in punto di piena compatibilità del rito camerale ex art. 737 c.p.c. previsto per i giudizi in materia di protezione internazionale idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza sia perché tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perché in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese e rilevandosi, quanto all’ulteriore dubbio di legittimità costituzionale, che il Tribunale di Napoli, come indicato nella seconda pagina del provvedimento impugnato, ha provveduto a fissare l’udienza di comparizione delle parti per il giorno 25 marzo 2019, in piena osservanza della giurisprudenza di questa Corte che fa obbligo al giudice del merito di fissare l’udienza per la comparizione, a pena di nullità, ma non per questo di procedere all’udizione del richiedente (Cass., 20 gennaio 2020, n. 1088; Cass., 17 aprile 2019, n. 10786; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass., 7 febbraio 2018, n. 3003).
2. Con il primo mezzo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, in quanto il Tribunale di Napoli, a fronte dell’istanza del difensore di fissare l’udienza in camera di consiglio, in ragione anche della mancata messa a disposizione, da parte della Commissione territoriale competente, della videoregistrazione dell’audizione, aveva rigettato la citata richiesta.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Al riguardo va data continuità all’orientamento formatosi sul testo del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, per cui il giudice che sia investito del ricorso contro il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente se a quest’ultimo, nella fase amministrativa, sia stata data la facoltà di essere sentito e il verbale del colloquio, ove avvenuto, sia stato reso disponibile (Cass., 17 luglio 2020, n. 15318).
Difatti nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria, ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purché sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale (Cass., 20 gennaio 2020, n. 1088; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5973).
Questa Corte, di recente, ha affermato che “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisandogli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass., 7 ottobre 2020, n. 21584).
Ancor più di recente è stato ribadito che l’audizione non è un obbligo, ma una facoltà che ha come presupposto imprescindibile l’esplicitazione dei motivi della decisione assunta al riguardo, a fronte della quale non si pone il diritto potestativo del ricorrente, come sarebbe se al fondo di essa fosse riscontrabile un incombente processuale automatico, necessariamente insito nella fissazione dell’udienza e tale da impedire al giudice di rigettare altrimenti la domanda e che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza (Cass., 11 novembre 2020, n. 25312).
2.3 Non e’, dunque, ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poiché l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto, né, nel caso in esame, il ricorrente ha precisato gli aspetti in ordine ai quali intendeva fornire chiarimenti, né indicato le specifiche circostanze fattuali meritevoli di approfondimenti, con la conseguenza che la censura si appalesa del tutto generica e priva di decisività e ciò avuto riguardo anche alle motivazioni spiegate dal Tribunale, alle pagine 6, 7 e 8, del provvedimento impugnato sulle dichiarazioni del richiedente asilo.
3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, letto in combinato disposto con l’art. 5, comma 6 e con l’art. 19 Testo Unico Immigrazione; la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, non avendo la Corte (rectius: il Tribunale) svolto alcun accertamento sulla situazione attuale della (OMISSIS) con riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c); anche in relazione alla domanda di protezione umanitaria i giudici di secondo grado avevano motivato, con un apodittico diniego, privo di argomentazioni specifiche in punto di fatto e di diritto.
3.1 Il motivo è inammissibile, con riguardo all’accertamento dell’insussistenza della situazione di conflitto armato rilevante ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), trattandosi di accertamento in fatto non adeguatamente censurato con il ricorso.
3.2 Il Tribunale, ha infatti, correttamente escluso la configurabilità di una situazione della situazione di conflitto armato rilevante ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in virtù del richiamo d’informazioni fornite da fonti internazionali autorevoli ed aggiornate, puntualmente indicate in motivazione, dalle quali la sentenza impugnata ha desunto che nell’area meridionale della (OMISSIS), comprendente l'(OMISSIS), dal quale proviene il ricorrente, non si riscontra un conflitto armato d’intensità e violenza tali da mettere in pericolo la vita e l’incolumità persona della popolazione civile.
3.3 Tale apprezzamento non risulta validamente censurato dal ricorrente, il quale, nel lamentare l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, in relazione all’insufficiente aggiornamento delle fonti informative utilizzate, non è in grado d’indicare fonti diverse o più aggiornate dalle quali avrebbe potuto desumersi che nella sua regione di origine esiste una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato.
3.4 Il motivo è pure inammissibile anche con riferimento alla protezione umanitaria, perché non si confronta con il provvedimento impugnato, avendo il Tribunale affermato che l’attuale condizione socio-politica della regione di (OMISSIS) e la situazione personale del ricorrente, che non aveva rappresentato alcun plausibile ed attuale problema di salute o di altra natura, non giustificavano il riconoscimento della protezione umanitaria, né il ricorrente aveva compiuto un serio percorso di integrazione in Italia (tema che, peraltro, non è neppure oggetto di deduzione nel motivo di ricorso), non potendo ritenersi decisivi i brevi periodi lavorativi documentati di due mesi nel 2019 e di tre mesi nel 2020, né rilevante la relazione psicologica, dalla quale, peraltro, emergeva che il ricorrente aveva ampiamente recuperato il trauma del viaggio.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 3, comma 8; la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2; del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 14; dell’art. 10 Cost.; della direttiva 2004/83; dell’art. 8 della direttiva 2004/83/CE; dell’art. 8 della direttiva 2001/95/UE e dell’art. 3 CEDU, avendo il Tribunale formato il proprio convincimento sulla sola base della credibilità soggettiva del richiedente e sull’adempimento dell’onere di provare il “fumus persecutionis” a suo danno, quando tutta la (OMISSIS) era interessata da un conflitto armato e di violenza indiscriminata che determinava il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
4.1 Il motivo è inammissibile.
4.2 In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
4.3 Nel caso in esame, in particolare, il ricorrente, pur lamentando la violazione di una pluralità di disposizioni normative, omette, tuttavia, di precisare le affermazioni in diritto del decreto che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità), sovrapponendo profili di censura che attengono ora al riconoscimento dello status di rifugiato (credibilità soggettiva e fumus persecutionis), ora alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), oggetto peraltro di specifica censura con il motivo che precede.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022